Tra “detto” e “non detto”, le strategie comunicative della contrattazione

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Bollettino ADAPT 1 febbraio 2021, n. 4 

 

La scarsa risonanza sinora guadagnata dalla notizia dell’Intesa sottoscritta lo scorso 19 gennaio 2021 a Prato tra la Montegrappa srl e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali è solo il più recente dai casi che invitano a riflettere sul valore strategico della comunicazione pubblica nella contrattazione collettiva.

 

Il fatto è comunque curioso è che si tratta di una sorta di deja vu (o meglio déjà négligé). È vero infatti che nel caso di specie l’accordo coinvolge “solo” 50 rider, ma già nel luglio del 2019 a Firenze proprio la stessa Runner Pizza (azienda per conto della quale la Montegrappa srl lavora a Prato) e le stesse parti sindacali si erano rese protagonista di un accordo che di rider ne coinvolgeva 200, sempre attraverso il ccnl della logistica. Per le poche notizie circolate online si trattava del “primo caso di assunzione a tempo indeterminato di riders in italia”. Talmente poche che più di un anno dopo,  come riporta l’edizione toscana del Sole 24 Ore, l’amministratore unico di Runner Pizza aveva ha avuto ad esprimere il suo stupore per il fatto che «nessuna istituzione si ricordi di cosa è stato fatto a Firenze». D’accordo i sindacati territoriali che hanno continuato ancora fino all’autunno del 2020 a proporre l’esperienza Runner Pizza come un modello.

 

Eppure, come dimostra la cronaca più recente, in un settore così fortemente connotato da valore simbolico (di per sé meno nutrito di altri comparti altrettanto caratterizzati da dubbi contratti di collaborazione e sommerso -si pensi per esempio al lavoro domestico) non 200, non 50, ma anche un solo rider del quale la qualificazione come lavoratore subordinato sia oltretutto non già contrattualizzata, ma ancora stabilita con sentenza, è sufficiente a superare, e di molto, le soglie della notiziabilità.

 

Può essere che le vicende della contrattazione collettiva per i media italiani abbiamo mediamente meno appeal di quelle giudiziarie, ma a ben vedere il clamore e le aspre polemiche seguite alla sottoscrizione, sempre nel settore del delivery, del CCNL Assodelivery-Ugl, smentiscono questa tesi.

 

Diventa allora pertinente osservare come sia nel caso di Firenze sia nel caso di Prato lo sforzo comunicativo profuso dalle federazioni locali di settore (in particolare Fit-Cisl Toscana e Uil Toscana) non sia stato particolarmente sostenuto dai livelli nazionali. Per altro nel caso di Prato solo la Fit-Cisl Toscana ha pubblicato il testo dell’intesa. Non sembra invece possibile reperire sui siti delle parti firmatarie (che subito avevano emesso un comunicato unitario) il testo dell’accordo fiorentino del luglio 2019. Una sorta di pudore che può forse essere messo in relazione con il fatto che entrambi gli accordi presentino previsioni in deroga alla normativa del contratto collettivo nazionale (si veda M.Tiraboschi Accordi in deroga ex art. 8 e loro conoscibilità. A proposito di un recente contratto aziendale di regolazione del lavoro dei rider, in Bollettino ADAPT n.4/2021). A quanto è dato sapere da quanto riportato dal Sole 24 Ore, l’accordo aziendale nel caso di Firenze prevedeva oltre al compenso orario anche un meccanismo incentivante legato alle consegne effettuate, messo a punto da Runner Pizza con i sindacati).

 

Un modello poco noto (sia al pubblico sia nei suoi contenuti di interesse degli addetti ai lavori), ma che non è possibile liquidare immediatamente come insuccesso comunicativo. Il caso in questione è infatti un buono spunto per riflettere sulla tensione che corre tra due assi strategici della comunicazione pubblica, quello che impone di fare una scelta tra il comunicare (“dire”) e il non comunicare (il “silenzio”), e quello che si tende tra il detto (”esplicito”) e il non-detto, “implicito”. Questi assi possono intersecarsi dando luogo a quattro possibilità:

  • comunicazione esplicita (trasparenza);
  • comunicazione implicita (“non-detto” o meglio “implicito”);
  • non-comunicazione esplicita (riserbo);
  • non-comunicazione implicita (silenzio).

