L’officina del gruppo di lavoro sulla semplificazione: un commento dall’interno

Negli ultimi giorni del novembre 2013 Pietro Ichino e Michele Tiraboschi hanno promosso una iniziativa volta alla redazione di un disegno di leggeche, armonizzando le idee contenute nel Codice semplificato del lavoro predisposto da Pietro Ichino e nello Statuto dei lavori elaborato da Michele Tiraboschi e Marco Biagi, potesse realizzare una effettiva semplificazione delle regole del lavoro in grado di raccogliere consensi bipartisan.
 
Il Prof. Tiraboschi mi propose di fare da coordinatore dei lavori di questo ambizioso progetto su una carrozza di uno shinkansen, dopo un convegno internazionale su lavoro e catastrofi naturali, di ritorno verso Tokyo dove svolgevo allora un periodo di ricerca. Intuendo la portata dell’impresa accettai subito di buon grado, lui mi ringraziò e mi disse che ci saremmo poi organizzati. Dopo poco lo accompagnai in albergo e mi avviai verso casa. Camminando tra le straordinarie luminarie natalizie di Ginza non prestavo particolare attenzione al mio cellulare, così che quando lo tornai a guardare rimasi assolutamente stupefatto dalla mole di e-mail, inoltratemi da Tiraboschi, inviategli da persone che, nell’arco di poche ore dalla comunicazione che lanciava il progetto, avevano già manifestato con grande entusiasmo la propria volontà di partecipare.
 
A questa impresa hanno infatti aderito attivamente oltre duecento esperti, portatori di diversi interessi, che, su una piattaforma virtuale gestita dalla associazione di ricerca ADAPT, hanno collaborato volontariamente e gratuitamente, animati solo dalla genuina volontà di dare un apporto concreto al futuro del lavoro in Italia. È stato interessante notare come l’entusiasmo iniziale non fosse che una piccola parte della passione dimostrata poi durante i lavori.
 
La prima fase del progetto ha visto i partecipanti confrontarsi in 44 differenti forum tematici di discussione, alimentati da più di 500 interventi, volti ad individuare le principali criticità che caratterizzano il mercato del lavoro italiano ed a trovare punti di convergenza per risolverle.
 
I partecipanti si sono visti concordi nella redazione di un testo semplificato che regoli il lavoro all’interno del Codice Civile, riconducendo poi alcune materie a “testi unici” (quali ad esempio salute e sicurezza degli ambienti di lavoro, apprendistato, somministrazione, ammortizzatori sociali e incentivi) e disponendo la abrogazione di tutto quanto non rientra nel nuovo Codice e nei (pochi) testi unici tematici.
 
Una tale impostazione dovrebbe essere idonea a garantire la corretta interpretazione del diritto del lavoro e dovrebbe di conseguenza condurre alla eliminazione delle circolari interpretative.
 
Riguardo alle forme contrattuali è stato particolarmente interessante notare come sia stata generalmente condivisa una idea coraggiosa, che riprende il pensiero di Marco Biagi, di procedere verso un contratto personale che consenta, all’interno di parametri di garanzia minimi, una modulazione del patto tra datore di lavoro e prestatore d’opera, la cui libera volontà viene garantita da apposita procedura di certificazione presso le commissioni di certificazione, la cui disciplina è stata semplificata e collocata all’articolo 2129-bis.
 
Tale tendenza muove probabilmente dalla condivisa necessità di revisione della categoria della parasubordinazione che ha creato eccessivi contenziosi e, più in generale, della necessità di rivedere i confini tra il lavoro subordinato ed il lavoro non subordinato. In tal senso è stata quindi apprezzata la possibilità di classificare i lavoratori in subordinati e dipendenti (articolo 2094) e di modulare le tutele in modo da garantire una soglia minima di protezione a tutti i rapporti aventi per oggetto una attività lavorativa, un esempio di ciò è la introduzione del salario minimo legale.
 
A livello contrattualistico è stato inoltre considerato fondamentale adattare le vecchie norme alle nuove esigenze produttive ed alle nuove tecnologie utilizzate dalle imprese, da qui il rilancio del telelavoro di cui all’articolo 2123.
 
Riguardo alle assunzioni con contratto a termine sono state molteplici le richieste di chi riteneva opportuno lasciare che la prima assunzione avvenga senza la dichiarazione di una motivazione, prevedendo però una indennità di cessazione. Nel testo del Codice è stato poi previsto che la stessa indennità non debba invece essere corrisposta se l’assunzione è fondata sulle motivazioni tipiche di cui al secondo comma dell’articolo 2097.
 
