Rafforzare i controlli e semplificare le norme per combattere il lavoro insicuro

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Bollettino ADAPT 10 maggio 2021, n. 18

 

Nel triste e doloroso clamore destato dalle giovani vite strappate dal “lavoro insicuro” è stata da più parti posta in evidenza l’urgenza di rafforzare i controlli ispettivi in materia di lavoro, previdenza, assistenza, assicurazione e sicurezza sul lavoro. Eppure, un potenziamento del contesto istituzionale e sociale di vigilanza sui contratti e sui rapporti di lavoro deve guardare non solo alla profonda esigenza di assicurare una governance efficace e dinamica all’organizzazione delle ispezioni sul lavoro, ma anche alla necessità di semplificare il quadro regolatorio in materia di lavoro, attraverso una codificazione che consenta di riscrivere l’apparato sanzionatorio, a garanzia di una differenziazione necessaria fra l’imprenditore onesto (che nel rispetto di regole, molteplici e spesso non chiare, incorre in situazioni di irregolarità) e l’imprenditore disonesto (che nel crogiolo normativo trova sempre nuovi spazi per strategie illecite e illegali di sfruttamento del lavoro).

 

Rafforzare i controlli ispettivi

 

Appare di fondamentale rilevanza, dunque, completare la riforma del sistema di governo delle ispezioni in materia di lavoro, avviata con il D.Lgs. n. 124/2004, che ha condotto, per effetto del D.Lgs. n. 149/2015, alla nascita dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), Agenzia di nuova istituzione, operativa dal 1° gennaio 2017, che ha unificato e parificato nella globalità delle funzioni di vigilanza e di ispezione in materia di lavoro e di legislazione sociale tutto il personale ispettivo originariamente alle dipendenze di Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, INPS e INAIL.

 

Anzitutto, in questa prospettiva, deve essere aumentato, in maniera almeno compensativa, il personale in servizio, ispettivo senza dubbio, ma anche amministrativo, perché un’Agenzia va fatta funzionare come amministrazione e non si possono tenere gli Ispettori in ufficio a fare attività amministrativa. Rileva quanto riportato dall’INL nella Premessa del “Rapporto annuale delle attività di tutela e vigilanza”, secondo cui a fronte di un organico funzionale minimo di 6.515 unità a livello nazionale, sono soltanto 4.509 le consistenze attuali dell’Ispettorato, oltre 2.000 unità di personale in meno rispetto al necessario, pagando lo “scotto” anche del “blocco” delle procedure concorsuali bandite nel 2019 (691 Ispettori del lavoro e 131 Funzionari area amministrativa giuridico contenzioso). Peraltro pesa enormemente il dato reale del personale effettivamente impegnato in attività ispettive e di vigilanza (come rilevato nello stesso Rapporto INL 2020): “al 31/12/2020 la consistenza del corpo ispettivo effettivamente adibito alla vigilanza era complessivamente pari a circa 3.000 unità (di cui 1.021 ispettori dell’INPS e 246 ispettori dell’INAIL) oltre il 10% delle quali prevalentemente adibite a funzioni di polizia giudiziaria (militari del Comando Carabinieri per la Tutela del lavoro)”.

 

Quei concorsi dovrebbero ora ripartire e ad essi potrebbero aggiungersi nuove procedure assunzionali per circa 2.000 Ispettori del lavoro, previste nel contesto del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (PNRR), il quale nell’ambito delle “Politiche attive del lavoro e sostegno all’occupazione”, individua come strategicamente rilevante l’attuazione di un “Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso” nella prospettiva di un rafforzamento della lotta al “lavoro nero”, secondo un approccio interistituzionale e multiagenzia, già sperimentato nelle iniziative del “Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato (2020-2022)”.

 

D’altra parte, per rafforzare efficacemente i controlli e potenziare il contrasto al “lavoro insicuro”, non basta ripristinare gli organici ispettivi e amministrativi dell’INL, ma occorre anche – come puntualmente annota il PNRR fra le misure attuative del “Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso” – realizzare “una struttura di governance che assicuri una efficace implementazione delle azioni”.

