Le problematiche relative al distacco comunitario: il caso Belga

Dio usa le guerre per insegnare la geografia alla gente. Se lo studio della geografia affiancasse l’approfondimento degli eventi storici, sarebbe probabilmente più facile notare come, molto spesso, la posizione geografica di una città, un Paese o un continente, li favorisca o ne condizioni l’andamento. Chissà che i Belgi non abbiano ricordato l’efficace osservazione dello scrittore americano Ambroise Gwinnett Bierce per spiegare le invasioni al proprio territorio nazionale che, a partire dai Romani fino alla seconda guerra mondiale, si sono succedute quasi senza soluzione di continuità, grazie anche alla placida successione di territorio pianeggiante, alla persistente rivalità tra Francesi e Tedeschi posti ai propri confini ed ad una solidarietà nazionale indebolita dalle differenze tra Valloni e Fiamminghi.

 

Tuttavia, nel corso degli ultimi anni, il territorio belga sembra aver conosciuto un altro tipo di occupazione, più sublimata ma non per questo meno significativa, caratterizzata dall’arrivo di numerosi lavoratori europei, i quali, a partire dagli anni ’90 – quando la direttiva distacchi era stata da poco emanata – sono stati inviati soprattutto nei pressi del porto di Anversa, che ospita l’importante polo petrol-chimico, per effettuare la revisione degli impianti ivi situati. Ampio risalto ha ricevuto, all’epoca, la presenza di numerosi cittadini brasiliani – con cittadinanza portoghese – in possesso di falsi documenti A1, rinvenuti grazie alla cooperazione franco-belga negli accertamenti ed alla collaborazione della filiale belga di una grossa multinazionale francese del petrolio nella comunicazione delle aziende che operavano la manutenzione degli impianti.

 

Le verifiche del personale ispettivo hanno messo in luce un sofisticato sistema di aggiramento della normativa europea, consistente nell’invio in Belgio di lavoratori polacchi assunti da una fittizia impresa olandese, non svolgente alcuna attività nel Regno Unito pur avendovi la sede legale e limitatasi ad ingaggiare ed inviare i lavoratori – sottostanti alla normativa sociale e fiscale britannica – nei cantieri. E’ il famigerato fenomeno delle cosiddette letterbox companies, ovverosia imprese “casella postale”, del tutto inattive e prive di ogni tipo di struttura e dotazione aziendali – al netto di una stanza con telefono adibita a sede legale ed una casella postale, appunto – costituite al solo scopo di far figurare una prestazione transnazionale di servizi idonea a simulare la sottostante fornitura di manodopera realizzata.

 

All’evoluzione del sistema elusivo della normativa comunitaria inderogabile ha fatto seguito un affinamento delle attività di sensibilizzazione sindacale e di accertamento. Le prime, infatti, appaiono particolarmente efficaci essendo emerso che la maggior parte dei lavoratori distaccati – in Belgio come altrove – quasi mai riceve sufficienti informazioni sulle condizioni giuridiche e normative relative al proprio distacco, subendo quindi un’inevitabile compressione delle prerogative loro riservate, posto che un’efficace difesa dei diritti ne presuppone necessariamente la conoscenza. Così, alcune organizzazioni sindacali belghe, consapevoli della difficoltà, linguistica ed operativa, di parlare con i lavoratori nei cantieri in cui sono distaccati, si sono poste il problema di raggiungerli in modo capillare, sia prima della partenza dal Paese di origine, sia quando si trovano all’estero. Gli sforzi in questo senso si sono materializzati nella redazione, pubblicazione e diffusione, anche tramite i social network, di volantini ed opuscoli, redatti nelle lingue dei Paesi di maggior provenienza dei lavoratori – polacco, portoghese e rumeno – e riportanti le informazioni essenziali sulle caratteristiche di un autentico distacco comunitario.

 

Tuttavia, poiché la situazione effettiva (l’essere) può discostarsi in modo sensibile dalla disciplina teorica (il dover essere), un’organizzazione sindacale del settore edile sta elaborando un progetto, denominato QUIZ, da sottoporre ai lavoratori distaccati e composto di otto-dodici domande a risposta multipla sulle più comuni situazioni riscontrabili nella loro situazione, fra cui cosa fare nell’eventualità di un infortunio, l’ammontare della retribuzione, i costi di vitto ed alloggio. In questo modo, da un lato è possibile saggiare il livello di conoscenza della normativa da parte dei lavoratori distaccati – che nel rispondere in forma anonima al questionario si rendono immediatamente conto della correttezza e completezza informative ricevute prima della loro partenza – dall’altro stabilire un primo contatto con loro, superandone l’iniziale ritrosia in favore di una maggiore apertura dovuta alla consapevolezza di avere più diritti di quanto credano e/o abbiano detto loro.

