Politically (in)correct una rubrica ADAPT sul lavoro – Arriva con il “lavoro agile” un’altra robusta dose di flessibilità

Che cosa sarà mai il “lavoro agile”? Non avrà a che fare, in qualche modo, con un’attività di carattere sportivo oppure con gli effetti di una dieta dimagrante prescritta a lavoratori obesi, sulla cui corretta assunzione è incaricato di vigilare il rappresentante della sicurezza? Niente di tutto questo. Secondo quanto emerge dalla bozza del progetto di legge (la relativa disciplina sta nel Titolo II del “collegato” sul lavoro autonomo “non imprenditoriale”) si tratterebbe di una nuova forma di flessibilità che, per la sua effettiva portata, non è ancora stata notata da quei settori del mondo politico e sindacale fieramente avversi a quelle operazioni che loro definiscono “destrutturazione del mercato del lavoro”. Di che cosa si tratta? L’obiettivo è quello di promuovere le forme flessibili del “lavoro agile” allo scopo di incrementare la produttività del lavoro e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

 

Il lavoro agile, al quale non si applicano le norme e i contratti collettivi relativi al telelavoro, consiste in una prestazione di lavoro subordinato che si svolge con le seguenti modalità:

  1. a) esecuzione della prestazione lavorativa svolta solo in parte all’interno dei locali aziendali e con i soli vincoli di orario massimo derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva;
  2. b) possibilità di utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa;
  3. c) assenza di una postazione fissa durante i periodi di lavoro svolti al di fuori dei locali aziendali.

 

Al fine di rendere la prestazione a cui è tenuto, il lavoratore può utilizzare strumenti tecnologici propri ovvero assegnatigli dal datore di lavoro; nel qual caso è quest’ultimo responsabile della loro sicurezza e buon funzionamento. Lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile è disciplinato da un accordo scritto tra le parti (come si vedrà in seguito la contrattazione collettiva viene in secondo piano) nel quale sono definite le modalità di esecuzione della prestazione resa fuori dai locali aziendali, anche con riferimento agli strumenti utilizzati dal lavoratore. L’accordo deve altresì individuare le fasce orarie di rispetto dei tempi di riposo del lavoratore; può essere a tempo indeterminato o determinato. Ciascuno dei contraenti può recedere dall’accordo prima della scadenza del termine, se esso è a tempo determinato, o senza preavviso, se è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una giusta causa. In mancanza di giusta causa, il recesso unilaterale dall’accordo a tempo indeterminato deve essere preceduto da un preavviso espressamente indicato nell’accordo e comunque non inferiore a 30 giorni. A quanto pare si è tornati – pari pari – a quanto prevedeva il codice civile del 1942 agli articoli 2118 e 2119.

 

Quanto ai diritti del lavoratore, che svolge la propria prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile, egli ha diritto di ricevere un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti degli altri lavoratori subordinati che svolgono la prestazione lavorativa esclusivamente all’interno dell’azienda, a parità di mansioni svolte. Essendo un rapporto di carattere subordinato, il datore conserva i classici poteri: quello di direzione e controllo e quello disciplinare, nei limiti espressamente indicati dall’accordo individuale e nel rispetto della disciplina di legge in materia di controlli a distanza del lavoratore.

 

L’accordo individuale precisa gli eventuali comportamenti disciplinarmente rilevanti ulteriori a quelli contenuti nel codice disciplinare applicato dal datore di lavoro, specificandone le relative sanzioni nel rispetto del principio di proporzionalità. Quanto agli altri obblighi delle parti del rapporto, il datore di lavoro deve adottare misure atte a garantire la protezione dei dati utilizzati ed elaborati dal lavoratore che svolge la propria prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile e il lavoratore è tenuto a custodire con diligenza le apparecchiature eventualmente messe a disposizione dall’azienda e a non divulgare le informazioni aziendali ottenute tramite di esse.

 

Per quanto riguarda la sicurezza e la salute del lavoratore, il datore di lavoro deve garantirne la tutela anche a chi svolge la propria prestazione in modalità di lavoro agile. Al fine di dare attuazione all’obbligazione di sicurezza, e tenuto conto dell’impossibilità di controllare i luoghi di svolgimento della prestazione lavorativa, il datore di lavoro deve consegnare una informativa periodica, con cadenza almeno annuale, nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alle modalità di svolgimento della prestazione. Il lavoratore, per i periodi nei quali si trova al di fuori dei locali aziendali, deve cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro. L’accordo per lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile è oggetto della comunicazione obbligatoria prevista dalla legge. La comunicazione deve indicare anche la durata dell’accordo nonché le eventuali variazioni della durata stessa. Gli infortuni occorsi mentre il lavoratore presta la propria attività lavorativa al di fuori dei locali aziendali e in ambiente scelto dal lavoratore stesso sono tutelati se causati da un rischio connesso con la prestazione lavorativa.

 

Quanto al regime degli infortuni in itinere, gli eventi occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali sono tutelati, secondo la normativa vigente, quando la scelta del luogo della prestazione è dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita, socialmente apprezzabili, con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza.

 

I contratti collettivi, di qualsiasi livello, possono integrare la disciplina legislativa, allo scopo di agevolare i lavoratori e le imprese che intendono svolgere prestazioni lavorative in modalità di lavoro agile. Gli incentivi di carattere fiscale e contributivo riconosciuti dalla vigente normativa in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro, fermo restando l’importo complessivo delle risorse stanziate, spettano anche sulle quote di retribuzione pagate come controprestazione dell’attività in modalità di lavoro agile ivi comprese le quote di retribuzione oraria.

 

Fino a qui la disciplina del “lavoro agile”. Non sembra possibile, tuttavia, esprimere una valutazione compiuta del testo se non lo si considera nel suo insieme. Il progetto di legge, infatti, non si limita a regolare il c.d. lavoro agile, ma prefigura una vera e propria disciplina, accompagnata dall’introduzione di taluni istituti di tutela (maternità, sicurezza, nullità delle clausole vessatorie per il prestatore, tutela del compenso, applicazione del rito processuale del lavoro, ecc.) per quelle tipologie di lavoro autonomo che non rientrano nelle fattispecie tipica della piccola e media impresa. In sostanza, si persegue un irrigidimento di questo particolare mercato del lavoro che sta nel limbo tra la prestazione subordinata e il lavoro autonomo. Si pensi, ad esempio, che il legislatore intenderebbe altresì ritoccare il perimetro delle collaborazioni coordinate e continuative («La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente la propria attività lavorativa») anche rispetto a quanto definito nel d.lgs. n..81/2015. In sostanza, anche in questo caso (vedremo se e come l’operazione andrà avanti) si riconferma il disegno, già tentato nel Jobs Act (e nella legge di stabilità 2015), di trasferire attività “parasubordinate” nell’ambito del lavoro dipendente, alleggerendo su di esso le forme di tutela ed offrendo ai datori una più ricca gamma di flessibilità (in aggiunta a robusti incentivi economici). Si sceglie cioè il difficile e discutibile percorso di una uniformità di status (la subordinazione), pur ridotta al minimo, piuttosto che l’obiettivo di una diversità regolata secondo principi e criteri uniformi.

 

Giuliano Cazzola

Membro del Comitato scientifico ADAPT

Docente di Diritto del lavoro UniECampus

 

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