Lavoro su piattaforma: cosa ci dice la recente ricerca della Fondazione Europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro

ADAPT - Scuola di alta formazione sulle relazioni industriali e di lavoro
Per iscriverti al Bollettino ADAPT clicca qui
Per entrare nella Scuola di ADAPT e nel progetto Fabbrica dei talenti scrivi a: selezione@adapt.it

Bollettino ADAPT 14 dicembre 2020, n. 46

 

Nell’attuale contesto di recessione economica, i lavoratori che per primi sono stati colpiti dalla perdita del lavoro sono i cosiddetti “precari”, coloro che sperimentano forme di lavoro atipiche, cioè che non rientrano nella classificazione tradizionale dei contratti lavorativi. Una di queste modalità di lavoro, sviluppatasi con il progresso tecnologico, è il lavoro tramite piattaforme digitali, fenomeno meglio conosciuto con il termine di Gig Economy, e che si riferisce all’incontro tra domande e offerte di lavoro mediato dalle piattaforme online o app. Sebbene sia un fenomeno ancora di piccole dimensioni se paragonato alle altre tipologie di lavoro, è in continua crescita ed è previsto che a partire dal 2030 diventerà un “pilastro” del mercato del lavoro.

 

La ricerca in esame, condotta dalla Fondazione di Dublino, illustra alcune prospettive future riguardo al lavoro tramite piattaforme digitali, offrendo indicazioni e suggerimenti su ciò che i decisori politici dell’Unione Europea e degli Stati Membri potrebbero attuare per “capitalizzare le opportunità e minimizzare i rischi” di questo fenomeno. Tale ricerca fa parte quindi di un progetto di più ampio respiro, “Future scenarios of Platform Work, che ha lo scopo di analizzare gli impatti lavorativi, sociali ed economici di due specifiche tipologie di piattaforme:

  1. On-location platform-determined routine work; lavori a bassa richiesta di competenze, assegnati dalla piattaforma al lavoratore ed effettuati di persona, nell’economia fisica. La piattaforma, dunque, svolge il ruolo di datore di lavoro ma, spesso, i lavoratori sono senza contratto. Esempi di tali piattaforme sono JustEat, Foodora, Glovo e Uber (servizi di food-delivery e trasporto di passeggeri).
  2. On-location worker-initiated moderately skilled work; lavori a bassa/media richiesta di competenze scelti dai lavoratori nelle piattaforme digitali e svolti di persona, nell’economia fisica. Paragonabile al contratto di lavoro autonomo, tale tipologia di lavoro offre maggiore flessibilità organizzativa e minore insicurezza e dipendenza dalla piattaforma. Alcuni esempi sono le piattaforme di servizi di riparazione e manutenzione della casa quali MyBuilder, Supermano e Werkspot.

Dopo aver preso in considerazione i fattori che potrebbero influenzare lo sviluppo del lavoro tramite piattaforme (dal progresso tecnologico, alla regolamentazione del settore fino al modello di business delle piattaforme), vengono delineati ed analizzati tre scenari possibili di sviluppo dell’economia digitale.

 

Il primo scenario, il più probabile nel breve periodo, è caratterizzato da un continuo ma moderato progresso tecnologico e dalla divergenza e disomogeneità tra gli approcci degli Stati Membri in termini di regolamentazione del mercato del lavoro tramite piattaforme (Eurofound, 2020, p. 5). Questo contesto determina una predominanza del ruolo di influenza delle piattaforme stesse, principalmente non europee, che accrescono i loro profitti a discapito del miglioramento delle condizioni di lavoro degli operatori del settore e non sono soggette alle politiche fiscali dell’UE. Si creano nuove opportunità di lavoro nel mercato, ma aumenta il disequilibrio tra economia digitale ed economia tradizionale e aumenta la segmentazione del mercato del lavoro, con il rischio conseguente di una perdita di diritti e benefici dei lavoratori in generale.

 

Nel secondo scenario è, invece, ipotizzato un consistente intervento dell’UE. Viene incentivato un rapido progresso tecnologico, per diminuire il gap economico e sociale tra aree urbane e aree rurali. Vengono stabiliti dei minimi criteri standard lavorativi per tutti e vengono definite regolamentazioni commerciali specifiche per il settore delle piattaforme digitali, con obblighi informativi da parte di queste ultime riguardo i contributi fiscali e assicurativi alle autorità (Eurofound, 2020, p. 6). Infine, è possibile che acquisiscano importanza modelli di business differenti rispetto a quelli attualmente dominanti nell’organizzazione delle piattaforme (stakeholder-value model in contrasto a shareholder-value model); modelli che potrebbero servire a scopi sociali quali il reinvestimento dei profitti delle piattaforme per la formazione dei lavoratori e la creazione di nuovo lavoro (Eurofound, 2020, p. 7). Tuttavia, il rapido sviluppo tecnologico potrebbe accrescere il rischio di “lasciare indietro” alcuni gruppi della popolazione che non possiedono un’educazione digitale avanzata e, parallelamente, l’assenza di una chiara classificazione giuridica dei lavoratori tramite piattaforme potrebbe limitare le possibilità di accesso a forme di previdenza sociale.

 

Il terzo scenario prevede esiti maggiormente positivi rispetto ai precedenti. Oltre ad aspetti condivisi con il secondo scenario, presume che un aumento del potere di contrattazione dei lavoratori delle piattaforme nei confronti dei governi e delle piattaforme stesse determinerebbe un miglioramento delle loro condizioni e potrebbe garantire loro una chiara e specifica classificazione giuridica con conseguente accesso a benefici di cui attualmente non usufruiscono (Eurofound, 2020, p. 7).

 

Al di là delle opportunità e dei rischi specifici di ogni scenario, il lavoro tramite piattaforme digitali in un periodo di recessione economica come quello attuale potrebbe essere utile per l’inserimento lavorativo dei gruppi sociali maggiormente colpiti dalla crisi, quali ad esempio giovani e lavoratori con bassi livelli di competenze (EuroFound, 2020, p. 9). Alcune tipologie di piattaforme (come il secondo gruppo, descritto in precedenza) potrebbero essere utilizzate come mezzi per promuovere e favorire l’imprenditorialità delle persone, diventando veri e propri canali di network con clienti e altri lavoratori. Anche il mercato del lavoro in zone sempre più povere di opportunità come quelle rurali potrebbe trarre benefici da uno sviluppo positivo di questa nuova modalità di lavoro, aumentando di conseguenza la presenza di servizi di interesse pubblico in tali luoghi (Eurofound, 2020, p. 9).

 

L’UE dovrebbe agire come facilitatore per la convergenza degli Stati Membri verso regolamentazioni condivise sul tema. Dovrebbe essere chiarita la classificazione giuridica del lavoro atipico in generale e, nello specifico, del lavoro tramite piattaforme, individuando i criteri sulla base dei quali inquadrare una tipologia di attività come lavoro subordinato o autonomo (Eurofound, 2020, pp. 10-11). La trasparenza e la chiarezza nella classificazione comporterebbero una maggiore possibilità di rappresentanza e di associazionismo tra i lavoratori delle piattaforme, favorendo lo sviluppo di nuove unioni sindacali per il miglioramento delle condizioni lavorative.

 

L’UE e gli Stati Membri dovrebbero incentivare attraverso sussidi e finanziamenti la crescita di piattaforme native con modelli di business stakeholder-oriented, con il duplice obiettivo di investire risorse per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori e rafforzare i servizi di pubblico interesse (Eurofound, 2020, p. 9). Inoltre, piattaforme digitali europee genererebbero profitti tassati secondo politiche fiscali europee e alimenterebbero le casse degli Stati Membri.

 

Infine, lo sviluppo delle competenze digitali dei cittadini dovrebbe ricevere maggiore attenzione nel dibattito sul lavoro tramite piattaforme digitali (Eurofound, 2020, p. 12). Alcuni gruppi della popolazione generale (si pensi alle generazioni più anziane) dovranno familiarizzare sempre più con servizi pubblici mediati da piattaforme digitali, in assenza di competenze adeguate. I lavoratori stessi dovranno abituarsi a cercare lavoro e condurre attività tramite piattaforme e dovranno quindi essere formati per riuscire a farlo.

 

Il lavoro tramite piattaforme sarà un elemento portante dell’era digitale ed è dunque necessario che i decisori politici nazionali e sovranazionali riconoscano l’importanza di affrontare questo fenomeno per capitalizzarne le opportunità.

 

Riccardo Camisasca 

ADAPT Junior Fellow

@r_camisasca

 

Lavoro su piattaforma: cosa ci dice la recente ricerca della Fondazione Europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro
Tagged on: