Per un sistema di istruzione e formazione professionale/7 – L’esperienza di Galdus. Intervista a Diego Montrone

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Bollettino ADAPT 13 luglio 2020, n. 28 

 

Più di 1400 ragazzi formati ogni anno, quasi 2.000 aziende partner, percorsi secondari di Istruzione e Formazione Professionali, apprendistato di primo livello, percorsi ITS, inclusione sociale, e formazione degli adulti: questi alcuni dei numeri e delle attività di Galdus, ente formativo e cooperativa sociale di origine milanese, fondata nel capoluogo lombardo nella prima metà degli anni Novanta. Una realtà di eccellenza con uno sguardo sulle tematiche educative, formative e sociali a 360°. Risponde alle nostre domande Diego Montrone, Presidente di Galdus.

 

Che impatto ha avuto la pandemia sulle vostre attività formative? Come state gestendo la ripresa, e come immaginate lo svolgimento del prossimo anno formativo?

 

D. Montrone: Ha avuto un forte impatto generando uno scombussolamento del quotidiano su un contesto già molto complesso in quanto “non standard” (molteplici laboratori, stage, percorsi all’estero, forte attività individualizzata…). Tuttavia, è stata un’occasione per ripensare alla didattica consapevoli che la formazione professionale senza laboratorio e esperienze in azienda è impensabile. È stata occasione anche per concludere una “decisiva” implementazione delle competenze digitali di tutti gli attori, dagli studenti agli stessi docenti, sulle quali strutturare parte del possibile cambiamento che ci attende.

In Galdus non abbiamo ripreso le lezioni in presenza, abbiamo continuato con la Didattica a Distanza (DAD) fino alla fine dell’anno formativo (compresi gli esami che sono stati svolti a distanza) in attesa di indicazioni più chiare sulla ripresa.

In questo periodo stiamo immaginando delle ipotesi sulla riapertura. Non è semplice in quanto non esistono ancora delle linee generali da osservare, stiamo proponendo noi, insieme all’associazione di rappresentanza degli enti lombardi (AEF) alla Regione qualche elemento sul quale ricostruire l’avvio del prossimo anno. Sentiamo dire che l’obiettivo per alcuni è ora: tornare a come eravamo prima della pandemia, un ritorno ad una “normalità”…. ma è possibile cogliere l’opportunità offerta da questa crisi, attraverso un profondo lavoro prima di tutto sui nostri metodi formativi e sull’eliminazione di qualche vincolo di “lontana tradizione”.

Dobbiamo ripensare la “classe”, intesa come “aula”, come uno dei luoghi e dei modi possibili per l’apprendimento, non certo il suo luogo unico ed esclusivo. Gli operatori della IeFP, prima degli intellettuali e degli accademici e sicuramente meglio di loro, hanno la capacità (quasi tutti) di mettersi in discussione, di cogliere l’occasione per pensare a un’idea diversa di didattica e di gruppo classe prevedendo, per alcuni, il lavoro da casa su progetti e richieste precise mentre per altri proseguire in presenza in piccoli gruppi più omogenei. Si potrebbe anche ipotizzare che un aumento dell’efficacia (legata anche al percorso individualizzato delocalizzato e ai piccoli gruppi in presenza) possa ridurre la durata complessiva dell’anno formativo (per alcuni integrabile con percorsi di stage maggiori). Questo anche per considerare la sostenibilità delle iniziative (ricordo che la IeFP ha un finanziamento complessivo pari circa alla metà a quanto corrisposto agli Istituti professionali di Stato). È indubbiamente interessante anche l’ipotesi di utilizzare spazi (ancorché rispettosi di tutte le norme di sicurezza) non accreditati al fine di progettare e sviluppare – anche parzialmente – piccoli laboratori o piccole strutture produttive a sostegno della didattica laboratoriale, magari con un coinvolgimento formale delle imprese.

Chiaramente, vista la situazione economica, tutte queste iniziative e progettualità richiedono una specifica copertura, investimenti dedicati che permettano ai percorsi di istruzione e formazione professionale anche un effettivo accesso a strumenti e tecnologie abilitanti, alle forme di didattica e di apprendimento anche a distanza o in contesti multipli.

Anche i corsi ITS e IFTS hanno subito un rallentamento nella calendarizzazione della didattica, soprattutto per i corsi che prevedono una forte componente di esercitazioni in laboratorio. L’impatto più importante si è verificato sul fronte degli stage e dei tirocini. Molte aziende infatti, a causa di molteplici fattori, hanno ritirato o rimandato la disponibilità ad ospitare gli allievi dei corsi. La situazione, chiaramente ci preoccupa anche sul fronte del placement finale, in considerazione del fatto che la maggior parte delle aziende inizialmente interessate ad assumere i giovani, si trova ora in fase di stand by o addirittura in contrazione: ma ci auguriamo, e questo primo periodo di riattivazione generale ci conforta un poco, che questa possa essere – almeno per alcuni settori – una situazione destinata a migliorare velocemente.

