Un’occasione di riscatto per il lavoro agile nella PA

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Bollettino ADAPT 3 maggio 2021, n. 17

 

Il 30 aprile scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto-legge n. 56/2021 che, tra le altre misure, è nuovamente intervenuto (art. 1) sulla materia del lavoro agile per il pubblico impiego privatizzato, riformando dopo pochi mesi di vigenza quanto stabilito dall’ormai noto “decreto rilancio” che aveva (art. 263 co. 1 decreto-legge n. 34/2020) temporaneamente innalzato dall’originario 10% (riforma Madia) al 50% del personale la soglia di dipendenti di ciascuna pubblica amministrazione da adibire a lavoro agile.

 

Il recente intervento è balzato alle cronache per l’eliminazione di fatto della percentuale del 50% (art. 1 co. 1). Allo stesso tempo le percentuali originariamente fissate dall’allora Ministro Madia (art. 14 legge n. 124/2015 e s.m.i.) vengono nuovamente riformate (art. 1 co. 2), con l’effetto per cui i Piani organizzativi di lavoro agile (POLA) debuttati ad inizio 2021 potranno prevedere, a regime (il prossimo anno), una percentuale minima del 15% di lavoratori da adibire a lavoro agile.

 

Dicevamo dell’eliminazione dell’attuale 50% minimo. Dai più è stata letta come l’imposizione di un immediato rientro in sede della quasi totalità (rimarrebbero infatti le percentuali minime della legge del 2015) dei lavoratori oggi impiegati in remoto, con buona pace delle ormai comuni misure di distanziamento e rarefazione della presenza fisica in ufficio. A contrario, si tratta di un rilancio verso la capacità di ciascuna amministrazione di provvedere, compatibilmente con l’organizzazione del lavoro e fuori da ogni logica di fallimentare standardizzazione, quote di lavoro flessibile e di lavoro agile, ferma peraltro la deroga alla stipula dei previsti accordi individuali.

 

Non pare peraltro serio, ai tempi di una ricercata nuova efficienza dell’apparato pubblico (vedasi PNRR), soffermarsi al mero calcolo percentuale.

 

Ben più interessante è infatti l’inciso per cui il meccanismo di deroghe per il diffuso utilizzo della modalità di lavoro agile in forma semplificata si applichi «[…] fino  alla  definizione della disciplina del lavoro agile da parte dei contratti  collettivi, ove previsti, e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021 […]». Per la prima volta l’ordinamento italiano prevede cioè un rinvio esplicito alla fonte negoziale quale strumento utile alla regolazione del lavoro agile.

 

Si tratta, evidentemente, di una norma di indirizzo per il ciclo negoziale recentemente avviato dall’ARAN (l’agenzia che firma come parte datoriale i contratti nazionali di lavoro del pubblico impiego), peraltro anticipata nelle linee generali dal Patto per l’innovazione dello scorso 10 marzo.

 

Non mancano infatti nel ricco panorama sviluppatosi dal 2012 ad oggi, virtuosi esempi di contrattazione anche livello di singola PA. L’Osservatorio sullo smart working promosso da ADAPT lo scorso anno ne ha censiti almeno una decina – tra cui potremmo citare quelli di MIBACT, INPS, Agenzia delle Entrate – (per una analisi più puntuale cfr. E. Dagnino, M. Menegotto, L. M. Pelusi, M. Tiraboschi, Guida pratica al lavoro agile, 2020, 245 e ss.), siglati nell’ambito dei rinvii legislativi alla contrattazione a livello di singola PA in materia di organizzazione del lavoro.

 

Oggi siamo invece di fronte ad una precisa delega di legge, i cui termini di accoglimento potremo presto valutare in sede di stipula dei contratti dei singoli comparti ed aree. In questo frangente potrà essere utile un confronto, per quanto compatibile, con la ricca prassi negoziale sviluppatasi nel settore privato, sia in sede aziendale che, ormai sempre più spesso, in sede di CCNL. Nel solco di una necessaria regolazione di prossimità, potrà essere quella la sede ove collocare le norme generali di riferimento – tipicamente: spazio-tempo di lavoro, diritto alla disconnessione, trattamento economico, tutela della riservatezza e di salute e sicurezza, esercizio dei poteri datoriali, etc. –, rinviando invece alla singola amministrazione la definizione di norme di dettaglio, valorizzando il ruolo consultivo già assegnato alle relazioni sindacali per la definizione dei POLA.

 

Non da ultimo, peccando forse di eccessivo entusiasmo, si potrebbe ricondurre a criteri oggettivi e verificabili i meccanismi premianti oggi per lo più ingabbiati in una logica verticistica, sfruttando appieno le aperture della legge n. 81/2017 circa il potere direttivo e di controllo per un lavoro agile veramente “agito” anche per «fasi, cicli, obiettivi», secondo nuovi modelli di valutazione delle performance, eventualmente prendendo a prestito soluzioni già sperimentate nel privato.

 

Si tratterà cioè di saper scegliere tra una lettura “amministrativa” della (ennesima) riforma oppure cogliere l’occasione storica di ripensare nel profondo anche questo spaccato di mercato del lavoro, che pur con le sue peculiarità, può tentare un nuovo avvicinamento alle più innovative (e performanti) esperienze che stanno maturando nel settore privato.

 

Marco Menegotto

ADAPT Professional Fellow

@MarcoMenegotto

 

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