 

Proprio l’esigenza di dotare la vigilanza e l’ispezione del lavoro in Italia di una “governance” di alto profilo e di sicura efficacia impone di intervenire e riformare il modello organizzativo dell’Ispettorato, almeno sotto quattro ambiti di assoluto rilievo operativo:

1) occorre completare nel più breve tempo possibile l’operazione di sintesi dei servizi ispettivi in materia di lavoro, previdenziale e assicurativa, perseguendo il criterio di direzione unitaria che deve portare ad ottenere il personale di vigilanza e ispettivo esclusivamente alle dipendenze dell’INL, con adeguamento contrattuale, reddituale e prestazionale di tutto il personale originariamente proveniente da Ministero del Lavoro, INPS e INAIL e con specializzazione competenziale delle funzioni all’interno dell’Ispettorato;

2) bisogna urgentemente ripristinare in ogni Regione un coordinamento regionale effettivo delle attività ispettive e di vigilanza, superando il livello interregionale (Milano, Venezia, Roma e Napoli; Nord-Ovest, Nord-Est, Centro e Sud; art. 3, D.P.C.M. 23 febbraio 2016), che poteva avere un senso in un assetto istituzionale ipoteticamente fondato su macroregioni, ma appare oggi antistorico rispetto alla forza costituzionale del sistema regionale, laddove il coordinamento e il controllo su base regionale è assicurato da tutti gli operatori istituzionali con i quali l’INL deve interagire a partire proprio da INPS e INAIL (il cui accorpamento delle funzioni di vigilanza all’interno è attualmente modellato dal Protocollo d’intesa del 12 marzo 2021 che invera la collaborazione istituzionale finalizzata ad un efficace svolgimento dell’attività di vigilanza istituendo una Commissione Centrale e Commissioni regionali – appunto – di programmazione dell’attività ispettiva), passando poi ad Agenzia delle Entrate, Guardia di Finanza e Arma dei Carabinieri, oltre ovviamente all’Azienda Sanitaria che opera (a Costituzione vigente) necessariamente in sede regionale, unica sede nella quale può realisticamente inverarsi, in ragione delle specificità proprie delle diverse realtà regionali, quanto previsto nel PNRR che individua fra le azioni del “Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso” espressamente la realizzazione di “un processo di affinamento delle tecniche di raccolta e delle modalità di condivisione dei dati sul lavoro sommerso, volto a migliorare la conoscenza del fenomeno da parte di tutte le Autorità competenti”;

3) è necessario tornare ad assicurare la presenza in ogni territorio provinciale di un ufficio ispettivo autonomo e pienamente efficiente, sede territoriale dell’INL, nelle regioni ordinarie come in quelle a statuto speciale: da un lato riconoscendo individualità funzionale ed operativa alle sedi provinciali, attualmente accorpate ad altre limitrofe (Asti-Alessandria, Biella-Vercelli, Cagliari-Oristano, Campobasso-Isernia, Chieti-Pescara, Como-Lecco, Ferrara-Rovigo, Livorno-Pisa, Lucca-Massa Carrara, Milano-Lodi, Novara-Verbania, Parma-Reggio Emilia, Potenza-Matera, Prato-Pistoia, Ravenna-Forlì-Cesena, Terni-Rieti, Trieste-Gorizia, Udine-Pordenone; art. 4, D.P.C.M. 23 febbraio 2016), dall’altro traguardando intese operative e convenzioni istituzionali con la Regione Siciliana e le Province Autonome di Trento e Bolzano, affinché le rispettive strutture dedite alla vigilanza e all’ispezione in materia di lavoro siano effettiva diramazione dell’INL quanto ai profili operativi e funzionali;

4) infine, deve essere superato l’inglobamento del Comando Carabinieri per la Tutela del lavoro all’interno dell’INL (in una non facile convivenza di personale civile e militare nella stessa struttura, ma con trattamento e gestione inevitabilmente differenziati), assicurando ai Comandi regionali e territoriali dell’Arma dei Carabinieri il pieno controllo dei Nuclei Ispettorato Lavoro e dei Gruppi Carabinieri per la tutela del lavoro, in forza di un efficace, reale, costante e completo coordinamento funzionale fra l’Arma dei Carabinieri, in tutte le sue strutture territoriali, con le corrispondenti sedi dell’Ispettorato.

