Per un sistema di istruzione e formazione professionale/21 – L’esperienza dell’Istituto Krisalide. Intervista a Giamila Buzzi

Bollettino ADAPT 5 ottobre 2020, n. 36

 

L’Istituto Krisalide è un ente accreditato dalla Regione Lombardia all’erogazione di servizi formativi con sede a Milano. Offre corsi di IeFP per diventare operatore e poi tecnico grafico-multimediale. In questa intervista chiediamo alla sua presidentessa, Giamila Buzzi, in che modo le restrizioni volte al contenimento del contagio abbiano condizionato durante la fase acuta della pandemia le attività di questo centro di formazione nato nel 2016.

 

Dott.ssa Buzzi, che impatto ha avuto la pandemia sulle vostre attività formative?

 

Giamila Buzzi: L’impatto è stato senza dubbio forte. Complessivamente abbiamo perso 100 ore di formazione, soprattutto nelle prime due settimane dopo la chiusura delle scuole, quando aspettavamo le direttive su come erogare e registrare le attività didattiche a distanza.

Quello che vorrei sottolineare, però, è la reazione del mondo della scuola e della formazione, che, pur tra mille difficoltà, ha saputo trovare al suo interno gli strumenti, le risorse, le capacità per portare avanti la propria missione educativa con coraggio e determinazione.

Durante la pandemia abbiamo scoperto l’esistenza e il ruolo di una comunità vastissima e attiva che si coagula attorno alle istituzioni formative (gli studenti e loro famiglie, gli insegnanti, i dirigenti scolastici, gli educatori ecc). La mobilitazione di tutte queste componenti ha consentito di continuare a fare scuola

Per noi, ad esempio, il coinvolgimento delle famiglie è stato fondamentale per la riuscita dei nostri interventi a distanza, più precisamente per garantire l’ingaggio dei nostri giovani allievi e il loro impegno in attività che si sono svolte in modalità per loro inedite e caratterizzate da scarse possibilità di controllo.

 

Come avete organizzato la didattica a distanza? Quali metodologia hanno adottato i docenti per garantire l’apprendimento degli allievi?

 

Giamila Buzzi: I veri protagonisti del cambiamento in questi ultimi tempi sono stati i singoli docenti che hanno sperimentato e proposto modalità nuove, dimostrando che una scuola diversa da quella a cui siamo abituati è fattibile.

All’affacciarsi dell’emergenza Covid-19, la nostra realtà poteva contare già su esperienze didattiche basate sull’utilizzo degli strumenti digitali. Non dimentichiamo che il nostro centro forma operatori e tecnici grafici nel cui armamentario professionale devono esserci proprio questi strumenti.

In particolare, la nostra filosofia prevede da sempre un forte supporto da parte della tecnologia: ogni nostro studente è dotato fin dal primo giorno di scuola di tablet, tavoletta grafica per la digitalizzazione dei disegni fatti a mano e computer. Siamo convinti che l’innovazione passi anche (benché non solo) dal superamento dell’utilizzo del solo libro di testo, e cioè favorendo l’autoproduzione di testi e materiali didattici da parte dei nostri docenti.

Il nostro anno scolastico normalmente è suddiviso in Unità di Apprendimento focalizzate sulla didattica rovesciata (flipped classroom) che si basa sul principio secondo cui la lezione diventa compito a casa mentre il tempo in classe è usato per attività collaborative, esperienze, dibattiti e laboratori. In questo contesto, il docente non assume il ruolo di attore protagonista, diventa piuttosto una sorta di facilitatore, il regista dell’azione didattica. Così, ad esempio, gli studenti a casa hanno a disposizione video e altre risorse digitali come contenuti da studiare, mentre in classe sperimentano, collaborano, svolgono attività laboratoriali. Un’esperienza che si è rilevata preziosa nel passaggio alla didattica a distanza, pur avendo ovviamente perso tutta la parte – fondamentale – del lavoro in classe.

