Sindacato. Le nuove sfide della comunicazione

È impossibile non comunicare, ma non è certo facile comunicare bene: ancor più quando si parla di lavoro. E il sindacato, corpo intermedio per eccellenza, al crocevia di cambiamenti epocali, ha il dovere e la necessità di non perdere terreno, di governare al meglio le nuove sfide della comunicazione.

Ma qual è lo stato dell’arte? Ne abbiamo discusso con Francesca Brudaglio e Francesco Nespoli, studiosi di comunicazione d’impresa e tematiche del lavoro, ricercatori e comunicatori di Adapt, Associazione per gli Studi Internazionali e Comparati sul Diritto del Lavoro e le Relazioni Industriali.

 

Mai come oggi il mondo del lavoro è frammentato in una miriade di comunità professionali. Qual è la sfida dei sindacati in termini di comunicazione? Come i sindacati dovrebbero modulare il proprio messaggio sui diversi pubblici professionali?

 

F. B. – Il sindacato dovrebbe riuscire a utilizzare la comunicazione come uno strumento di partecipazione, di accesso ad un’informazione che consenta una costruzione condivisa di una visione della rappresentanza. Per farlo, la sfida sta nel realizzare una comunicazione bidirezionale.

Nell’era del web 2.0 i lavoratori non sono più spettatori/lettori passivi, ma possono generare contenuti e risposte. Il sindacato deve prestare una rinnovata attenzione alla fase di ascolto (follow up); e attraverso un attento monitoraggio delle conversazioni attivate sui social network e sul web, ha la possibilità di accedere a nuove conoscenze, indicazioni importanti per verificare l’efficacia delle sue politiche. Questa fase di lettura dei c.d. big data è pressoché inesplorata dal sindacato.

F. N. – Oggi non comunicare è come non esistere, ma mantenersi credibili è una questione di contenuti, non solo di canali utilizzati. Questo vuol dire realizzare una comunicazione sostenibile, che non guardi solo alla stretta necessità di presidiare il dibattito pubblico e di aggregare consenso nel breve termine, ma che esprima coerenza tra le azioni e i programmi.

 

Quali sono le più recenti strategie comunicative dei grandi sindacati italiani? Sono al passo coi tempi? Qualche esempio?

 

F. B. – Il versante datoriale, ad onor del vero, è quello che registra maggiori resistenze e ritardi. Ma le associazioni di rappresentanza degli imprenditori stanno recuperando terreno. Ad oggi la best practice è rappresentata dal sistema confindustriale: Federmeccanica, ad esempio, sta facendo un grande lavoro con Twitter per cambiare l’idea del valore della rappresentanza e, in generale, l’immagine della meccanica. Confindustria, invece, che si è aperta ai social network con grande ritardo, è scesa in campo con un “bouquet di strumenti”, da Facebook a Snapchat, ognuno utilizzato con strategia; ha anche avviato un “coordinamento comunicazione” informale con il gruppo Blu Community, che mette assieme tutti i responsabili interni della comunicazione digitale e social con l’intento di costruire una policy condivisa

In questo senso, un altro buon esempio arriva dal progetto promosso da ADAPT e co-finanziato dalla Commissione europea FAYP – Fostering AgriCulture among Young People che mostra l’impegno delle associazioni datoriali per lo svecchiamento dei modelli comunicativi nel settore agricolo.

F. N. – Per quanto riguarda i sindacati, se guardiamo alle vere e proprie mobilitazioni condotte sulla rete, non possiamo certo dirci al passo con l’esperienza internazionale. Siamo alle prime sperimentazioni di nuove forme di rappresentanza. Molti sindacati sono alla ricerca di una nuova narrazione. È il caso, ad esempio, della Fp Cgil Nazionale che ha sfruttato la forza delle immagini per raccontare il proprio cambiamento attraverso un fumetto e un video, o ha adottato un nuovo linguaggio fatto (anche) di foto e immagini come parte integrante della propria azione sindacale.

Non mancano anche operazioni che sfruttano la rete e gli smartphone per offrire servizi, come l’App ABC dei diritti della Cgil Nazionale  e l’App Sinda Care per la lettura delle buste paga della Cisl Nazionale…

 

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