Testa bassa e pedalare? No, i lavoratori di Foodora meritano rispetto

Sappiamo di essere solo all’inizio. Energie, fantasia, complici e solidali non ci mancano, né ci spaventa la prospettiva di una lunga lotta”. Dopo un week-end di proteste, il coordinamento dei “rider” di Foodora, piattaforma di consegne pasti a domicilio,promette battaglia con un post su facebook. Il nuovo contratto, applicato dal prossimo mese, prevede una paga per ogni consegna, meno di tre euro, e nessuna garanzia. Finora i corrieri hanno ricevuto un compenso orario fisso (poco più di cinque euro), ma la domanda è in crescita e l’azienda, pur di non tradire le attese dei clienti, punta a velocizzare le consegne scatenando una gara di velocità tra atleti della flessibilità. L’aggiornamento unilaterale finisce per allocare il rischio in capo ai lavoratori che potrebbero restare per ore in attesa di una chiamata senza guadagnare neanche un centesimo. A poco sono valsi i tentativi di negoziazione con i vertici aziendali e, anzi, i due fattorini che, per primi, hanno obiettato alle modifiche contrattuali si sono visti disattivare l’account. Per tutta risposta, a Torino, un manipolo di corrieri della “piccola distribuzione” è sceso in strada a volantinare. La protesta è scoppiata di sabato in piazza Vittorio: consegne ridotte e braccia incrociate. Il servizio è stato rallentato e la mobilitazione ha ottenuto una discreta visibilità.

Siamo quelli che a Milano e a Torino vedete vestiti di rosa”, esordisce così il volantinoche ha aperto lo “stato di agitazione”. Nel testo i lavoratori chiariscono le condizioni a cui sono sottoposti e invitano utenti e ristoratori a farsi sentire, boicottando la piattaforma e intasando i canali social in solidarietà coi manifestanti. Come ricordano gli stessi autoconvocati, il dato fattuale della relazione contraddice quello letterale del contratto che li inquadra come lavoratori autonomi, liberi professionisti delle consegne a domicilio. Per contro, l’azienda esercita delle prerogative datoriali che rientrano perfettamente nello schema legale di un rapporto di subordinazione:impartisce ordini, impone una divisa, monitora la prestazione, valuta la performance, premia i migliori, rimprovera gli inefficienti, chiude gli account. Quanto al resto, Foodora si limita a fornire caschetto protettivo, divisa fosforescente e box portavivande – imponendo una cauzione di cinquanta euro – senza riconoscere alcuna tutela alla sua forza lavoro (a parte un’assicurazione sugli infortuni). Niente malattia, nessuno straordinario, zero ferie. In più, i fattorini sono tenuti a mettere a disposizione la propria bicicletta e a servirsi del proprio smartphone (“Hai un abbonamento internet flat sul telefono?” si chiede nella procedura di “candidatura”sul sito).

La società ha reagito in modo piuttosto goffo. Ha dapprima invitato i lavoratori ad un confronto “face to face” puntando a reprimere sul nascere ogni iniziativa collettiva, ha silenziato chiunque osasse criticarla sui canali facebook e ha rilasciato, per bocca dei suoi amministratori, delle dichiarazioni ai limiti del provocatorio. «Foodora non è un lavoro per sbarcare il lunario, ma un’opportunità per chi ama andare in bici, guadagnando anche un piccolo stipendio». Niente lavoro, insomma, e nessuna protezione per i lavoratori, che sono invitati a usare Foodora come seconda o terza fonte di reddito, non come un’occupazione “vera”. Sul fronte opposto della barricata, crescono le rivendicazioni dei supposti “imprenditori di se stessi” che realizzano fin da subito che, più che lavoro autonomo, quello che svolgono è per lo più lavoro a cottimo, il cui compenso dipende tutto dalla quantità di “servizi” che riescono a evadere, senza alcun potere decisionale sul contenuto concreto della prestazione o sulla struttura dell’organizzazione produttiva. Le aziende decidono quanto pagare una consegna, un servizio di autista con conducente o ogni altra pratica sbrigata e ne dettano tempi e modi. Ai lavoratori resta la possibilità di “prendere o lasciare” in blocco le scelte aziendali, variabili unilateralmente dalle piattaforme…

 

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