L’uso distorto di Garanzia Giovani e il boom dei tirocini

Stage a rotazione per coprire carenze di organico. Muratori, manovali, commessi, baristi, addetti alle pulizie domestiche. Le aziende — sfruttando i contributi dell’Ue — pagano per ogni tirocinante 150 euro al mese. Il resto lo mette l’Europa, tramite le regioni che compartecipano al rimborso spese dello stagista.

Il programma governativo Garanzia Giovani — a tre anni e mezzo dal suo avvio — è ancora un cantiere aperto. Alle prese con una sfida titanica: reinserire, accompagnare nel mercato del lavoro quei 2,5 milioni di Neet (giovani che non lavorano, né sono impegnati in un percorso di studi) fuori dai radar.

Numeri non troppo lusinghieri, anche se sono aumentate le “prese in carico” di Garanzia Giovani. Ormai oltre un milione di giovani ha svolto il colloquio conoscitivo. Si sono accorciati anche i tempi di risposta per segnalare posizioni aperte delle aziende, che inizialmente erano sembrate refrattarie all’uso del programma e ora invece sono state coinvolte.

Il rischio principale, segnala l’associazione Adapt guidata dal giuslavorista Michele Tiraboschi, è che Garanzia Giovani stia assumendo forme distorte. «Che finiscono persino per incentivare le imprese a non assumere, perché sono disponibili giovani in stage con i soldi dell’Unione europea anche per posizioni che prevedono esperienza pregressa e scarsa valenza formativa», dice Francesco Seghezzi, direttore della fondazione Adapt…

 

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