 

Per quanto attiene all’accertamento, il Belgio ha elaborato una serie di rimedi di tipo amministrativo-ispettivo piuttosto efficaci: innanzitutto, occorre menzionare l’ottimo sistema «Limosa», consistente in un unico portale web – all’indirizzo www.limosa.be – cui dal 1° gennaio 2007 occorre preventivamente accedere per comunicare i dati dell’operazione e le generalità del lavoratore subordinato, autonomo, ovvero stagista che, fatte salve alcune eccezioni, si rechi temporaneamente in Belgio per lavorare e che quindi non è soggetto al relativo sistema di sicurezza sociale. Fermo l’obbligo del cliente e/o committente di segnalare alle autorità competenti l’eventuale presenza, nel proprio cantiere, di un lavoratore sprovvisto della «dichiarazione Limosa», l’osservanza di detto adempimento è incentivata esonerando chi lo effettua da altri oneri di tipo amministrativo.

 

Altresì, il personale ispettivo belga può accedere ad una banca dati per reperire le informazioni di carattere fiscale, contributivo e sociale di cui ha bisogno, inserendo in una sorta di black list ad uso interno i nominativi delle aziende che non collaborano agli accertamenti e/o che propongono offerte commerciali ad un prezzo così basso da rendere più che fondato il sospetto che stiano lucrando su un non consentito abbattimento del costo del lavoro. Esemplificando, un ispettore del lavoro operante nella regione della Vallonia potrebbe acquisire immediatamente informazioni relative ad un’azienda inserite da un suo collega che l’ha ispezionata in un’altra città, decidendo in questo modo di verificare se la medesima azienda reiteri i contegni scorretti anche in altre regioni del Belgio.

In ogni caso, la novità più significativa riguarda la responsabilità solidale per le retribuzioni dei lavoratori impegnati nell’esecuzione di appalti e/o di prestazioni transnazionali di servizi, con riferimento ad un maggiore e responsabile coinvolgimento dei committenti, sia pubblici sia privati.

 

In merito ai primi, essendo stato notato che l’affidamento di lavori ad aziende che, in nome di un contenimento dei costi, non sempre sono in regola con le retribuzioni e/o i contributi dei propri dipendenti, è stata introdotta la responsabilità solidale anche per i soggetti pubblici che affidano i lavori, nei fatti inducendo questi ultimi ad informarsi, prima della conclusione del contratto, su quali atteggiamenti virtuosi è opportuno adottare onde evitare successive esposizioni ad altrui inadempimenti di obblighi di legge: fra questi, merita di essere segnalata la comunicazione, a cadenza mensile, che i committenti pubblici nazionali comunicano agli organi di vigilanza in occasione di lavori concessi in appalto e/o subappalto, nei fatti facilitando l’attività di verifica della correttezza giuridica dell’operazione e ponendosi nelle condizioni di adottare provvedimenti d’urgenza – quali, ad esempio, la sospensione del pagamento del corrispettivo maturato dall’affidatario – nel caso di constatate inosservanze segnalate dal medesimo ispettore.

 

Per quanto attiene alla responsabilità solidale dei committenti privati, è allo studio un meccanismo che dovrebbe consentire a questi ultimi di verificare l’avvenuto versamento, ad opera degli appaltatori, delle retribuzioni corrisposte ai lavoratori occupati nell’esecuzione delle prestazioni, estendendo il meccanismo già previsto per i profili contributivi e fiscali: accedendo ad un sito, infatti, il committente potrebbe verificare la correttezza del proprio fornitore anche sotto il profilo retributivo, evitando di esser chiamato a rispondere delle retribuzioni di lavoratori altrui dopo aver saldato l’appaltatore, successivamente rivelatosi inadempiente.

 

Pensando che in Italia non esiste alcuna comunicazione preventiva per i lavoratori distaccati, che la responsabilità solidale per i trattamenti retributivi e contributivi è stata recentemente esclusa per la P.A. e che i committenti privati in alcun modo possono verificare, in modo attendibile, l’affidabilità dei propri appaltatori/subappaltatori, viene da concludere che la distanza che separa il Belgio dal BelPaese non è solo di tipo geografico. Purtroppo.

 

Giovanna Carosielli

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Bergamo

@GiovCarosielli

 

Scarica il pdf  pdf_icon

Le problematiche relative al distacco comunitario: il caso Belga
Tagged on: