Per una storia della contrattazione collettiva in Italia/23 – Il dumping contrattuale e le clausole sociali nei recenti rinnovi dei CCNL

La presente analisi si inserisce nei lavori della Scuola di alta formazione di ADAPT per la elaborazione del Rapporto
sulla contrattazione collettiva in Italia. Per informazioni sul rapporto - e anche per l'invio di casistiche e accordi da
commentare - potete contattare il coordinatore scientifico del rapporto al seguente indirizzo: tiraboschi@unimore.it

Bollettino ADAPT 29 marzo 2021, n. 12

 

Il dumping contrattuale, problematica di recente molto dibattuta nei tavoli di rinnovo dei contratti nazionali, registra una notevole e accresciuta diffusione, favorita da una molteplicità di fattori, quali la nascita di nuovi e inediti sistemi contrattuali mirati ad abbassare esclusivamente il costo del lavoro, la sovrapposizione di settori economici tradizionali quale conseguenza dei processi di terziarizzazione dell’economia, la veloce trasformazione delle attività economiche, nonché la frammentazione delle categorie contrattuali. Tutte queste tendenze stanno influenzando il sistema di relazioni sindacali italiano, sempre più complesso e reticolato, mettendo a dura prova la sua robustezza che da sempre lo caratterizza.

 

In tale contesto, le rappresentanze storiche delle imprese e dei lavoratori stanno tentando congiuntamente di costruire un sistema di regole sulla rappresentanza volte a riordinare la contrattazione collettiva, sotto logiche pattiziamente condivise, al fine di mantenerne in vita la sua principale funzione, che vede da un lato l’interesse delle aziende ad agire in un quadro di regole condivise, e dall’altro la capacità della stessa di togliere la definizione delle condizioni di lavoro dal gioco della concorrenza (A. D. Flanders, The Tradition of Voluntarism, in BJIR, 1974, 12, p. 352-370, che tratta la funzione della contrattazione collettiva in termini di managerial control e market control).

 

Infatti, è proprio il Patto della Fabbrica (2018) che sembra andare nella direzione di debellare i meccanismi di concorrenza sleale tra le imprese. E tuttavia, non solo la contrattazione interconfederale ma anche quella di categoria si sta impegnando su questo fronte. Non è un mistero che nei recenti rinnovi sottoscritti dalle federazioni Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, la tematica è stata costantemente riportata al centro (G. Rizzuto, P. Tommassetti, Il dumping contrattuale nel settore moda, Edizioni Lavoro, 2019). Nell’anno in corso, il tema del dumping contrattuale si ripresenta anche nell’ambito del rinnovo contrattuale del settore delle lavanderie industriali, della concia, nonché delle pelli-ombrelli.

 

Il CCNL delle lavanderie industriali ingloba al suo interno il già noto accordo di programma di contrasto al dumping contrattuale, sottoscritto il 4 febbraio 2020 tra Assosistema Confindustria, Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil. La necessità di tale accordo è scaturita dal fatto che si inizia a registrare nel settore una “fuga” dal contratto nazionale da parte delle imprese, non tanto a causa dell’applicazione di contratti c.d. “pirata” (definiti come tali, dalla letteratura giuslavoristica, quegli accordi negoziati e poi firmati da sindacati minori, privi di una reale rappresentatività, e da compiacenti associazioni imprenditoriali), quanto per l’utilizzo di CCNL afferenti ad altri settori e per le eccessive esternalizzazioni, in alcuni casi tramite metodi illeciti, che stanno escludendo un numero significativo di lavoratori della catena produttiva dalle tutele del contratto loro di riferimento. L’accordo di programma prevede la possibilità di segnalare all’INL possibili casi di elusione del CCNL di settore tramite l’individuazione di alert (ad esempio, costo del lavoro/fatturato, costo dei servizi/fatturato, numero di dipendenti/costo del lavoro, ecc.).

