Nuove flessibilità nel contratto di lavoro: dai “voucher” al lavoro “agile”

Nell’ambito della legge Biagi del 2003, nella prospettiva di regolare tutte le forme di lavoro (e non solo quello subordinato), si prevedeva, accanto al lavoro a progetto (ora abrogato dal Jobs Act), un regime speciale per i pensionati e per i disoccupati di lunga durata consentendo loro di prestare una attività puramente occasionale, come nel caso di lavori domestici, di lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, di lezioni private, della raccolta della frutta o della vendemmia, stabilendo che da quel momento in poi per questi tipi di attività, che tradizionalmente erano effettuate “in nero”, si dovesse far ricorso ad una sorta di assegno prepagato, da acquistarsi facilmente, anche in tabaccheria.

Lo scopo era quello di evitare il ricorso al pagamento in contanti e, allo stesso tempo, di fare emergere attraverso questo sistema in maniera più chiara la massa di lavoro prestata “informalmente” così da determinare con maggiore precisione quanti fossero effettivamente i lavoratori disoccupati in Italia.

Il sistema era molto semplice: chi aveva bisogno della prestazione di lavoro doveva munirsi precedentemente di assegni (“buoni”, “voucher”) a sufficienza, che avrebbe poi utilizzato in ragione di un assegno per ora, per pagare il lavoratore. Questi, una volta ricevuto il buono poteva andarlo a scambiare presso i concessionari, che gli avrebbero corrisposto però solo una parte del suo valore, trattenendo poi una somma idonea a coprire le assicurazioni INAIL contro gli infortuni sul lavoro e, anche, una piccola quota da destinare all’INPS in vista di una (piccolissima) futura pensione.

La norma rimase per molti anni lettera morta, tanto che via via si introdussero sempre minori restrizioni quanto al ricorso ai lavori a voucher, sino alla formulazione attuale, conseguente alla legge Fornero del 2012, che ha liberalizzato di fatto e ammesso in ogni settore economico il lavoro “a voucher”. Gli unici limiti esistenti sono ora l’ammontare complessivo che un lavoratore può incassare (7.000 euro netti all’anno) e quello relativo al singolo committente (non più di 2.020 euro a lavoratore).

Improvvisamente, dopo queste riforma, nel giro di poco tempo, il sistema del voucher si è diffuso enormemente, tanto che nel 2015 ne sono stati staccati quasi 115 milioni, e quindi ben più del doppio dell’anno precedente, con impressionanti punte di crescita al Sud (+76%) e nelle Isole (+85,2%). Il valore del voucher, è pari a 10 euro nominali, cui corrisponde una retribuzione oraria per il lavoratore di 7,5 euro netti (mentre il resto va in premi assicurativi e pensionistici, come si è detto).

Qualcuno ha calcolato che se invece di pagare con i voucher i lavoratori, questi venissero regolarmente assunti, vi sarebbero 57mila posti di lavoro a tempo pieno in più (e circa il doppio a tempo parziale)…

 

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