Si è poi trovata volontà comune nel continuare a puntare sull’apprendistato, già regolato da apposito testo unico, al quale potrebbero essere apportati alcuni correttivi. Riguardo alla formazione è emersa unanime la necessità di modificare l’articolo 117 della Costituzione per superare la competenza regionale che comporta eccessive differenze normative. Sono inoltre state proposte idee interessanti che potranno essere valutate in un eventuale momento successivo in cui si andrà a discutere su come migliorare le materie presenti nei testi unici. Tra gli spunti più interessanti si segnala la possibilità dello svolgimento della formazione trasversale da parte dei giovani iscritti ai centri per l’impiego precedentemente all’ingresso in azienda; la destinazione delle sanzioni per la mancata formazione ad un fondo per lo sviluppo dell’apprendistato volto alla promozione della conoscenza dell’apprendistato tramite la diffusione di buone prassi; la possibilità di indicare come tutor un professionista iscritto ad un albo; la previsione per legge degli aspetti quali la durata, il periodo di prova ed il sottoinquadramento; il recesso libero al termine di ogni anno oltre che la estensione anche alle professioni ordinistiche.
 
Si è inoltre ritenuto opportuno occuparsi dei lavoratori impiegati nelle filiere contrattuali che, indipendentemente dal contratto di lavoro con cui vengono assunti, rischiano di subire pregiudizi dalla dissociazione imprenditoriale. Sono pertanto state estese le tutele derivanti dalla disciplina della responsabilità solidale già operanti per i lavoratori impiegati nell’ambito di un contratto di appalto anche ad altre tipologie contrattuali volte a realizzare forme di esternalizzazione diverse dall’appalto.
 
Riguardo al diritto processuale del lavoro si sono sollevate molte voci a favore della abrogazione del  rito introdotto per la impugnazione dei licenziamenti (c.d. rito Fornero) e l’aggiornamento del modello processuale del 1973. Mentre già nel codice sono stati forniti gli strumenti che dovrebbero consentire un rilancio dell’arbitrato e la promozione di metodi alternativi di risoluzione delle controversie ritenuti una possibile soluzione concreta all’annoso problema dei contenziosi lavoristici.
 
Riguardo i temi di salute e sicurezza, si è confermato il testo unico di cui al decreto legislativo n. 81/2008 e sono state inoltre avanzate ipotesi per una concreta applicazione dello schema statunitense che prevede un massiccio uso dell’experience rating (anche tramite la diffusione del sistema di patente a punti, già prevista in edilizia, ed in generale del sistema di qualificazione delle imprese) e del sistema di denuncia delle condotte illecite c.d. whistleblowing.
 
Anche riguardo all’area ispettiva e sanzionatoria sono emerse prospettive interessanti nell’ottica di un testo unico. Una delle proposte più condivise è stata la abolizione dei servizi ispettivi degli enti previdenziali e la creazione di un agenzia unica di controllo in materia di lavoro nella quale confluiscano tutti i funzionari di DTL-INAIL-INPS con analoghe competenze e poteri di p.g.
 
Infine, posta la bontà dello strumento di cooperazione virtuale sono state formulate anche proposte per semplificare i rapporti di lavoro collettivi, sebbene si sia deciso di affrontare tali tematiche in un secondo momento. Si rileva in generale la tendenza allo spostamento del baricentro della contrattazione di settore dal livello nazionale al livello territoriale (regionale), mentre per le aziende di grandi dimensioni e multilocalizzate potrebbe essere fatto valere il contratto collettivo di gruppo alternativo al contratto collettivo di settore (territoriale). Inoltre potrebbe esservi la equiparazione degli accordi aziendali privi di sindacato ove stipulati tra l’azienda e la maggioranza dei lavoratori presso la DTL o sottoposti a procedure di certificazione così che venga garantita la volontà dei lavoratori alla stipula del contratto e valutata la legittimità ed il rispetto dei diritti inderogabili. Si ritiene in ogni caso necessaria una semplificazione e riduzione dei contratti collettivi da raggiungere tramite mappatura dell’utilizzo “reale” dei singoli CCNL.
 
Senza la pretesa di essere riuscito in poche righe a trasmettere la bontà degli spunti emersi dal dibattito sull’area di cooperazione, la nostra officina di lavoro, mi pare comunque che queste idee siano sufficienti a dimostrare come per creare il diritto del lavoro del futuro sia importante mettersi in gioco e accettare liberamente il confronto evitando tanto le prese di posizioni aprioristiche quanto la mera critica distruttiva di qualunque tentativo, per quanto perfettibile, di entrare nel nuovo millennio con regole adeguate ai cambiamenti in atto e oramai irreversibili nei modi di lavorare e produrre.
Il tempo degli alibi è finito, cambiare il diritto del lavoro oggi si può.
 
Gabriele Gamberini
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
@G_Gamberini
 
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