Salute e sicurezza sul lavoro nel XXI secolo: il nuovo piano d’azione della Commissione europea

La “Grande Trasformazione del lavoro” è ormai una realtà che coinvolge i più svariati aspetti del mercato e del rapporto di lavoro (per un approfondimento sul tema, v. E. Dagnino, F. Nespoli, F. Seghezzi (a cura di), La nuova grande trasformazione del lavoro. Lavoro futuro: analisi e proposte dei ricercatori ADAPT, ADAPT Labour Studies, e-Book series, n. 62).

Cambiamenti demografici, mutamenti socio-economici, avvento della sharing/gig/on-demand economy sono solo alcuni dei fattori che hanno recentemente determinato una vera e propria rivoluzione nel mondo del lavoro, conferendogli nuova veste.

Tuttavia, se, da un lato, si tratta di un terreno in fase di esplorazione, dall’altro, quello della trasformazione del lavoro è un fenomeno che necessita di essere, adeguatamente e tempestivamente, regolato, soprattutto se l’obiettivo è quello di rispondere efficacemente alle sfide legate al cambiamento.

Ma perché ciò avvenga, è indispensabile disporre di strumenti idonei a guidare quel cambiamento verso la creazione di migliori condizioni di lavoro: in tal senso, dunque, emerge l’esigenza di norme chiare, aggiornate ed opportunamente applicate, a vantaggio di tutti.

Ciò è tanto più vero con riferimento ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, in relazione ai quali vengono in rilievo interessi primari non soltanto del singolo individuo, ma anche dell’intera società.

 

 

Di quanto finora affermato sembra essere ben consapevole la Commissione europea, che lo scorso 10 gennaio ha avviato una nuova iniziativa proprio nell’intento di proteggere e promuovere la salute e la sicurezza sul lavoro nell’UE, attraverso la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.

Di certo, l’attenzione dell’Europa per il tema non è una novità: negli ultimi venticinque anni, infatti, l’Unione europea ha costantemente cercato di assicurare elevati standard di protezione contro i rischi per la salute e la sicurezza presenti negli ambienti di lavoro.

Invero, il nuovo intervento della Commissione si inserisce nel quadro delle iniziative che tale istituzione sta portando avanti nell’ottica della creazione del pilastro europeo dei diritti sociali. Tale pilastro, infatti, concepito per rispondere ai cambiamenti, alle esigenze ed alle sfide cui deve far fronte la zona euro, mira a sviluppare ed integrare l’acquis dell’Unione europea tramite principi ritenuti essenziali per il migliore funzionamento e l’equità dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale.

Ebbene, tra questi principi non può che rientrare la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Non sfuggono, infatti, i numerosi vantaggi correlati ad una buona politica in materia di salute e sicurezza: diminuzione del tasso di assenze per malattia, riduzione dei costi dell’assistenza sanitaria, maggiore benessere e produttività anche dei lavoratori anziani, promozione di tecnologie e metodi di lavoro innovativi e più efficienti etc.

Nell’ambito del programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione (REFIT), la Commissione ha svolto una valutazione ex post dell’acquis dell’UE, allo scopo di verificare la pertinenza, l’efficienza, l’efficacia, la coerenza ed il valore aggiunto delle strategie elaborate a livello europeo in materia di salute e sicurezza.

Orbene, in esito alla suddetta ricognizione, avente ad oggetto la direttiva quadro 89/391/CEE (contenente misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro) e le ventitré direttive particolari (riguardanti rischi, soggetti e settori specifici), il quadro legislativo europeo appare tendenzialmente conforme all’obiettivo di assicurare un’adeguata protezione dei lavoratori.

Tuttavia, nonostante il tasso dei decessi a seguito di incidenti sul lavoro sia diminuito, così come la percentuale di lavoratori dell’UE che hanno denunciato almeno un problema di salute causato o peggiorato dall’attività lavorativa, al fine di assicurare ai lavoratori una tutela ancor più forte è necessaria sul punto una politica più solida, nonché in linea con i cambiamenti del XXI secolo.

 

Ecco perché la Commissione europea ha varato le seguenti tre iniziative:

 

1. Lotta contro i tumori professionali ed aggiornamento delle norme relative agli agenti chimici pericolosi

 

Secondo i dati disponibili, il cancro costituisce la prima causa di mortalità professionale nell’Unione europea.

Al di là del senso di sgomento che inevitabilmente accompagna tale rilievo, non può non tenersi conto dell’incidenza delle patologie correlate all’esposizione a sostanze chimiche cancerogene sui costi legati all’assistenza sanitaria ed alla perdita di produttività.

Poiché, dunque, il cancro incide non solo sulla vita dei lavoratori e delle loro famiglie, ma anche sul mondo del lavoro e sull’intera società, la Commissione propone oggi di modificare la direttiva 2004/37/CE, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni.

Nel dettaglio, tale modifica è diretta a limitare l’esposizione professionale ad ulteriori sette sostanze chimiche cancerogene, attualmente non contemplate nella direttiva in questione, tramite l’individuazione di soglie massime di concentrazione delle stesse negli ambienti di lavoro o misure differenti.

Difatti, sebbene il cancro sia una patologia complessa anche sotto il profilo eziologico, la definizione di valori limite è in grado di ridurre il rischio d’insorgenza della malattia; inoltre, la previsione di tassi di esposizione uniformi su tutto il territorio dell’Unione può concorrere al più equo dispiegarsi della concorrenza entro i medesimi confini.

