Annamaria Furlan "Le regole non bastano, per la svolta serve innovazione e ricerca"

Segretario Furlan, cosa suggerisce per raddrizzare il legno storto della disoccupazione?
«Da Napoli in giù non c’è alta velocità, la banda larga è una perfetta sconosciuta, l’energia costa ovunque il 30 per cento in più del resto d’Europa. Del vecchio programma di fondi europei, quello che scade l’anno prossimo, abbiamo ancora da spendere 18 miliardi di euro, 13 dei quali dedicati al Sud. Si discute molto di Jobs Act, poco dei cambiamenti strutturali che possono far ripartire la crescita e l’occupazione».
 
Non crede che la riforma del mercato del lavoro aumenterà gli occupati?
«Non in modo rilevante. La svolta può arrivare da altro: innovazione, ricerca, istruzione, trasporti, tutela ambientale, risparmio energetico. Bisogna fare di tutto per usare fino in fondo i fondi che l’Europa ci mette a disposizione concentrando gli sforzi in una agenzia nazionale».
 
Segretario, la sua ricetta è nota: usare la leva pubblica nella speranza che riparta la domanda interna. Ma non le viene il dubbio che ci sia un grave problema dal lato dell’offerta? Non crede che l’Italia sia anzitutto soffocata da corporazioni, mercati chiusi, scarsa concorrenza?
«Le liberalizzazioni in Italia sono state fatte sempre male e in modo parziale. Negli anni novanta abbiamo sostituito a monopoli pubblici monopoli privati. Per far ripartire il Paese oggi occorre incidere anzitutto sulla domanda interna, magari cercando le risorse nei tanti sprechi della spesa pubblica. All’inizio il governo Renzi sembrava voler puntare molto su questo, ora non lo so più».
 
Lei critica il Jobs Act eppure avete deciso di non scioperare con la Cgil. Di lotta e di governo?
«Abbiamo indetto uno sciopero, oggi, nel settore pubblico, e la ragione è contrattuale: i dipendenti pubblici non hanno un rinnovo da sei anni che equivale ad una perdita di potere d’acquisto fra i duemila e i quattromila euro l’anno. Nei tre giorni successivi faremo altrettante manifestazioni per spiegare le nostre proposte».
 
Sta dicendo che voi a differenza della Cgil non fate politica. così?
«Oggi più che urlare bisogna avere la capacità di proporre».
 
La manovra riduce le tasse sul lavoro. Non è una misura a favore dell’occupazione?
«Ci piacciono sia la defiscalizzazione che la decontribuzione per i nuovi assunti. Ci convince la conferma degli ottanta euro. Non ci piacciono il raddoppio delle tasse sui fondi pensione, le norme sul Tfr e i tagli ai patronati: svolgono un servizio essenziale per chi non può permettersi un commercialista. E poi va cambiata la legge Fornero».
 
Cioè la legge che ha messo in sicurezza i conti previdenziali delle prossime generazioni.
«Quella legge non va bene perché non riconosce la differenza fra lavoro e lavoro. Occorre allargare la platea dei lavori usuranti. Pensare che a 65-67 anni si possa ancora salire su una impalcatura o in cima a una gru è impensabile».
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Annamaria Furlan "Le regole non bastano, per la svolta serve innovazione e ricerca"
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