La (strana) piega della responsabilità solidale del committente

Parafrasando una nota canzone di Gaber, sembra possibile sostenere che la responsabilità solidale prevista nel caso di esternalizzazioni, da rimedio pensato per tutelare le ragioni creditorie dei lavoratori ivi coinvolti, stia subendo un lieve cedimento verso i contributi statali. Se tale tendenza poteva apparire una prerogativa esclusivamente italiana – essendo stata paradossalmente affiancata all’estensione della solidarietà all’intera filiera negoziale, avvenuta nel 2007, la successiva non derogabilità dell’istituto in parola per i soli profili contributivi – dopo la decisione n. 2015/479 del Conseil Constitutionnel francese, la platea pare essersi allargata.

 

Infatti, decidendo in ordine ad una questione pregiudiziale di costituzionalità dell’art. 8222-1 del codice del lavoro, letto in combinato disposto con il successivo art. 8222-2 e con l’art. 1724-quater del codice generale delle imposte, il supremo organo costituzionale transalpino ha svolto alcuni ragionamenti sintomatici della torsione funzionale che sta interessando l’obbligazione solidale negli appalti e che consiste nel ritenere la salvaguardia dei crediti di fonte pubblica concorrente, quando non addirittura prioritaria come accaduto in Italia, rispetto alla propria vocazione naturale, ovverosia la garanzia, per i lavoratori, che il fenomeno di outsourcing posto in essere non costituisca il mezzo per eludere, fra gli altri, gli obblighi datoriali di pagamento delle retribuzioni.

 

La pronuncia in commento è stata resa a seguito del ricorso presentato dalla società committente, la quale aveva impugnato la pretesa statale del vincolo solidale fiscale dolendosi della violazione dei principi di presunzione di innocenza, personalità e proporzionalità delle sanzioni che regolano l’ordinamento francese, con conseguente applicazione di un’irragionevole punizione a proprio carico. Infatti, il citato art. 1724-quater stabilisce che in caso di lavoro illegale, chi abbia beneficiato delle prestazioni lavorative sia obbligato in solido al pagamento degli oneri fiscali dovuti, posto che l’art. 8222-2 del codice del lavoro prevede la responsabilità solidale del committente di attività rese in dispregio della normativa lavoristica. Tali somme, a mente della predetta disposizione, consistono nel pagamento delle imposte e dei contributi obbligatori, delle sanzioni e maggiorazioni dovute al Tesoro/enti di assistenza sociale.

 

Il rigetto del ricorso, e relativo salvataggio della norma in parola dalla censura di costituzionalità, avviene tramite la valorizzazione della funzione della solidarietà quale garanzia dei crediti statali, senza che ciò comporti una violazione dei principi di presunzione di innocenza, responsabilità e proporzionalità delle sanzioni, posto che la possibilità, in capo al committente obbligato in solido, di agire in regresso nei confronti degli effettivi responsabili delle violazioni, a giudizio dell’organo giudicante, permette di escludere ipotesi di responsabilità oggettiva e/o per fatto altrui. Oltretutto, essendo ravvisabile nel committente beneficiario della prestazione colui che, con la propria omessa vigilanza, ha agevolato la commissione dell’illecito – consistente nel mancato versamento di tasse, contributi obbligatori e sanzioni a fronte di lavoro non dichiarato – la responsabilità che ne consegue è plausibile in ragione della colpa specifica ascritta al medesimo donneur d’ordre.

 

Altresì, in relazione alla lamentata violazione del principio di responsabilità, quale espressione della libertà di agire riconosciuta a ciascun cittadino, il Conseil Constitutionnel rileva come la legge possa prevedere un coinvolgimento dell’obbligato in solido, a condizione che i termini del medesimo siano proporzionati e rilevanti rispetto all’obiettivo perseguito dal legislatore: considerato che, giusta l’art. 8222-3 del codice del lavoro francese, la responsabilità solidale del committente è misurata in relazione all’entità del lavoro svolto, ai servizi forniti, ed, in definitiva, all’interesse soddisfatto, non sussiste alcuna violazione del principio di responsabilità individuale nell’applicazione delle sanzioni. Peraltro, la responsabilità solidale prevista, nella misura in cui soddisfa in modo adeguato interessi di natura generale quali il contrasto al lavoro irregolare e la garanzia dei crediti pubblici, non nuoce nemmeno al diritto di proprietà, la cui compressione, secondo il decisum transalpino, non può esser lamentata ove sia proporzionata ed equa, come stabilito dall’art. 17 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789.

 

La decisione è interessante per aver esplicitato l’invocabilità della responsabilità solidale anche per i crediti a vario titolo vantati dallo Stato qualora venga stipulato un contratto di appalto, posto che i principi invocati nella sentenza – lotta al lavoro “in nero” e salvaguardia dei crediti pubblici – esulano dall’ambito fiscale in cui sono stati resi, per rendersi applicabili a qualsivoglia ipotesi creditoria dello Stato legata a detto negozio tipico.

 

Prescindendo dalla condivisibilità o meno dell’orientamento legislativo e/o curiale che pare formarsi intorno all’obbligazione in solido negli appalti, potrebbe valere la pena tentarne una spiegazione in termini teorici: se l’esigenza primaria volge nel senso che gli oneri assicurativi e/o contributivi siano versati anche da chi non vi sarebbe propriamente obbligato, accanto alle intuibili necessità di bilancio e di regolarità dei conti pubblici, sarebbe configurabile una nuova, differente summa divisio tra i diritti di credito dello Stato e quelli di cui sono titolari i lavoratori. Alla stregua di tale distinzione – debitrice di una classificazione compiuta da G. Calabresi nel suo noto Property rules, liability rules and inalienability: One View of the Cathedral, in Harvard Law Review 1972, 6, 1089 ss. – le prerogative creditorie statali godrebbero dell’efficace tutela riconosciuta dalle regole sulla proprietà, laddove la garanzia retributiva dei lavoratori sarebbe presidiata dalle regole sulla responsabilità.

 

Ne deriverebbe, quindi, che mentre nel primo caso, l’inderogabilità della solidarietà e/o la compressione dei diritti del committente compiuta in suo nome corrisponderebbe ai rimedi dissuasivi dalla violazione del precetto che caratterizzano le regole che tutelano la proprietà, nella seconda ipotesi il meno stringente regime di tutela accordato, almeno in Italia, ai crediti retributivi dei lavoratori sarebbe funzionale al suo inquadramento all’interno delle regole della responsabilità, in cui lo strumento dissuasivo viene sostituito dal profilo meramente risarcitorio.

 

Giovanna Carosielli

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Bergamo

@GiovCarosielli

 

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La (strana) piega della responsabilità solidale del committente
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