Province: due anni per la mobilità del personale

Come noto, il Legislatore, dapprima con la legge n. 56/2014 (c.d. “Legge Delrio”) e successivamente con alcune norme della legge di stabilità 2015, ha intrapreso un percorso di riorganizzazione degli enti locali, prevedendo la costituzione delle città metropolitane e “svuotando” le funzioni delle province.

A tal fine si è reso necessario anche intervenire sul personale oggi in forza presso queste.

La legge Delrio prevedeva infatti che le regioni, attraverso osservatori appositamente costituiti, disciplinassero il trasferimento delle funzioni dalle province agli altri enti territoriali, con conseguente mobilità del personale stesso. L’obiettivo di mantenere il livello occupazionale e di salvaguardare le competenze e le professionalità dei dipendenti pubblici è però minato dalle nuove disposizioni introdotte dalla legge n.190/2014 (art.1 co. 418-430) che sposta l’asse verso una riduzione di spesa corrente (cfr. L. Oliveri, Legge di stabilità e Province, in F. Carinci M. Tiraboschi (a cura di), I decreti attuativi del Jobs Act: prima lettura e interpretazioni, ADAPT Labour Studies e-Book series, n. 37/2015).

Vista la necessità di una definizione chiara delle procedure da seguire, il 28 gennaio scorso è stato sentito l’Osservatorio nazionale, insieme alle organizzazioni sindacali. Anche sulla base dei rilievi emersi in quella sede il ministro Madia e l’ormai ex Lanzetta hanno firmato congiuntamente una importante circolare esplicativa.

 

I divieti di nuove assunzioni e collaborazioni

 

La circolare precisa anzitutto che la legge di stabilità introduce per le province un divieto generale di assunzioni a tempo indeterminato (anche nel caso di procedure di mobilità) o di instaurazione di rapporti di lavoro flessibile. Non si tratta di una vera e propria novità: nell’assetto ante legge Delrio infatti vigeva già un blocco delle assunzioni prorogato di anno in anno. Alle province (non alle città metropolitane) è poi preclusa ogni possibilità di attivare rapporti di lavoro per gli Uffici di supporto agli organi di direzione politica (art. 90, TUEL), nonché il conferimento di incarichi (art. 110 TUEL). Per l’esercizio di tali funzioni gli organi politici dovranno servirsi del personale già in servizio presso l’ente.

 

I servizi per l’impiego

 

Un’importante deroga (di durata annuale – almeno secondo l’interpretazione ministeriale) è prevista al comma 429 dell’articolo unico della legge n. 190/2014: al fine di garantire il funzionamento dei servizi dell’impiego, nelle more della riorganizzazione delle funzioni tra i diversi enti territoriali, le province sono autorizzate a finanziare i contratti a tempo indeterminato, così come i rapporti a termine e le collaborazioni coordinate e continuative strettamente connesse all’erogazione dei servizi stessi. Secondo le indicazioni ministeriali questa disposizione andrebbe letta in combinato disposto con la previsione di una riorganizzazione complessiva delle politiche attive per il lavoro, enunciata nella legge n. 183/2014.

Desta qualche perplessità la previsione di un differenziato percorso di ricollocazione per il personale dei servizi per l’impiego, che secondo la circolare dovrà essere definito in sede di attuazione della legge n. 183/2014, senza però che la stessa delega lo preveda.

La riduzione della dotazione organica di province e città metropolitane

 

A decorrere dal 1° gennaio 2015 è prevista una riduzione della dotazione organica pari al 30% per le città metropolitane e le province montane e al 50% per le province, con riferimento al personale in forza all’8 aprile 2014. Entro il 31 gennaio scorso gli enti avrebbero dovuto comunicare la consistenza finanziaria della dotazione organica ridotta, ma stante la complessità delle operazioni, la circolare introduce un termine più favorevole, corrispondente a quello previsto per la definizione dei piani di riassetto organizzativo (1° marzo 2015), con eventuale ridefinizione del valore finanziario delle dotazioni organiche e misurazione del soprannumero. Risultano invece esclusi dalle liste nominative dei soprannumerari (anche se computati ai fini finanziari) oltre ai dipendenti dei servizi per il lavoro anche gli addetti alla polizia provinciale e coloro che saranno collocati a riposo entro il 31 dicembre 2016, anche con i requisiti ante legge n. 92/2012.

 

Entro la stessa data il Dipartimento della Funzione pubblica dovrà adottare un apposito decreto ministeriale che delinei i criteri e le modalità per l’espletamento delle procedure di mobilità del personale, tenendo conto non solo di quanto previsto nelle linee guida in commento, ma anche di criteri più generali come le caratteristiche professionali, anzianità anagrafica e contributiva, domicilio ed altri che emergeranno nelle sedi di consultazione di osservatori e organizzazioni sindacali.

