Una terza via per i diritti dei gig worker

Risulta oggi quanto mai vibrante il dibattito sull’idoneità delle categorie e delle regole tradizionali del diritto del lavoro a dare adeguate risposte a un contesto economico/produttivo in profonda e rapida trasformazione. È pure vero, però, che il diritto del lavoro è (da) sempre “in crisi” (nel significato più fedele all’etimologia del termine), ovvero oggetto di un continuo ripensamento dettato dall’esigenza di “inseguire” le evoluzioni della tecnica, il che troverebbe conferma, inter alia, nei significativi punti di contatto tra le discussioni che avevano seguìto l’emersione dei pony express negli anni ’70 e quelle attualmente concernenti i loro “eredi” (i rider), già allora interrogandosi i più, non solo sulla qualificazione delle relative prestazioni, ma anche e soprattutto sull’adeguatezza degli strumenti giuridici offerti da un ordinamento avente il proprio referente nell’industria innanzi ai nuovi bisogni dell’economia dei servizi (e, ora, della “condivisione”).

 

Come parrebbe suggerire l’esito (non definitivo) della vertenza torinese sui riderdi Foodora, non è da escludere che diverse figure della Gig economy possano, de iure condito, venire ricondotte nell’alveo del lavoro autonomo, al pari di quanto avvenuto nell’ormai consolidata giurisprudenza sui pony express…

 

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Una terza via per i diritti dei gig worker
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