Si tratta ovviamente di estremi definibili solo astrattamente.

La trasparenza attiene alla condizione in cui tutto ciò che si vuole sapere è conoscibile (nel campo della contrattazione collettiva in massima sintesi i testi contrattuali e intenzioni/ opinioni delle parti). Un caso al quale la vicenda dell’accordo Assodelivery-UGL potrebbe essere assimilata, rendendo chiaro come “trasparenza” non equivalga all’assenza di interpretazioni controverse.

Sotto questa stessa lente potremmo ricondurre per esempio anche il caso recente dell’ipotesi di rinnovo del CCNL industria alimentare firmato il 31 luglio 2020 con successive e progressive adesioni da parte delle associazioni datoriali di settore. Un processo negoziale fortemente esposto dal punto di vista mediatico, eppure con alcuni contenuti gestiti con particolare attenzione, come la “moratoria sulla contrattazione di secondo livello per un anno” di cui si trova scarsa traccia sui media e anche nei comunicati sindacali. Una misura di sicuro peso nella negoziazione con le aziende, ma più difficile da gestire sul piano del rapporto con i territori. Si tratta però sempre di un punto scritto nero su bianco nel testo dell’ipotesi di rinnovo, testo reso pubblico.

 

L’opposto estremo è il silenzio, a patto di ricordare che, come insegna il più celebre degli assiomi della comunicazione della Scuola di Palo Alto, non è possibile non-comunicare davvero: il silenzio è “un fare” e quindi al silenzio può sempre essere attribuita un’intenzionalità da parte di chi lo nota.

 

Il riserbo si verifica quando le parti dichiarino di non voler rivelare tutti gli aspetti di un negoziato o di un’intesa. È quello che è successo a ottobre 2020 nel caso dell’ipotesi di rinnovo del ccnl legno-arredo, le cui parti firmatarie avevano dichiarato che non ne avrebbero diffuso i contenuti fino a firma definitiva del contratto.

 

La situazione nella quale non ci si possa o non ci si voglia astenere dal comunicare, ma al contempo non si possa o non si voglia puntare alla totale trasparenza innesca facilmente i meccanismi della comunicazione implicita, le possibilità del framing, le tecniche della retorica. Ossia le possibilità della comunicazione del dare a intendere, di selezionare gli aspetti più confacenti della realtà da comunicare, di provare a gestire le mosse interpretative che potranno essere fatte dai portatori di interesse in gioco. Tutte dinamiche valide anche nel caso della comunicazione più trasparente, ma risultano più sollecitate quando non tutti gli elementi di valutazione, per esempio i testi degli accordi, siano accessibili a chi interpreta il messaggio. Soprattutto nell’epoca contemporanea, in cui il complesso del sistema dei media personali e di massa rende sempre più difficile giustificare l’assenza di totale trasparenza agli occhi dei pubblici.

 

In conclusione nulla ci permette di stabilire a priori quale scelta sia la più valida in termini di opportunità/inopportunità. Non è nemmeno possibile associare a priori le diverse scelte a livelli di accordo/disaccordo tra le parti come si sarebbe tentati di fare nel caso della comunicazione “trasparente”(contrapponendola al caso del silenzio o del riserbo come indizio di mutua convenienza). Si può infatti avere un’ipotesi esplicitamente sbandierata come esito win-win da entrambe le parti e senza particolari impliciti/eufemismi, che vengo poi bocciata dai lavoratori (rimane lampante l’esempio dell’accordo nel settore USA dell’auto del 2015 bocciato sonoramente dai lavoratori). Insomma, quella della opportunità/inopportunità del se e come comunicare è una valutazione che dipende dal contesto e dagli attori di volta in volta in gioco e che richiede attente valutazioni. Per un bilancio che può essere compilato solo conoscendo le reali intenzioni degli attori.

 

Francesco Nespoli

Assegnista di ricerca
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

@Franznespoli

 

Tra “detto” e “non detto”, le strategie comunicative della contrattazione