Le attività che prima svolgevamo in classe sono diventate lavori svolti a casa dagli studenti, magari anche in gruppo grazie a Google classroom, piattaforma a cui siamo approdati dopo alcuni tentativi con altri servizi.

C’è da dire che già prima della pandemia le attività laboratoriali condotte a scuola si svolgevano di fronte ad un video per la natura stessa dei compiti assegnanti agli allievi del corso grafico. Pertanto, non è stato difficile trasferire il nostro modello didattico in un’organizzazione a distanza.

 

Come avete gestito i tirocini?

 

Giamila Buzzi: Fortunatamente, i tirocini previsti per i ragazzi delle classi seconde erano già terminati a fine di febbraio. Per gli altri è stato più difficile. Inizialmente li abbiamo bloccati. Poi, la Regione ha concesso la prosecuzione in modalità agile, ma solo tre degli enti ospitanti ha sfruttato questa possibilità. A quel punto siamo stati costretti a tramutare la formazione on the job in project work, basati su compiti di realtà, svolti a casa dai nostri allievi dopo un confronto con il tutor aziendale e poi valutati dall’impresa stessa al termine del lavoro.

 

Come immaginate lo svolgimento del prossimo anno formativo?

 

Giamila Buzzi: Per quanto riguarda la ripresa abbiamo utilizzato gli spazi disponibili, che fortunatamente fin dal primo anno avevamo attrezzato con banchi singoli.

Come ci auguravamo, è previsto che la didattica a distanza possa integrarsi con quella in presenza, per un massimo del 30% delle ore totali e noi utilizzeremo appieno tale opportunità, concordata con le famiglie, in quanto ci rendiamo conto che tale soluzione potrebbe porre qualche problema di conciliazione alle famiglie. Non vogliamo però perdere i lati positivi della didattica a distanza che sono stati molti e spesso riconosciuti dagli stessi alunni.

Il nostro target è composto da giovanissimi che sono abituati ad usare la tecnologia. Sembra paradossale, ma il fatto di rivolgersi ad un docente che si trovava dall’altra parte dello schermo, per molti di loro è stato utile per migliorare la qualità della relazione! Spesso dietro il disadattamento scolastico ci sono difficoltà caratteriali oppure disturbi specifici di apprendimento che rendono l’interazione verbale o scritta fonte di disagio. In questi casi, la mediazione dello schermo è stata d’aiuto per aiutare i ragazzi a partecipare più attivamente e vincere le timidezze che in presenza li trattenevano.

Inoltre, non dobbiamo dimenticarci che i nostri ragazzi sono già abituati a interagire a distanza con i coetanei: pensiamo ai giochi di ruolo che praticano quotidianamente su internet.

Detto questo è chiaro che la didattica a distanza non potrà mai sostituire del tutto la relazione in presenza, fondamento del rapporto educativo. Va però riconosciuta la sua funzione positiva.

 

Che ruolo immagina per l’istruzione e formazione professionale nel rilancio dell’occupazione e dell’economia che ci attende?

 

Giamila Buzzi: L’Istruzione e formazione professionale sarà indispensabile perché è l’unico segmento del nostro sistema educativo che sa mettersi in ascolto dei reali fabbisogni del tessuto produttivo. Dopo il Covid il lavoro necessariamente cambierà; c’è bisogno dunque di una scuola flessibile, capace di riprogrammare le proprie attività e riprogettare i propri percorsi, affinché la formazione non sia scollegata da quello che si fa nelle imprese.

 

A seguito della pandemia dovrete progettare corsi destinati alla formazione di nuove figure professionali oppure inserire nuove competenze nei profili professionali in uscita?

