Nuovo Ponte Generazionale in Regione Lombardia. Tra quali sponde?

Esattamente un mese fa, con il Decreto n. 665 del 2 febbraio 2015, Regione Lombardia ha dato il via al Nuovo Ponte Generazionale, approvando il relativo avviso con cui si dà attuazione allo schema di convenzione operativa tra Regione ed INPS.

 

Il progetto ha un impianto semplice: nelle aziende disposte ad attivarlo, e dunque ad assumere giovani, Regione Lombardia versa all’INPS «un’integrazione contributiva, a titolo di contribuzione volontaria, a beneficio dei lavoratori anziani della medesima azienda che trasformino o riducano il proprio rapporto di lavoro in part-time». In altre parole, laddove l’azienda volesse accompagnare un senior alla pensione e contemporaneamente inserire uno o più lavoratori junior, il primo può ridurre il proprio orario di lavoro e la propria retribuzione continuando a maturare per intero i contributi necessari al raggiungimento dei requisiti pensionistici.

 

Alcuni dettagli tecnici aiutano a capire la portata e la natura del progetto. Soggetti coinvolti sono lavoratori cui manchino tra i 12 e i 48 mesi per il conseguimento del diritto alla pensione e giovani disoccupati o inoccupati di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Più ristretto l’ambito di applicazione relativo alle imprese: possono accedere al programma tutte le associate ad Assolombarda o altre imprese affiliate ad associazioni del sistema confindustriale purché abbiano sottoscritto un’apposita intesa per il Nuovo Ponte Generazionale con le Parti Sindacali. Importante il requisito della positività del saldo occupazionale: confrontate le ore di lavoro in part time del lavoratore anziano e quelle relative al giovane (o ai giovani) in ingresso, il differenziale deve essere positivo. L’avviso menziona espressamente la possibilità che, per la nuova risorsa, l’azienda benefici anche degli incentivi di Garanzia Giovani o di altre misure di sostegno, mentre tace sul tipo di rapporto di lavoro da stipulare. Sono quindi compatibili anche contratti a tempo determinato (purché più lunghi del periodo di ponte), a tempo parziale (ferma restando la regola del saldo positivo) o di apprendistato.

 

Nel corso di riunioni tecniche con le rappresentanze datoriali dei territori, Regione Lombardia ha fornito ulteriori dettagli degni di nota. Anzitutto, la rinuncia da parte del senior a parte delle ore di lavoro deve essere volontaria e sottoscritta in una delle sedi protette previste per transazioni e certificazioni, mentre non costituisce requisito del progetto la corrispondente rinuncia alla retribuzione. Inoltre, pur dovendo avvenire all’interno della medesima azienda, non è richiesto che l’assunzione del giovane debba avere un qualche altro nesso con la posizione o la persona del lavoratore uscente. Potrebbe, quindi, essere accompagnata alla pensione l’anziana responsabile dell’ufficio vendite mentre il figlio prende posto tra gli impiegati dell’area marketing, come è anche ipotizzabile che un operaio anziano generico “dia il cambio” ad un apprendista conduttore di impianti automatizzati nel fiore degli anni. Tuttavia, è altrettanto possibile il caso che ai due capi del ponte vi siano due figure professionali destinate a non incontrarsi mai.

 

Questo dunque in sintesi il quadro regolatorio. Ma a questo punto sembra legittimo chiedersi: dov’è il Ponte? Il provvedimento di Regione Lombardia richiama espressamente la c.d. “Staffetta Generazionale” di cui alle Linee Guida del 19 ottobre 2012 emanate dal Ministero del Lavoro, ed è proprio la staffetta, più che il ponte, la metafora che meglio lo descrive. Sulla “Staffetta Generazionale” si sono più volte espressi numerosi e validi dubbi. Due su tutti: la meramente apparente novità ed il rischio di fraintendere la gestione di competenze di giovani ed anziani. Non è una novità e non ha nemmeno precedenti di successo: i primi esperimenti, legge Treu, 1997, hanno avuto scarsissimo seguito ed anche i più recenti hanno lasciato ben poche tracce. E, si diceva, lascia intuire che le competenze di un lavoratore a fine carriera siano sostituibili con quelle di un nuovo ingresso, quando, in realtà, anche il buon senso suggerisce che queste siano complementari.

 

Posto quindi che la scelta ultima spetta al lavoratore uscente, che tipo di utilizzo può fare l’impresa dello strumento del “Nuovo Ponte Generazionale”? Una prima ipotesi è quella di servirsene per attuare un “passaggio di consegne delicate” tra un senior ed una o più figure che prenderanno il suo posto. In questo caso, l’attività del senior, nel ridotto orario di lavoro, sarebbe soprattutto quella di curare questo passaggio, mentre il giovane in ingresso potrebbe (ma non è detto) assistere chi riceve le consegne. Stante la volontarietà della riduzione di orario, è prevedibile che il lavoratore chieda comunque il mantenimento della retribuzione piena nonostante l’orario ridotto, soprattutto se all’interno dell’organizzazione ha assunto in passato una posizione di rilievo.

Le aziende potrebbero poi cogliere l’occasione per acconsentire a spontanee richieste, da parte di lavoratori anziani, di trasformare un rapporto a tempo pieno in part time, magari per motivi di salute o assistenziali. Il provvedimento si rivela allora utile per abbassare l’età media ed evitare all’impresa i costi legati al mantenimento di una risorsa con ridotte capacità lavorative o che richiede frequentemente permessi per assentarsi. Ma non sembrerebbe questo lo spirito del “Ponte”, posto anche che tra le premesse e tra gli obiettivi dell’avviso vengono richiamati «l’invecchiamento attivo» e «la solidarietà intergenerazionale».

 

L’ipotesi più probabile, allora, è che la proposta venga raccolta da aziende fortemente sindacalizzate, quelle del settore bancario o dei trasporti ad esempio, nelle quali, tramite appositi accordi, si dia seguito ad intenzioni già individuate di assunzione con il beneplacito del lavoratore senior coinvolto nel piano. Il richiamo, poi, alla possibilità di avvalersi del sostegno di Garanzia Giovani è una buona mossa strategica per promuovere tra le aziende un programma che non è ancora decollato e che, ciò nonostante, offre ancora bonus occupazionali abbastanza appetibili.

 

Resta però un grosso dubbio su quanto sia opportuno agire sul tasso di occupazione della Regione cercando di assottigliare la forbice tra quello under 30 ed il corrispettivo over 55, suggerendo, in modo per altro non neutro e potenzialmente portatore di considerazioni opinabili, un trade-off tra le competenze di chi ha ancora da apprendere e quelle di chi ha l’età giusta per insegnare.

 

Simone Caroli

Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo

@SimoneCaroli

 

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