L’obiettivo dichiarato è quello di garantire la continuità dei rapporti di lavoro e la valorizzazione di professionalità, esperienze e competenze già acquisite.

 

Ricollocazione del personale

 

La circolare ricorda che i commi 424 e 425 della legge di stabilità prevedono che, una volta esaurite le possibilità di assunzione di vincitori di concorsi collocati nelle graduatorie di regioni ed enti locali (ma anche altre amministrazioni dello Stato, agenzie, università ed enti pubblici non economici) vigenti o approvate al 1° gennaio 2015, queste stesse amministrazioni hanno la facoltà di assumere il personale collocato in soprannumero dagli enti di area vasta, a valere sul rimanente budget di spesa per il personale negli anni 2015 e 2016.

Le assunzioni effettuate in violazione di tali disposizioni sono nulle, mentre sono fatte salve quelle a valere sul budget di anni precedenti o previste da leggi speciali.

 

La circolare si preoccupa di sottolineare come le procedure di mobilità riferite alle amministrazioni statali si dovranno svolgere prioritariamente verso gli uffici giudiziari (Il finanziamento è assicurato da un particolare fondo, istituito  dall’art. 30 comma 2.3, d.lgs. n. 165/2001, per un ammontare di 30 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015). Sul punto chiarisce anche che il bando di mobilità volontaria del Ministero della giustizia adottato il 25 novembre scorso sarà utile per riassorbire dapprima personale (i posti banditi sono pari a 1031 unità) proveniente dagli enti di area vasta, ed (eventualmente) in un secondo momento quelli da altre amministrazioni. La precisazione si è resa necessaria dopo le recenti dichiarazioni, in contrasto tra loro, dei dicasteri competenti.

Il bando indica tra i requisiti di ammissione alla procedura la generica appartenenza ad una Pubblica amministrazione o a Dipartimenti del Ministero della giustizia diversi dall’Organizzazione giudiziaria. Nel bando non vi è dunque un esplicito riferimento alla provenienza da enti di area vasta. Da questo punto di vista non è chiaro come la recente circolare possa intervenire efficacemente, se non come invito al Ministero della giustizia a modificare il bando.

La circolare specifica peraltro che i bandi per la mobilità volontaria già pubblicati al 1° gennaio 2015 devono essere portati a termine, come è logico, secondo le disposizioni ordinarie.

Infine, nelle more della predisposizione di una apposita piattaforma del Dipartimento della Funzione pubblica, le singole amministrazioni hanno comunque la facoltà di attivare procedure di mobilità volontaria riservate al solo personale proveniente da enti di area vasta.

 

Personale non ricollocato

 

La legge n. 190/2014 fissa al 31 dicembre 2016 il termine ultimo per completare ogni procedura di mobilità del personale delle province. Se a tale data rimarranno comunque unità in soprannumero è previsto l’impiego – le modalità saranno da definire entro il 30 gennaio 2017 e previo esame congiunto con le organizzazioni sindacali –  di forme contrattuali di solidarietà (contratti a tempo parziale) per tutti i lavoratori (e non solo per le quote in soprannumero).

Solo come extrema ratio è prevista l’attivazione dell’istituto della messa in disponibilità, per il personale che sarà ancora in una posizione di mancato ricollocamento.

Per questi soggetti si prospetta l’iscrizione, per una durata massima di 24 mesi, in un apposito elenco, le liste di disponibilità, dal quale le singole Amministrazioni dovranno attingere prima di bandire nuovi concorsi. Se al termine di questo periodo – nel corso del quale tutte le prestazioni lavorative  sono sospese e si ha diritto ad una indennità pari all’80% del trattamento economico tabellare– rimarranno ancora quote di personale non ricollocato, per questi potrà configurarsi solamente il recesso dal rapporto di lavoro.

 

Ancora una volta siamo di fronte ad un provvedimento che ha l’ambizione di formulare un assetto chiaro e definitivo delle procedure che le Amministrazioni dovranno attuare; tuttavia rimangono spazi di incertezza. Incertezza che si riflette negativamente soprattutto sulle persone, sulle famiglie, sui servizi.

La vera #voltabuona sarebbe invece una definizione in tempi rapidi del previsto decreto ministeriale, così da fornire una certezza immediata sulle procedure che saranno impiegate da qui al 31 dicembre 2016.

 

Marco Menegotto

ADAPT Junior Fellow

@MarcoMenegotto

 

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