Trasferimento di personale dalle province alle regioni: il principio della corrispettività batte il divieto di reformatio in pejus

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Bollettino ADAPT 3 febbraio 2020, n. 5

 

Nemmeno il trasferimento unilaterale disposto dal legislatore statale ed eseguito dalle singole amministrazioni pubbliche nell’ambito di processi di riorganizzazione istituzionale garantisce un integrale e matematico mantenimento del trattamento economico di provenienza. Vale, invece, il principio della necessaria corrispettività tra (almeno quelle) voci stipendiali correlate a determinate prestazioni e l’effettivo svolgimento delle stesse. Infatti, nel mutamento di organizzazione a seguito dello spostamento di funzioni tra enti comportante anche il trasferimento del personale addetto (cfr. art. 31 d.lgs. 165/2001 che richiama l’art. 2112 c.c.), possono verificarsi fenomeni di non irrilevante peso economico per una busta paga, quale quella del dipendente pubblico del comparto (non dirigente) che è “sicura” ma non particolarmente ricca, soprattutto ai livelli più bassi (v. in particolare le categorie A, B e C). È quanto accaduto a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 56/2014 (c.d. Legge Del Rio) che ha comportato la necessità di ricollocare nei ruoli regionali il personale già dipendente delle Province adibito a funzioni “non fondamentali”.

 

In questa prospettiva, con sentenza n. 804 del 18 dicembre 2019, il Tribunale di Venezia, a seguito di ricorso proposto da dipendenti “adibiti a funzioni non fondamentali della Città Metropolitana di Venezia” e “trasferiti nei ruoli della Regione”, ha ritenuto che non potessero essere conservate le indennità connesse alla titolarità di “incarichi di particolare responsabilità” e alla gestione dell’ “archivio informatico (per le quali il CCNL Funzioni Locali ha riconfermato un importo complessivo annuale massimo di 3mila euro per la prima e di euro 350 massimi per la seconda) in quanto nel nuovo contesto organizzativo (la Regione) non avrebbero più svolto le particolari funzioni alle quali quelle indennità erano connesse.

 

Secondo il giudice, infatti, sebbene l’art. 1, comma 96, lett. a) della legge n. 56/2014 preveda che “il personale trasferito mantiene la posizione giuridica ed economica, con riferimento alle voci del trattamento economico fondamentale e accessorio, in godimento all’atto del trasferimento”, l’art. 10, comma 2 del D.M. del 14 settembre 2015, intervenendo a specificare la portata applicativa della Legge Del Rio, ha ulteriormente precisato che “i dipendenti in soprannumero trasferiti in esito alle procedure di mobilità disciplinate dal presente decreto, mantengono la posizione giuridica ed economica, con riferimento alle voci del trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci con carattere di generalità e natura fissa e continuativa, non correlate allo specifico profilo d’impiego nell’ente di provenienza, previste dai vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro”.

 

Il Tribunale di Venezia ha così riconosciuto categoricamente, senza dilungarsi in tautologiche argomentazioni, come legittima la esclusione del riconoscimento di indennità che siano correlate a mansioni specifiche, non rinvenibili e comunque non assegnate nell’ente di destinazione a seguito del trasferimento. La Regione Veneto ha quindi agito correttamente nel non riconoscere diverse indennità ai dipendenti trasferiti in quanto “si tratta all’evidenza di voci correlate allo specifico profilo di impiego nell’ente di provenienza che […] vengono meno non per il trasferimento alla Regione ma a seguito del venir meno della funzione svolta”. La soluzione ermeneutica adottata sembra condivisibile e conforme anche alla lettera dell’art. 7, comma 5 del d.lgs. 165/2001 laddove dispone che “le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese”.

 

L’interpretazione avanzata dal Tribunale di Venezia è rilevante e per certi versi incisiva in quanto da un lato le indennità previste dal CCNL Funzioni Locali sono diverse e, in caso di trasferimento, vanno verificate volta per volta, in relazione alla mansione svolta; dall’altro, perché a seguito delle riforme che hanno interessato la Pubblica Amministrazione, l’interpretazione della norma andrà ad incidere in tutte le ipotesi di trasferimento di personale, con importanti conseguenze sul trattamento economico del personale trasferito. Nel CCNL, ad esempio, è prevista anche l’indennità per le “condizioni di lavoro” (art. 70-bis CCNL), “destinata a remunerare lo svolgimento di attività: a) disagiate; b) esposte a rischi e, pertanto, pericolose o dannose per la salute; c) implicanti il maneggio di valori”. In questa disposizione è testuale il richiamo allo svolgimento effettivo di determinate prestazioni. Pertanto, tutte le volte in cui le nuove mansioni non riscontrino le caratteristiche richieste dalla norma, le indennità non potranno essere corrisposte.

 

Ulteriori indennità sono previste per il personale addetto alle case da gioco (cfr. art. 70-quater), per l’attività di vigilanza (cfr. art. 37, comma 1) e di docenza (cfr. art. 34). In relazione a quest’ultimo caso, è doveroso segnalare che il personale effettivamente assegnato a funzioni di docenza nei vari gradi dell’istruzione in cui operano gli enti locali (asili-nido, scuola materna, scuole primarie, scuole secondarie, centri di formazione professionale) è in netto calo. Da questa tendenza, ne è derivata una significativa operazione di assegnazione degli ex docenti ad altre mansioni, con discussione sulla spettanza dell’indennità di docenza; indennità che nell’ottica interpretativa fornita dal Tribunale di Venezia verrebbe a decadere.

 

Franco Botteon

Direttore Direzione Affari Legislativi – Regione Veneto

 

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