L'Italia rilanci in Europa le politiche per l'occupazione

L’avvio del semestre europeo a presidenza italiana dovrebbe portare buoni auspici, se si considera, nonostante le critiche dei molti detrattori, l’indubbio successo riportato con la nomina di una giovane donna italiana alla guida della politica estera e a una delle vice-presidenze della Commissione. Il probabile ridimensionamento del ruolo affidato all’Alto Rappresentante per la Politica Estera nella nuova squadra proposta da Junker è controbilanciato dall’espansione delle sue competenze, che ora includono commercio e immigrazione. Resta il dubbio che in un nuovo gioco di coordinamento a più mani di delicati dossier possano essere marginalizzate alcune politiche fra queste le politiche sociali e dell’occupazione e che sia per così dire neutralizzato il potere d’impulso di ciascun vice-presidente.
 
L’orgoglio nazionale dovrebbe, a questo punto, essere sollecitato a salire ancora più in alto, conquistando con più visibilità e con urgenza la scena del semestre in corso e rilanciando un ruolo propulsivo dell’intera Commissione sui temi dell’occupazione e della crescita. Il vice-presidente italiano in pectore può incidere nella predisposizione dell’agenda politica e favorire la convergenza verso obiettivi di crescita, nella consapevolezza che una proiezione autorevole dell’Ue al di fuori dei suoi confini è legata a una più spinta coesione degli Stati membri nell’attuazione di politiche condivise al suo interno.
 
A questo riguardo serve segnalare che, consapevole delle difficoltà nell’adottare nuove misure legislative per il lavoro e l’occupazione, la Commissione è stata particolarmente attiva nel promuovere strumenti di cooperazione rafforzata tra gli Stati membri, che non comportano l’armonizzazione.
 
È il caso di una Decisione, recentemente adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio, istitutiva di una rete europea di servizi per l’impiego, in ottemperanza a uno degli obiettivi strategici posti da “Europa 2020”, il documento programmatico che dal 2010 ispira le strategie di crescita e di sviluppo sostenibile.
 
La scelta è di valorizzare servizi per l’impiego decentrati sul territorio, per favorire l’alternanza scuola lavoro, l’incrocio fra richieste delle imprese e creazione di nuovi profili professionali, l’accesso a percorsi individualizzati di formazione professionale.
 
Chi entrerà a far parte della rete europea dovrà essere munito di nuove competenze e reinterpretare interpretare in modo propulsivo la funzione dell’avvio al lavoro, dovrà insegnare ai giovani come si cerca lavoro in un mercato integrato, in cui mutano costantemente le esigenze delle imprese e dei prestatori di servizi. Per tirare le fila di questo esperimento si segnala la scadenza del 2020.
 
In Italia, più che altrove, serve investire nella professionalità di chi entrerà nella rete europea. Questa scelta è strategica, oltre che di massima urgenza. L’accesso alla mobilità deil lavoratori dovrebbe legarsi anche all’utilizzo di fondi europei, destinati a migliorare le performance dei servizi per l’impiego. La misurazione dell’efficienza si lega al benchmarking della Commissione, basato su indicatori che la Commissione stessa può modificare con atti delegati, ovvero ponendo in essere su delega delle altre istituzioni dell’Ue misure immediatamente operative, flessibili e legate a circostanze mutevoli.
 
La Decisione, indirizzata agli Stati membri, è un atto vincolante, che obbliga gli stessi al raggiungimento degli obiettivi indicati. Perché non chiedere al vice-presidente italiano della Commissione di sfruttare la platea del semestre in corso e mostrare i nessi che le politiche di sostegno all’occupazione hanno con altre politiche europee? Perché non affidare a un pragmatismo femminile una richiesta di chiarezza su quali e quanti fondi europei possono essere destinati a valorizzare la rete dei servizi per l’impiego? Perché non procedere subito, già nel vertice di ottobre che l’Italia ospiterà, a far partire questo nuovo strumento operativo?
 
Su questo terreno si coglie un’altra sfida. I negoziati sul Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership) prevedono la mobilità dei lavoratori e delle imprese, per creare crescita e occupazione. Su quali presupposti si stanno svolgendo questi negoziati? Quali soggetti pubblici e privati saranno i promotori di nuove iniziative e quali attività saranno privilegiate nel libero scambio transatlantico?
 
Il vice-presidente della Commissione dovrà dialogare con Commissari attenti nel preservare le prerogative di un mercato europeo flessibile e rispettoso dei diritti fondamentali. Un compito che si addice a una donna esperta di relazioni internazionali e sensibile alla cultura delle grandi organizzazioni che rappresentano gli interessi dei cittadini europei. Ecco perché una prospettiva che valorizzi la formazione professionale è cruciale anche nella dimensione extra-europea.
 
 
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