Politically(in)correct – Per fare una norma basta la parola di un ministro?

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“Ho già dato mandato di stampare le prime cinque o sei milioni di tessere elettroniche”. Questa è l’ultima trovata del ministro del Lavoro nonché vice presidente del Consiglio, Luigi Di Maio. Basterebbe gettare uno sguardo distratto all’articolo 21 del ddl di bilancio per restare allibiti. Perché se l’annuncio corrisponde al vero, diventa materia per la Procura della Corte dei Conti, dal momento che non vi è una sola norma nell’ordinamento che giustifichi la spesa per un istituto che non esiste. Ammesso e non concesso che sia sufficiente la previsione di una copertura finanziaria general-generica è pur sempre vero che per ora tale copertura è inclusa in un disegno di legge che attende ancora l’approvazione. È quindi più probabile che si tratti di un ultimo gesto (in ordine di tempo) di un ministro che unisce al merito di dire quello che pensa il demerito di non pensare a quello che dice.

 

Così un attacco di vanagloria ha indotto Di Maio a spiegare – come se dovesse nascere dalla sua testa in un giorno in cui sia tormentato da una fastidiosa emicrania – come sarà il futuro reddito di cittadinanza. La durata massima sarà pari a tre anni. Dopo 18 mesi però si provvederà a controllare se chi lo riceve ha ancora i titoli per farlo o se, cambiate le condizioni di vita e di lavoro, si dovrà sospendere l’erogazione. Il reddito sarà destinato alle famiglie con un Isee inferiore a 9.360 euro, anche se l’importo potrebbe salire in base al numero di componenti del nucleo familiare. Dai tecnici che stanno “facendo l’impresa” arrivano altre notizie. L’importo totale – 780 euro – sarà appannaggio delle famiglie che hanno presentato un Isee pari a zero, mentre per il resto si procederà per “progressione”: l’ammontare del beneficio si ridurrà progressivamente in base al reddito dichiarato. Con un Isee pari a 200 euro al mese si riceveranno 580 euro, con un Isee di 300 euro 480 e via dicendo. Per quanto riguarda la casa: l’assegno sarà pieno per chi è in affitto, ridotto per chi è proprietario. Di Maio ha confermato che i beneficiari dovranno fare lavori di pubblica utilità e corsi di formazione: “Queste persone saranno impegnate per tutta la giornata”. Se il disoccupato rifiuterà tre diverse proposte di lavoro, il reddito di cittadinanza andrà incontro a decadenza.

 

Poiché il ministro possiede l’ottimismo della volontà (e il pessimismo dell’intelligenza?) va in giro dicendo che già nei primi mesi dell’anno prossimo, il reddito di cittadinanza e quota 100 diventeranno realtà. In un mese si rafforzano i centri per l’impiego, nel mese successivo queste strutture prendono in carico i poveri, in seguito arriveranno le card a domicilio a milioni di cittadini aventi diritto, a favore dei quali i centri per l’impiego cominceranno ad assumere iniziative di formazione (materia di competenza regionale), esperienze di lavori socialmente utili, fino ad offrire loro almeno tre posti di lavoro nell’arco di due anni. Sempre che, ovviamente, sia arrivata nel frattempo uno straccio di normativa, approvata dal Parlamento, promulgata dal Capo dello Stato e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Oppure sarà sufficiente la narrazione del ministro, per dribblare un fastidio burocratico come quello dell’iter legislativo?

 

Intanto, guai a farsi l’idea che le platee interessate saranno ridimensionate.  Peccato che il parametro per decidere chi avrà diritto a ricevere il reddito di cittadinanza sarà l’Isee: i 9 miliardi di euro stanziati dovrebbero essere dunque suddivisi tra i 2,5 milioni di famiglie con Isee inferiore ai 9.360 euro annui (soglia indicata dall’Esecutivo). Ebbene, se così fosse il reddito di cittadinanza si tradurrebbe nell’erogazione di 293,95 euro mensili per famiglia. Ovviamente riceverà di più chi ad oggi ha un reddito più basso e viceversa, ma nonostante l’ammontare del beneficio si riduca progressivamente in base al reddito dichiarato, i conti continuano a non tornare. Facendo un calcolo ancora più approfondito, Il Sole 24 Ore ha sottolineato che, sempre in base agli Isee presentati nel 2016, sono 469mila le famiglie con Isee a zero. Pertanto, 4,4 miliardi su 9 andranno a coprire i 780 euro mensili da erogare a questi nuclei che avranno diritto (sempre in base alle regole annunciate dal M5s) al contributo pieno. In pratica un quinto dei potenziali aventi diritto assorbirà circa la metà dello stanziamento riservato dalla Legge di Bilancio al reddito di cittadinanza. Per gli altri 2 milioni di nuclei rimarranno 4,6 miliardi di euro: in questo caso l’importo medio mensile scenderebbe per la stragrande maggioranza dei beneficiari a 184,15 euro al mese. Secondo il ministro Di Maio, è con queste misure che il governo abolirà la povertà assoluta. Si è soliti dire che non basta un decreto per realizzare siffatto obiettivo. “Questi qui” (come li definisce nel suo ultimo libro Filippo Ceccarelli) pensano di cavarsela con le chiacchiere.

 

Giuliano Cazzola

Membro del Comitato scientifico ADAPT

 

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