Un mercato del lavoro in movimento, verso dove? *

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I dati sull’occupazione diffusi oggi dall’Istat, relativi a marzo 2018, non sono di facile interpretazione. Probabilmente assisteremo, come sempre ormai, a dichiarazioni di senso opposto, figlie di diverse interpretazioni dei numeri.

Ma ci sono alcuni elementi chiari: a marzo nel nostro Paese si è verificata una buona crescita del numero degli occupati: +62mila, che diventano 190mila se analizziamo il dato degli ultimi 12 mesi. Questa crescita si sposa ad un calo massiccio del numero degli inattivi (-104mila) che si sono tradotti, oltre che nei nuovi occupati, anche in 19mila disoccupati, ossia coloro che hanno ricominciato a cercare lavoro.

 

 

Se negli ultimi mesi erano state le donne a trainare il mercato, il dato di marzo inverte il trend: cresce infatti solamente l’occupazione maschile (+81mila) e cala (-19mila) quella femminile. Questo fa sì che se prendiamo gli ultimi 12 mesi la performance uomini è doppia rispetto a quella delle donne.

 

Ma il dato che colpisce di più, e che è di difficile interpretazione, è quello relativo alla tipologia di questi nuovi occupati. Infatti su 62mila ben 56 mila risultano lavoratori indipendenti. Dopo il grande calo degli ultimi mesi (e invero degli ultimi anni) si assiste quindi ad una ripresa degli autonomi, anche se su base annua vedono ancora un saldo negativo di 81mila unità. Questa è la prima anomalia del mese.

 

 

La seconda anomalia è la forte crescita (+59mila) degli occupati tra i 25 e i 34 anni, il cui tasso di occupazione è salito in un solo mese dello 0,9%, al contrario di quanto era accaduto nei mesi passati.

 

È importante cercare di distinguere queste anomalie, senza cadere nella tentazione di pensare che a marzo abbiamo avuto una crescita determinata solamente da giovani lavoratori autonomi. Probabilmente non è così, le statistiche, quando riguardano milioni di persone, sono complesse e non spiegabili con semplici scambi ed incastri.

 

Ci sono due possibili interpretazioni di queste anomalie, non in contraddizione tra di loro. La prima è tecnica: le statistiche impiegano un periodo non sempre breve a registrare i cambiamenti dei trend del mercato del lavoro. è probabile che i nuovi lavoratori autonomi abbiano iniziato nella realtà a crescere da gennaio 2018, con l’inizio del nuovo anno e l’apertura di nuovi cicli economico-produttivi. Allo stesso modo anche gli occupati under 34 potrebbero aver visto una crescita a partire da gennaio. E qui entra in gioco la seconda interpretazione: vi è un effetto positivo degli incentivi per l’occupazione giovanile previsti dalla Legge di Stabilità 2018, che sta portando le imprese a scegliere questi lavoratori che oggi hanno un costo inferiore rispetto al passato.

 

Ma al di la di queste anomalie, importanti, i dati di oggi ci confermano qualche grande certezza. La prima è che negli ultimi 12 mesi abbiamo perso 51mila occupati a tempo indeterminato e abbiamo guadagnato 323mila occupati a termine. Si tratta di un dato forte e inequivocabile che mostra come il mercato del lavoro stia profondamente cambiando, e che sembrerebbe rafforzato dalla novità dell’aumento degli autonomi. Tutti segnali del fatto che il lavoro “tradizionale”, proprio del Novecento industriale da molti rimpianto, sta cambiando profondamente.

 

La seconda riguarda l’età. Infatti seppur è da accogliere positivamente la crescita degli occupati under 34 l’Istat ci mostra come la crescita occupazionale è ancora trainata da quegli over 50 che abbiamo imparato a conoscere come protagonisti della ripresa. Se infatti si depurano i numeri dalla componente demografica si scopre che a marzo abbiamo avuto un +1,7% di occupati tra i 15-34enni e un + 2,6% tra 50 e 64 anni. Segno che, oltre all’effetto Fornero sulla permanenza sul mercato del lavoro, oggi le imprese scelgano ancora l'”usato sicuro”, piuttosto che giovani dei quali devono formare da zero le competenze.

 

 

In sintesi: siamo di fronte a dati positivi e curiosi, che mostrano che qualcosa si sta muovendo. Grande crescita degli uomini, degli autonomi, così come dei giovani e degli anziani, purtroppo non risulta pervenuta la fascia media, quella tra i 35 e i 49. Si è sbloccato lo stallo degli ultimi mesi, ma su base annua il trend (+ termine, + anziani) permane. Quindi, al momento, osserviamo con attenzione, senza farci illusioni. Il lavoro cambia, e cambiando cresce, quando vogliamo mantenerlo tale e quale ai nostri schemi mentali invece, resta fermo.

 

Francesco Seghezzi

Direttore Fondazione ADAPT

@francescoseghezz

 

*pubblicato anche su List, 2 maggio 2018

 

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