 

L’attuazione di queste quattro linee d’intervento, infatti, appare prodromica al raggiungimento dei traguardi attesi, così come delineati dal PNRR (con riferimento al target “fissato nel numero di ispezioni, che si prevede di incrementare entro la fine del 2024 del 20% rispetto alla media del triennio 2019-21”), in quanto una capillare presenza delle sedi dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con organico ispettivo e amministrativo adeguato, in un contesto di sinergico e funzionale coordinamento con tutte le istituzioni (civili e militari) impegnate nel contrasto al lavoro “sommerso” e “insicuro” (rendendo cogente l’obbligo di preventivo raccordo con l’INL per qualsiasi organismo di vigilanza che intenda svolgere attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale, sancito dall’art. 11, comma 6, del D.Lgs. n. 149/2015), in un costante e diretto coordinamento regionale (idoneo, in ottica di semplificazione degli adempimenti, ad assorbire alcune funzioni amministrative e gestionali degli uffici territoriali coordinati), può garantire il massimo dispiego di energie ispettive sui territori.

 

Tuttavia, per concretizzare tale obiettivo, necessitano analisi concise e rapide, per un tempestivo investimento di risorse, rispetto al quale il decisore politico non può più voltarsi dall’altra parte, come invero sembra voler fare, visto che la “Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati” a distanza di quasi due anni dalla sua istituzione (31 ottobre 2019), è stata finalmente convocata, per la prima volta, il prossimo mercoledì (12 maggio 2021), per l’elezione dell’ufficio di presidenza.

 

Semplificare le norme e riscrivere le sanzioni

 

D’altronde urgente sembra anche la redazione di un Codice del Lavoro che renda certe e univocamente interpretate le norme, allo scopo di incoraggiare le imprese ad assumere, mediante una deregolazione mirata nella costruzione dei contratti individuali di lavoro e nella gestione dei relativi rapporti, promuovendo, al contempo, una piena regolarizzazione delle tipologie di lavoro troppo spesso irregolari, se non del tutto sommerse.

 

Occorre tornare a liberare il lavoro da imposizioni inutili e oppressive di una regolazione che patisce gli effetti deleteri di una superfetazione legislativa, in un tessuto imprenditoriale dove per contrastare la deriva patologica del lavoro sommerso, delle fattispecie di flessibilità fittizie e delle esternalizzazione simulate e fraudolente, si avverte fortissima l’esigenza di una reductio ad unum capace di intervenire, in modo deciso e risoluto, per semplificare in modo radicale la gestione dei rapporti di lavoro, affidando alle parti sociali un ruolo di consapevole e strategica partnership normativa, da attuarsi attraverso una contrattazione aziendale adattativa e sartoriale, nel rispetto di un perimetro invalicabile di diritti e di doveri chiaramente identificati, proprio in quanto codificati.

 

Soltanto un intervento di silloge normativa di tal fatta, in effetti, può coltivare l’ambizione di delineare una completa attualizzazione e riscrittura dell’apparato sanzionatorio, riconducendolo a sistema. In questa chiave, peraltro, si può leggere il PNRR, laddove fra le azioni del “Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso” inserisce “l’introduzione di misure dirette e indirette per trasformare il lavoro sommerso in lavoro regolare in maniera che i benefici dall’operare nell’economia regolare superino i costi del continuare ad operare nel sommerso”.

 

L’attuazione di questa azione, infatti, può condurre ad un sistema sanzionatorio nel quale le sanzioni sono parametrate sul patrimonio netto delle imprese, sulla gravità dei comportamenti e sulla qualità e tempestività delle azioni di ripristino della legalità, coniugando illeciti penali e amministrativi, con sanzioni ripristinatorie e interdittive, ma pure introducendo astreintes specificamente finalizzate a valorizzare quella parte sana e onesta dell’imprenditoria italiana, che sconta il peso di un dumping ormai intollerabile, mentre il Paese paga un prezzo inaccettabile in termini di vite umane.

 

Pierluigi Rausei

Direttore ADAPT Professional Series

Docente di Diritto sanzionatorio del lavoro (*)

@RauseiP

 

(*) Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere impegnativo per l’Amministrazione alla quale appartiene.

 

Rafforzare i controlli e semplificare le norme per combattere il lavoro insicuro