Ministero del lavoro: il licenziamento disciplinare non pregiudica la fruibilità della NASpI  

Il Ministero del lavoro, con l’interpello del 24 aprile 2015, n. 13, ha risposto a due quesiti, posti dalla CISL, aventi ad oggetto la corretta interpretazione dell’art. 3, d. lgs. 4 marzo 2015, n. 22, concernente la Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI). Nel merito, i dubbi interpretativi riguardavano la compatibilità dell’istituto de quo con il licenziamento disciplinare e la fruibilità della prestazione di assicurazione sociale ad opera del lavoratore licenziato e destinatario dell’offerta economica conciliativa stabilita dall’art. 6, d. lgs. 4 marzo 2015, n. 23, sul contratto di lavoro a tutele crescenti.

 

I due predetti decreti attuativi del Jobs Act hanno rispettivamente emendato l’ASpI, introdotta con la l. n. 92/2012, nei fatti ampliando la platea dei beneficiari tramite la riduzione dei requisiti contributivi richiesti, persistendo lo stato di involontaria disoccupazione (vd. S. Spattini, I nuovi ammortizzatori sociali, in F. Carinci, M. Tiraboschi (a cura di), I decreti attuativi del Jobs Act: prima lettura e interpretazioni, ADAPT LABOUR STUDIES e-Book series, n. 37, 180 ss.; sull’introduzione dell’ASpI nel nostro ordinamento, S. Spattini, M. Tiraboschi, J. Tschöll, Il nuovo sistema di ammortizzatori sociali, in M. Magnani, M. Tiraboschi (a cura di), La nuova riforma del Lavoro, Giuffré, 2012, 344 ss.) e previsto, sia pure solo per gli assunti sotto la vigenza del d. lgs. n. 23 cit., una conciliazione “agevolata” in caso di licenziamento (su cui, per i condivisibili rilievi critici, F. Pasquini, Jobs Act e conciliazione: pochi, maledetti e subito…ma non per tutti, in F. Carinci, M. Tiraboschi (a cura di), I decreti attuativi, cit., 81 ss.).    

 

La risposta ministeriale è in entrambi casi positiva, con motivazioni che muovono da considerazioni sulla recente formulazione normativa che disciplina la NASpI. Quest’ultima, infatti, consiste in una prestazione assicurativa disposta in favore del lavoratore che, trovandosi nello stato di disoccupazione di cui all’art. 1, c. 1, lett. c., d. lgs. 21 aprile 2000, n. 181 (su cui M. Biagi, M. Tiraboschi (continuato da), Istituzioni di diritto del lavoro, Giuffré, 2012, 244 ss.), abbia maturato almeno tredici settimane di contribuzione nel quadriennio precedente l’inoccupazione e svolto trenta giornate di lavoro effettivo nell’anno anteriore a detta condizione (art. 3, c. 1, lett. b e c, d. lgs. n. 22 cit.). A riguardo, il Ministero nota come la novella del 2015, lungi dall’indicare, a differenza del 2012, le tassative esclusioni alla percepibilità della prestazione assicurativa in parola, si sia preoccupata maggiormente di disciplinarne le inclusioni: in ragione di ciò, conclude il Ministero, il licenziamento disciplinare ben può rientrare nelle fattispecie di disoccupazione involontaria previste dalla normativa per poter beneficiare della NASpI.

 

A sostegno delle proprie argomentazioni, il Ministero richiama la precedente risposta contenuta nell’interpello del 23 ottobre 2013, n. 29: ivi, infatti, rispondendo ad un quesito sulla coniugabilità dell’ASpI con il licenziamento disciplinare, ha applicato analogicamente il ragionamento svolto dalla Corte Costituzionale nella sentenza del 3 dicembre 2001, n. 405 sulla percepibilità dell’indennità di maternità anche in caso di licenziamento disciplinare, individuando nella risoluzione del rapporto di lavoro per motivi disciplinari una risposta dell’ordinamento di per sé adeguata e valutando quindi la negazione della prestazione assicurativa un’eccessiva punizione in danno del lavoratore.

 

Oltretutto, sempre il predetto interpello n. 29 – la cui motivazione è integralmente fatta propria dalla risposta in commento –, evidenzia come, a mente della sentenza del 25 luglio 1984, n. 4382 della Cassazione, il licenziamento non sia un esito automatico del procedimento disciplinare, costituendo semmai una prerogativa datoriale: ne deriva, quindi, che difettando l’evento prevedibile ex ante, non può essere equiparato ad uno stato di disoccupazione volontaria, fermo restando che l’eventuale riforma del licenziamento a seguito di sua impugnazione da parte del lavoratore renderebbe iniqua la negazione della prestazione assicurativa in suo favore.

Del resto, conclude il Ministero, la circostanza per cui l’Inps, pur occupandosi in più occasioni dei requisiti e/o beneficiari dell’ASpI (cfr. circolari 14 dicembre 2012, n. 140, 18 dicembre 2012, n. 142 e del 22 marzo 2013, n. 44), non abbia mai espressamente citato i casi di licenziamento disciplinare, depone per l’esclusione dell’incompatibilità di quest’ultimo con la prestazione in parola.

 

Con riferimento alla possibilità per il lavoratore di usufruire della NASpI in caso di conciliazione agevolata a seguito di licenziamento recentemente introdotta dall’art. 6, d. lgs. n. 23/2015, il Ministero – precisato che trattasi di una procedura facoltativa avviabile dal datore di lavoro, la quale, se svolta nelle sedi menzionate dall’art. 2113, c. 4., c.c., a fronte del pagamento tramite assegno circolare di una somma non assoggettata ad imponibile contributivo e fiscale, risolve il rapporto lavorativo alla data del licenziamento, la cui impugnazione va intesa quale implicitamente rinunciata, ove proposta – rileva come l’accettazione della somma de qua non muti il titolo della risoluzione del rapporto. Quest’ultima, pertanto, avendo sempre la causa giuridica nel licenziamento, non osta alla percezione della NASpI.

Accanto alla riportata motivazione di diritto posta a sostegno della risposta ministeriale al secondo quesito, ne è tuttavia ravvisabile un’altra, consistente nell’intenzione di non pregiudicare la percorribilità del nuovo rimedio normativo – volto alla deflazione del contenzioso a seguito di licenziamento – che una differente risposta avrebbe potuto prevedibilmente ostacolare, privando la conciliazione “agevolata” di quella convenienza che il legislatore ha voluto esplicitamente attribuirle.

 

Giovanna Carosielli

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Bergamo

@GiovCarosielli

 

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