 

Diverso, invece, appare l’approccio utilizzato dalle parti sociali che hanno sottoscritto gli altri due CCNL sopra evocati. In questi contratti, infatti, è previsto che:

1) le parti possono promuovere un percorso comune, a livello settoriale, per incentivare le aziende che non applicano il contratto a sottoscrivere accordi per confluire nel CCNL (trattasi dei c.d. accordi di confluenza). La disposizione contrattuale individua anche i contenuti minimi di tali accordi (quali tempistiche del passaggio, modalità di implementazione di tale passaggio, modalità di verifica degli accordi stessi), nonché le procedure per il raggiungimento dell’accordo;

2) vi sono delle disposizioni mirate a rendere omogenee le condizioni di lavoro tra i lavoratori dell’impresa committente e i lavoratori dell’appaltatore al quale viene affidata la lavorazione di una parte della produzione (esternalizzazioni), attraverso l’applicazione del medesimo CCNL o comunque del CCNL pertinente a regolare i rapporti di lavoro connessi a quella specifica attività produttiva.

Eppure, su quest’ultimo punto, vi è una differenziazione negli accordi, di non poco conto: mentre nel CCNL della concia è previsto che le parti chiedono di sensibilizzare le imprese subfornitrici all’applicazione del CCNL di loro pertinenza (peraltro, non qualsiasi CCNL ma quello sottoscritto dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale), nel caso del CCNL pelli-ombrelli, invece, le parti impongono una misura più coercitiva chiedendo di apporre una clausola nei contratti di commessa che impegni l’impresa appaltatrice o fornitrice all’applicazione del CCNL leader. In sostanza, dunque, da un lato si parla di una mera richiesta di sensibilizzazione che le parti lasciano ricadere sulle imprese che applicano il CCNL; dall’altra, invece, la disposizione manifesta la chiara volontà delle parti di voler dar vita ad un obbligo.

 

Sennonché, soprattutto in relazione al CCNL pelli-ombrelli, viene da chiedersi quale sia la portata effettiva di una disposizione che determina regole coercitive nei confronti di aziende esterne il perimetro contrattuale, siano esse appaltatrici o fornitrici. In altri termini, cosa accade se l’azienda appaltatrice o fornitrice non rispetta questa disposizione contenuta nel CCNL del committente? Dal testo non sembrerebbe emergere una qualche conseguenza sanzionatoria. Piuttosto, questo potrebbe essere uno di quei casi in cui in fase ispettiva, ben potrebbe il personale dell’INL ricorrere al potere di disposizione, di recente novellato, attraverso il quale imporre al datore di lavoro di tenere una determinata condotta rispetto a norme di legge o di contratto dalla cui violazione non è previsto che ne scaturisca una sanzione penale o amministrativa.

 

L’inadempimento dell’appaltatore o fornitore, poi, potrebbe anche sorgere a seguito dell’omissione nel contratto di appalto o di subfornitura della clausola del CCNL che gli impone di applicare il CCNL leader. Dimenticanza (o occultamento) che potrebbe aver favorito proprio il committente (magari per evitare l’aggravio dei costi). Non essendo, quindi, l’azienda appaltatrice a conoscenza di tale obbligo, potrebbe la stessa rivalersi sull’azienda committente nel caso in cui l’appaltatore sia costretto (vuoi per un intervento ispettivo, vuoi per una controversia) a riconoscere delle differenze retributive ai propri dipendenti?

 

Ma i profili problematici che questa clausola solleva non terminano qui: la singolarità di questa disposizione sta proprio nel fatto che in un accordo si vogliano riconoscere dei diritti contrattuali nei confronti di lavoratori ai quali non si applica il CCNL de quoUna possibile conflittualità con il principio di cui all’art. 39, comma 1 Cost. è pressocché evidente.

 

Concludendo, possiamo ritenere che passi avanti che salvaguardino l’efficacia e la validità del contratto, potrebbero essere fatti prevedendo degli obblighi informativi in capo all’azienda committente, riguardo il CCNL applicato, nei confronti dell’azienda appaltatrice, per far sì che quest’ultima sia pienamente a conoscenza della clausola sociale da dover rispettare nel contratto di commessa. Inoltre, visto il carattere innovativo della clausola rispetto ad altre (ad esempio, quelle per la tutela occupazionale nei cambi di appalto), un intervento chiarificatore della prassi amministrativa, volto a dare indicazioni univoche al personale ispettivo sul tema delle clausole sociali contrattuali, nelle loro più svariate forme, permetterebbe alle parti sociali (anche di altri settori) di avere un quadro più definito sulle loro reali proprietà vincolanti, migliorandone termini e contenuti.

 

Ruben Schiavo

Scuola di Dottorato di ricerca in Apprendimento e innovazione nei contesti sociali e di lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Siena

@ruben_schiavo

 

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