Smart working per i dipendenti pubblici, 7 domande alla ministra Dadone

Sul Corriere di giovedì Fabiana Dadone si dice «orgogliosa dell’impegno di oltre 3 milioni di dipendenti pubblici» in questi mesi di chiusura fisica di gran parte dei loro luoghi di lavoro. Credo che tutti gli italiani siano orgogliosi della prova di dedizione al dovere e al servizio della collettività che in questo periodo hanno dato i medici e gli infermieri, le forze di polizia e una parte del personale giudiziario, gli insegnanti che hanno proseguito i corsi a distanza arrabattandosi con mezzi propri, e anche i molti addetti a servizi non essenziali, che pure sono riusciti a svolgere il loro lavoro tra mille difficoltà. Ma la ministra non può ignorare che in molti altri casi, invece, questo non è avvenuto. E per lo più non per colpa dei dipendenti. Il dato da lei riportato secondo cui «il 90% nelle amministrazioni centrali, oltre il 70% nelle Regioni» sarebbero stati attivati in forma di smart working significa pochissimo, se è vero che questa modalità di lavoro è stata dichiarata dalle amministrazioni senza alcun controllo, soltanto per giustificare il mantenimento dello stipendio pieno di tutti dipendenti senza distinzioni…

 

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