 

Che ruolo immagina per l’istruzione e formazione professionale nel percorso di ripresa che ci attende? 

 

D. Montrone: Abbiamo sempre creduto nell’IeFP come grande opportunità formativa per un inserimento occupazionale nel mercato del lavoro. La IeFP non solo trae spunto e abbrivio da certificate necessità di personale di alcuni settori. Spesso costruisce risposte alle esigenze occupazionali delle aziende del territorio che vedono la IeFP come “la risposta” alle proprie esigenze, anche grazie alla capacità di mixare intelligentemente (almeno in Lombardia) tutti gli strumenti formativi (tradizionali, individualizzati, apprendistato…) e tutte le politiche attive finalizzate a facilitare gli inserimenti dei giovani – gli enti più efficaci sono infatti quelli che hanno costruito servizi di placement e si sono accreditati anche ai servizi al lavoro.

Questo nel tempo ha generato relazioni importanti con le aziende che hanno portato, in certi casi quasi ad un “ritorno alle origini” ossia quando i centri di formazione erano all’interno delle aziende, al loro servizio, non solo per formare il personale in entrata ma anche per implementare nuove conoscenze e competenze in lavoratori già maturi e per riorientare persone in uscita o a rischio di uscita dal mondo del lavoro. Il ruolo della IeFP non dovrebbe essere, ma ancora lo è, subalterno a quello dell’istruzione. Risulta fondamentale – soprattutto se la finalità è quella di costruire e sostenere reali percorsi professionali per i giovani – realizzare un “canale” alternativo di pari dignità, riconoscendo il valore dei percorsi di formazione professionale, che non si limita mai ad essere mero addestramento, vocato al solo fine dell’occupazione. Il metodo della IeFP può e deve infatti essere applicato anche nelle discipline cosiddette culturali, mettendo cioè in azione gli studenti su progetti (presentazioni, video, manufatti, spettacoli teatrali, ecc) in cui i contenuti non siano semplicemente “trasferiti”, ma resi esperienza. Lo studio, necessario per trattenere qualsiasi contenuto, diventa così una necessità (finalizzato al progetto) per l’allievo.

 

Secondo lei, a seguito della pandemia, dovrete organizzare ex-novo corsi destinati alla formazione di nuove figure professionali, o ripensare alle competenze dei profili professionali in uscita?

 

D. Montrone: Le nostre figure professionali in uscita (area informatica/automazione industriale – ristorazione – green job – sport) rimangono sbocchi validi per i ragazzi, soprattutto se accompagnate da robuste competenze digitali. Le aziende che hanno partecipato a costruire i nostri percorsi hanno infatti confermato la necessità di nuovi addetti. Chiaramente in alcuni settori la contrazione – da capire se temporanea (ad esempio la ristorazione) – risulta essere forte e preoccupante, come già anticipato. Le soft skills, quelle che una volta si chiamava una buona educazione (al lavoro) diventano sempre più complementari e necessarie alle competenze professionali e culturali, in un mondo in continua evoluzione che chiede capacità di innovare, lavorare in team e competenze di problem solving. Evidente, infine, stanno osservando la “nascita” di nuove professioni per le quali si dovrà approfondire velocemente la reale necessità e la corretta dimensione.

Ad ogni modo, tutte le figure professionali esistenti avranno certamente bisogno di una verifica prima e di un adeguamento poi, proprio per far fronte a quelle sfide già nominate e connesse a nuovi e diverse modalità di produzione, tecnologie, e metodi di lavoro. Questa però è una dinamica da sempre presente nella IeFP, abituata – avendo a che fare con le aziende – a ripensarsi costantemente per rispondere a tutte le evoluzioni del mondo del lavoro (che non sono solo quelle legate all’attuale crisi).

 

Quali sono, a suo parere, le principali criticità che limitano le potenzialità della vostra offerta formativa, e come risolverle?

 

D. MontroneSicuramente le prime criticità iniziano con il “reclutamento”: le famiglie non conoscono l’offerta formativa dei percorsi di istruzione e formazione professionale e hanno pregiudizi negativi (spesso mutuati dalla scuola di provenienza). Stiamo proponendo con efficacia forme di orientamento basate sul “vieni e vedi”. Spesso questa esperienza fa poi cambiare idea a studenti e famiglie, perché si accorgono che la IeFP rappresenta uno sbocco serio e un ambito virtuoso per crescere e formarsi. Quasi sempre i percorsi di formazione professionale sono inoltre dotati di strutture efficienti e laboratori all’avanguardia: è quindi evidente che, per le competenze e gli strumenti che mettono a disposizione, sono percorsi di eccellenza che non rappresentano una “seconda scelta”, ma una via diversa e di pari dignità rispetto a quella della Scuola statale.

