Tumore, in 274.000 hanno perso il lavoro dopo la diagnosi

In Italia nel 2015 un paziente oncologico su tre, pari a un milione di persone, ha affrontato il cancro in età lavorativa. Questi cittadini, oltre all’impatto della diagnosi che segna uno spartiacque nella vita, sono spesso costretti a subire l’esclusione dal mondo del lavoro. Grazie ai progressi dell’oncologia di precisione, questi cittadini hanno sempre più la possibilità di guarire o di cronicizzare il cancro con una buona qualità di vita e di poter tornare a un impegno professionale attivo. È necessario che il Welfare State garantisca realmente che alla guarigione clinica corrisponda quella sociale. Un’indagine condotta dalla Federazione italiana delle Associazioni Volontariato in Oncologia (Favo) e Censis (2011-12) ha stimato che nel nostro Paese 274.000 persone sono state licenziate, costrette alle dimissioni, oppure a cessare la propria attività o comunque hanno perso il lavoro a seguito delle conseguenze della diagnosi di tumore. Di questo si è parlato il 16 dicembre 2016 alla Camera dei Deputati nell’incontro-dibattito sul tema: “L’inclusione dei malati di cancro nel mondo produttivo: utopia o realtà?” organizzato da FAVO insieme all’Intergruppo parlamentare delle malattie rare.

Il numero delle persone con una diagnosi di tumore (recente o passata) continua a crescere: erano 2.600.000 nel 2010, oltre 3 milioni nel 2015 (di cui uno su 4 può considerarsi guarito). Ma il cancro non è una patologia che colpisce solo chi è avanti con l’età: secondo dati aggiornati dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) sono 1 milione le persone in età lavorativa con diagnosi di cancro, pari a circa il 30% di tutti i casi prevalenti.  Nel 2015 oltre 300 dei 1000 nuovi casi di tumore al giorno in Italia sono stati diagnosticati a lavoratori. L’AIRTUM ha stimato 130.000 nuovi casi tra 15-64 anni, pari ad un terzo di tutte le nuove diagnosi, di cui oltre 70.000 sono donne in età attiva.L’inclusione lavorativa dei malati oncologici è pertanto un investimento sociale ed economicamente produttivo, un valore anche in termini di professionalità che va tutelato

 

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