 

2. Sostegno alle aziende, (in particolare, microimprese e PMI) nell’adeguamento al quadro normativo in materia di salute e sicurezza sul lavoro

 

Stando ai dati emersi dalla valutazione ex post del quadro legislativo europeo, le microimprese e le PMI faticano a conformarsi alle misure poste a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, specie con riguardo alla valutazione dei rischi sul lavoro.

Tale circostanza pare riconducibile ad una minore disponibilità di risorse finanziarie, tecniche ed umane e, più in generale, ad una minore consapevolezza e conoscenza della normativa da parte delle imprese di ridotte dimensioni rispetto alle aziende più grandi.

Invero, talora si trascura che investire in salute e sicurezza sul lavoro risulta particolarmente proficuo anche sotto il profilo economico, contribuendo al miglioramento del rendimento, della produttività e della competitività. Secondo stime recenti, infatti, gli investimenti delle aziende volti al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza sul luogo di lavoro sono in grado di generare alti tassi di rendimento, mediamente pari al 2,2% o comunque compresi fra l’1,29% e il 2,89% (Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni relativa ad un quadro strategico dell’UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro 2014- 2020).

Tale constatazione appare vieppiù valida per le imprese di piccole dimensioni, il cui andamento, non a caso, sarebbe maggiormente compromesso dai possibili effetti (sostituzione dei lavoratori, perdita di clienti, mancata conclusione di un affare etc.) derivanti da eventuali malattie professionali ed infortuni occorsi sul luogo di lavoro.

Peraltro, l’adozione di buone pratiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro risulterebbe più semplice proprio nelle realtà di minori dimensioni, laddove cioè, tendenzialmente, è più facile avere una chiara cognizione dell’ambiente di lavoro ed il contatto tra datore di lavoro e lavoratore appare più diretto ed immediato.

Così, al fine di fornire un aiuto concreto alle aziende, la Commissione ha pubblicato un documento di orientamento pratico, rivolto ai datori di lavoro e contenente suggerimenti per rendere più semplici ed efficaci la valutazione dei rischi, l’attuazione delle misure di prevenzione e la formazione in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Inoltre, questa sorta di vademecum offre ai datori di lavoro anche preziose indicazioni per affrontare al meglio il rapido aumento di nuovi rischi per la salute e la sicurezza, con particolare riferimento a tre fattori: stress, disturbi muscolo-scheletrici, diversità (invecchiamento; genere).

Ancora nell’ottica di un’effettiva assistenza alle imprese, si colloca, altresì, il potenziamento di strumenti on-line gratuiti. In particolare, lo strumento interattivo online per la valutazione dei rischi (OiRA) appare di grande utilità in quanto, fornendo informazioni gratuite e specifiche per settore, guida i datori di lavoro lungo tutte le fasi della procedura di valutazione dei rischi, a garanzia della maggiore efficacia di tale operazione.

 

3Collaborazione con gli Stati membri e le parti sociali ai fini dell’aggiornamento e dell’abrogazione delle norme obsolete

 

Parlare di salute e sicurezza sul lavoro nel XXI secolo significa anche aggiornare o eliminare tutte quelle disposizioni che appaiono superate in considerazione dei mutamenti legati alla trasformazione del lavoro.

In tal senso, appare emblematico, tra gli altri, il caso della direttiva 89/654/CEE, contenente prescrizioni minime di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro. Ed infatti, la modifica di tale direttiva appare oggi necessaria alla luce di una nuova concezione di luogo di lavoro, sempre più distante da quella di spazio fisico entro il quale si svolge la prestazione lavorativa, e divenuta più dinamica per effetto dell’applicabilità delle tecnologie informatiche e dell’avvento del lavoro su piattaforma digitale.

L’obiettivo dell’aggiornamento e dell’abrogazione delle norme anacronistiche pare, dunque, quello di ottenere regole più chiare e pertinenti al contesto di riferimento, semplificando e riducendo gli oneri amministrativi, seppur nel rispetto di un alto livello di protezione per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

 

Sebbene il piano d’azione della Commissione europea sembri muoversi correttamente nella direzione della creazione di una politica virtuosa in tema di salute e sicurezza, va comunque rilevato che nessun aggiornamento normativo, nessun sostegno alle imprese potrà mai sostituire il valore profondo della “cultura della salute e della sicurezza”.

Finché, infatti, l’applicazione della normativa vigente in materia sarà frutto di un mero vincolo giuridico (se non addirittura del timore delle sanzioni connesse alla sua violazione), non sarà possibile assistere ad un vero progresso al riguardo.

Viceversa, salute e sicurezza integrano valori che non si sostanziano soltanto in un imperativo normativo (e, prima ancora, morale e sociale), costituendo altresì fattori determinanti per la crescita, l’innovazione e la competitività; ciò in quanto si tratta di valori che trascendono il singolo lavoratore e la singola impresa, per coinvolgere gli interessi ed il benessere dell’intera società.

Allora, data la dimensione collettiva del tema, è necessario che la cultura della salute e della sicurezza costituisca parte integrante dei percorsi di istruzione e formazione e che venga continuamente alimentata tramite campagne di sensibilizzazione, monitoraggio ed implementazione di buone pratiche, migliore sfruttamento delle potenzialità dell’attività ispettiva e così via.

Insomma, non può esistere effettività senza aggiornamento ed innovazione, né può esservi crescita senza la convinzione da parte degli attori del sistema che la cultura della salute e della sicurezza possa tradursi nel benessere di tutti.

 

Giusy Tomasello

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

Università degli Studi di Bergamo

 

@giusy_tomasello

 

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