Le parole del lavoro: un glossario internazionale/15 – L’evoluzione del concetto di “sanzione” nell’ispezione del lavoro comparata

Un recente studio dell’Organizzazione internazionale del lavoro (M. L. Vega, R. Robert, Labour Inspection Sanctions: Law and  practice of national labour inspection systems, in www.ilo.org/publns) offre l’occasione per approfondire la nozione di sanzione (sanction) nel contesto comparato dell’ispezione del lavoro.
 
Com’è noto, in Italia, il concetto di sanzione è storicamente connesso ad una reazione punitiva dell’ordinamento a fronte della commissione di un illecito. Quindi, la tradizionale concezione risponde ad una logica puramente repressiva. Ed esclusivamente in questo senso è stata accolta nel nostro sistema, anche nell’ambito delle attività ispettive del lavoro, sino a quando sono stati introdotti gli strumenti della prescrizione, in ambito penale (d.lgs. n. 758/1994), e della diffida (d.lgs. n. 124/2004), in quello amministrativo. Entrambi gli strumenti, pur all’interno del modello repressivo tuttora dominante, hanno determinato un mutamento concettuale dei caratteri della sanzione, aggiungendo, alla classica funzione repressiva, la funzione premiale ed incentivante. I nuovi istituti citati non si limitano a reprimere condotte illecite comminando sanzioni al trasgressore, ma promuovono comportamenti improntati alla legalità (compliance), stimolando l’autore delle infrazioni con riduzioni di pena.
 
Peraltro, anche a livello comparato la discussione appare molto aperta, come dimostra il citato studio dell’OIL. In generale, ormai si ammette che le sanzioni tradizionalmente intese sono solo uno dei mezzi a disposizione delle pubbliche autorità, al fine di scoraggiare condotte contrarie alla legge. Ciò perché è maturata la consapevolezza che la tipica misura repressiva, sebbene tuttora necessaria, non è più sufficiente o sempre adeguata al raggiungimento dello scopo dissuadente. In questo ordine di idee, sul piano dell’effettività e della deterrenza, le sanzioni devono non solo essere proporzionate ed adeguate – e percepite come tali dai consociati –, ma devono anche essere affiancate da procedure snelle e da misure di prevenzione delle condotte non conformi alla legge.
 
Sul fronte repressivo, sono state introdotte, allora, nuove misure, che incidono sugli interessi economici delle imprese, come il divieto di partecipare a gare pubbliche, la revoca di sussidi ed agevolazioni economiche, il ritiro di licenze commerciali come in Gran Bretagna, Ungheria, Portogallo. In alcuni paesi, come Danimarca, Portogallo e Spagna, viene pubblicizzata sul web l’identità del trasgressore, come misura rafforzativa della sanzione comminata.
In alternativa alle sanzioni si riscontrano anche misure positive, che assicurano, in funzione incentivante, benefici alle imprese che dimostrano condotte conformi alla legge; si pensi alla riduzione dei premi assicurativi per le aziende che contribuiscono ad iniziative di prevenzione degli infortuni sul lavoro, come nel caso della Spagna.
In Belgio, al datore di lavoro può essere imposta una sanzione (contribution for the common good), il cui importo può essere detratto dalle imposte dovute, se le violazioni accertate vengono rimosse, come nel caso di denuncia alle autorità di lavoratori non preventivamente dichiarati. Qui emerge la funzione “ripristinatoria” del provvedimento punitivo: non più solo risposta fine a sé stessa dell’ordinamento, ma recupero, laddove possibile, dell’interesse leso dall’infrazione. L’analogia con l’istituto italiano della diffida (art. 13, d.lgs. n. 124/2004) appare evidente.
 
Si registrano anche iniziative di prevenzione, di carattere formativo o informativo, che esulano peraltro dal concetto di sanzione, come seminari, convegni, workshop dedicati al tema della legalità; in questo ambito, molto attivi sono paesi come Cile e Singapore. L’utilità di tali iniziative può essere ben apprezzata ove si consideri che, secondo il menzionato studio dell’ILO, il principale fattore dell’ineffettività del sistema repressivo è dato dalla mancanza di conoscenza, da parte delle imprese e dei lavoratori, delle norme in materia di lavoro e del ruolo degli ispettori. Anche una recente Risoluzione del Parlamento europeo, dedicata all’ispezione del lavoro, sottolinea tale aspetto: «il massimo impatto in termini di miglioramento delle condizioni di lavoro si ottiene mediante attività di prevenzione e d’ispezione ben coordinate fin dall’inizio, anche attraverso un’opera di informazione e consulenza al datore di lavoro» (Risoluzione del 14 gennaio 2014).
 
Inoltre, vi sono iniziative dirette, più che ad introdurre alternative alle sanzioni tradizionali, alla deflazione del contenzioso giurisdizionale. L’esempio più illuminante in tal senso è offerto dagli accordi conciliativi che in Australia gli ispettori del lavoro possono stipulare con aziende indiziate di aver commesso violazioni. L’accordo viene concluso, in forma scritta, tra l’azienda ed il Fair Work Ombudsman. Nel relativo contenuto sono specificati gli impegni, gli obblighi e i divieti che l’azienda si assume, come ad esempio, la partecipazione ad un programma di apprendimento di comportamenti conformi alla legalità, progetti di riabilitazione per i dirigenti che hanno violato la legge, e così via. In caso di violazione dell’accordo, questo è impugnato innanzi al giudice. L’istituto australiano presenta significative similitudini con la nostra conciliazione monocratica di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 124/2004.
 
Vi è poi il capitolo dedicato ai codici di comportamento per le imprese. In Oman, ad esempio, le imprese sono divise in sette classi, in base al loro grado di osservanza della legge. Il livello migliore, denominato Green Card status, assegna al beneficiario una serie di agevolazioni amministrative, ad esempio in tema di permessi di soggiorno per lavoratori migranti. Tale status viene negato, o revocato, se durante una visita ispettiva sono rilevate violazioni non sanate. La Giordania adotta un sistema analogo, con il “Golden List” project.
 
Per schematizzare, si può affermare di assistere, sia a livello nazionale che comparato, ad un mutamento sostanziale del concetto di sanzione: da mera reazione ordinamentale ad un illecito, come misura repressiva, ad atto di incentivo e di promozione della legalità, come misura riparatoria ed incentivante alla legalità. Tra questi due poli si riscontrano una serie di combinazioni, adottate dai vari Paesi, che evidenziano come quasi ovunque, nel sistema delle ispezioni del lavoro, la concezione meramente repressiva della sanzione sia ormai superata.
 
Carmine Santoro
Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
@carminesantoro
 
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