Tempo indeterminato a rischio estinzione?

Tra tutte le cose di cui ci saremmo anche stancati, col dibattito tribale che le accompagna, c’è sicuramente lo stato del mercato del lavoro. Ma il dato Istat di oggi, riferito al mese di settembre, non può essere serenamente ignorato visto che conferma ed accentua, su base annuale, quanto si vede da qualche tempo. E cioè che il tempo determinato è ormai quasi padrone del campo, nella creazione di nuovi impieghi, mentre il tempo indeterminato diventa sempre più raro. Spazio per riflessioni politiche serie ce n’è molto, ma è assai improbabile che venga utilizzato.

Negli ultimi dodici mesi, a settembre, abbiamo 326 mila occupati in più. Di questi, solo 26 mila sono a tempo indeterminato e ben 361 mila sono a termine. I più acuti tra voi avranno notato che la somma non quadra; ciò avviene perché nell’ultimo anno sono stati persi 60 mila impieghi autonomi. Ora, non so a voi ma il fatto che il 94% della crescita dei dipendenti dell’ultimo anno sia riconducibile al tempo determinato, mi crea qualche problema e stimola qualche domanda. Il problema, come segnalato più volte nelle ultime settimane, è che non si può continuare ad andare in giro a dire che “Il Jobs Act è stato un successo”, visto che scopo di quella legge era quello di estendere il tempo indeterminato (senza più l’articolo 18) come tipologia contrattuale “normale” del paese…

 

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