Segue poi una triste constatazione: la stessa Scuola, in generale, è in difficoltà, anche a causa del contesto – culturale e sociale – in cui sono immersi i ragazzi. Spesso si iscrivono nei nostri centri allievi che sembrano non essere mai andati a scuola, non sanno studiare, faticano ad apprendere, sembrano non abbiano motivi per impegnarsi. È quindi diffusa una “fatica dell’educare”, una stanchezza che fa sì che, alla prima difficoltà di apprendimento attraverso metodi tradizionali, si dia per perso uno studente, dimenticando che lo scopo della Scuola, e più in generale dell’educazione e formazione, non è quello di svolgere un programma ma far crescere persone, ognuno con la propria irriducibile personalità.

Vi sono anche problemi di finanziamento. Da quando esiste la IeFP regionale, almeno quella Lombarda, il budget per ciascun allievo è rimasto immutato, come dicevo, il costo per la Regione è quasi la metà di quanto spende lo Stato per i percorsi analoghi svolti negli Istituti Professionali. Come Galdus, abbiamo affrontato questa criticità avviando collaborazioni con diverse aziende (che spesso investono nei nostri percorsi) ma si potrebbe fare molto di più (anche a favore del capitale umano coinvolto nelle strutture formative). A questa problematica si aggiunge inoltre un’eccessiva burocratizzazione di ogni procedura, burocrazia di diversa natura e provenienza (nazionale, regionale, comunitaria).

Infine, un’ulteriore difficoltà arriva dalla mancanza di certezze in termini di continuità di offerta formativa nel tempo (incertezza che per Galdus ha 30 anni di storia), con progetti finanziati su base annuale, ma anche di tempistica di realizzazione. Mentre assistiamo ad una offerta continuativa per il triennio di IeFP, la pubblicazione di bandi pubblici regionali per gli anni successivi, pur costituendo ormai una consuetudine per le attività di formazione superiore, è sempre tardiva rispetto alla normale programmazione delle attività e della promozione dei corsi presso gli utenti finali. Questo tipo di incertezza limita potentemente le nostre possibilità, lasciandoci in balia di una programmazione a corto raggio, che difficilmente riesce ad andare oltre la contingenza costituita dai fabbisogni presenti e dai requisiti del singolo bando.

 

Come giudica un possibile allargamento del ruolo dell’istruzione e formazione professionale, alla formazione degli adulti, specialmente disoccupati?

 

D. Montrone: La formazione professionale è il canale maggiormente deputato al dialogo con le aziende, capace di evolversi rapidamente in risposta alle mutate condizioni di mercato e a nuove competenze necessarie per mantenere elevato il livello di competitività delle imprese: chi meglio dei percorsi di istruzione e formazione professionale potrebbe quindi allearsi con il sistema produttivo per costruire processi comuni di costruzione di competenze, al fine di favorire l’occupabilità dei giovani, processi di upskilling o reskilling, e più in generale favorire la diffusione di una vera e propria cultura della formazione continua?

Quello in commento è inoltre un naturale sviluppo della trama di relazioni già in atto: quando si costruiscono reali ed efficaci rapporti con le aziende, ad esempio per rispondere all’esigenza di nuovo personale, inevitabilmente si diventa riferimento per tutte le esigenze di formazione (e di politiche del lavoro).

 

Perchè scegliere, oggi e domani, i percorsi di istruzione e formazione professionale? Che relazioni cambiare, o sviluppare, con il mondo della scuola, dell’istruzione terziaria e del sistema produttivo?

 

D. Montrone: Ci sono delle condizioni che rendono i percorsi di IeFP una scelta ottimale: ad esempio se il desiderio dei ragazzi è quello di apprendere un mestiere attraverso un fare che poi stimola la conoscenza. Non studiare di meno, non lavorare e basta: ma apprendere in un modo diverso, attraverso l’attivo coinvolgimento in una logica progettuale e basata su consegne e sfide reali, capaci di ingaggiare gli studenti in coinvolgimenti a 360°, mente e corpo. Non è, quindi, un percorso per tutti, come non lo è nessun percorso formativo: è una possibilità dedicata ai quei ragazzi che hanno bisogno di toccare con mano a cosa serve lo studio. Così apprendono; così innescano processi di apprendimento.

A livello terziario, è inoltre assolutamente necessario diffondere e promuovere la conoscenza di percorsi alternativi a quelli universitari, come quelli erogati dagli Istituti Tecnici Superiori, coinvolgendo le scuole superiori in percorsi di orientamento che, nel rispetto delle capacità e delle attitudini degli allievi, li possano indirizzare anche verso percorsi di formazione tecnica. Anche in questo caso, non si tratta di privilegiare una scelta piuttosto che un’altra, un’offerta formativa a scapito di un’altra, ma introdurre strumenti per promuovere un orientamento davvero efficace nel valorizzare le specificità dei diversi percorsi in modo tale da permettere ad ogni ragazzo di intraprendere il percorso a lui più corrispondente e maggiormente in grado di esaltarne i talenti.

 

Matteo Colombo

ADAPT Junior Fellow

@colombo_mat

 

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