 

Giamila Buzzi: Dall’anno scolastico 2021/2022 aggiungeremo al corso per operatori e tecnici grafico-multimediali (rispettivamente, qualifica e diploma quadriennale) quello per diventare operatore informatico, recentemente introdotto da Regione Lombardia, proprio per formare giovani capaci di gestire le tecnologie digitali che oramai permeano il mondo del lavoro e le nostre vite. La pandemia ha dimostrato in maniera lampante come l’ambito informatico sia quello a cui deve puntare oggi la formazione.

Il tutto, ovviamente, senza mai perdere la sensibilità e la capacità di interpretare la realtà che ci circonda che da sempre è la caratteristica indispensabile per un ottimale utilizzo della tecnologia.

 

Quali sono, a suo parere, le principali criticità che limitano le potenzialità della vostra offerta formativa, e come risolverle?

 

Giamila Buzzi: Le criticità che limitato le nostre potenzialità, di cui abbiamo fatto esperienza in questi primi anni di attività (abbiamo appena terminato il primo ciclo formativo portando alla qualifica i primi 17 alunni) sono essenzialmente due:

– Il limite massimo di doti disponibili concesse da Regione Lombardia per le scuole che attivano la propria offerta formativa ex novo (15 doti anche se gli iscritti sono massimo 30)

– la lentezza e spesso l’incertezza legata ai tempi di erogazione dei finanziamenti provenienti dalla Regione Lombardia, che obbligano gli enti ad indebitarsi con le Banche per coprire i costi nel corso dell’anno.

Considerando i costi elevati che l’allestimento dei laboratori e l’organizzazione dell’offerta formativa comporta (non dimentichiamo che i corsi in diritto e dovere sono completamente gratuiti per gli alunni), questi limiti inibiscono fortemente la nostra attività.

 

Come giudica un possibile allargamento del ruolo dell’istruzione e formazione professionale agli adulti, specialmente disoccupati?

 

Giamila Buzzi: Noi l’abbiamo fatto con i ragazzi maggiorenni che provenivano da precedenti abbondoni scolastici utilizzando la leva dell’apprendistato. Trovo che l’apprendistato sia un ottimo strumento per consentire a questi giovani, ormai maggiorenni, di rientrare in percorso di studio, entrando subito in contatto con il mondo del lavoro, che è poi ciò che li motiva e li stimola a studiare per conseguire un titolo, perché li responsabilizza e garantisce loro una retribuzione minima.

Questa è senza dubbio la strada da percorrere per aumentare il tasso di scolarizzazione della nostra popolazione adulta, elemento cruciale rispetto a cui l’Italia è ancora indietro rispetto ai partner europei.

 

Perché scegliere, oggi e domani, i percorsi di istruzione e formazione professionale?

 

Giamila Buzzi: Perché nell’IeFP l’attività didattica si basa sulla pratica e sui laboratori, quello che molti giovani, spesso respinti dalla scuola, ma non per questo meno intelligenti e volenterosi, cercano.

Perché forma figure professionali molto richieste sul mercato consentendo un rapido inserimento lavorativo in diversi momenti del percorso formativo: dopo la qualifica triennale, dopo il diploma quadriennale e oltre dopo il certificato IFTS o il diploma ITS. Non obbliga, insomma, ad un percorso lungo di cinque anni, come nell’istruzione (caso unico in Europa). L’aderenza dei percorsi formativi è garantita da una progettazione didattica sensibile a quello che accade nel mondo del lavoro, resa possibile anche dalla presenza fra i docenti di numerosi professionisti attivi nell’ambito lavorativo dove si stanno formando i nostri ragazzi (nel nostro centro sono il 75% del corpo insegnante).

Oltre a ciò, l’Iefp non è più un “vicolo cieco”: tramite il raccordo fra IFTS e ITS, infatti, l’Istruzione e formazione professionale consente anche di continuare gli studi.

Da ultimo, la forte presenza di apprendimento on the job aiuta gli allievi a maturare le c.d. soft skills e a diventare più maturi e responsabili.

 

Paolo Bertuletti

Assegnista di ricerca

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

@PaoloBertuletti

 

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