La regolazione delle clausole sociali negli appalti pubblici

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Il 14 maggio scorso l’ANAC ha pubblicato sul proprio sito la bozza di Linee Guida recanti “La disciplina delle clausole sociali” nelle commesse pubbliche, sottoponendo tale documento alla consultazione pubblica fino al 13 giugno 2018. Dunque, l’atto regolatorio non è ancora definitivo e non lo sarà se non dopo la chiusura della consultazione e l’eventuale recepimento da parte dell’Autorità delle osservazioni espresse dagli stakeholders.

 

Le Linee Guida, che (come specificato in premessa dalla stessa Autorità) sono da considerare “non vincolanti”, hanno ad oggetto la regolazione delle clausole sociali proprio in considerazione della generale rilevanza dell’istituto nell’ambito della contrattualistica pubblica.

 

La base normativa dell’intervento regolatorio è l’art. 50 del Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 50/2016, come modificato dal D.lgs. 56/2017), con il quale, per le concessioni e gli appalti di lavori e servizi diversi da quelli di natura intellettuale, il legislatore ha imposto alle stazioni appaltanti la previsione nei bandi di gara di “specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato”.

 

La norma sopra richiamata si applica, per espressa previsione di legge, alle concessioni e agli appalti relativi a contratti ad alta intensità di manodopera. Tuttavia, nella bozza di Linee Guida l’Autorità anticorruzione ha precisato che il committente pubblico può decidere di inserire clausole sociali anche in caso di appalti non caratterizzati dalla prevalenza di manodopera, eccezion fatta (oltre che per i servizi di natura intellettuale) per gli appalti di fornitura, per quelli in cui la prestazione lavorativa è scarsamente significativa o irrilevante e quando si riscontra l’elemento dell’intuitus personae.

 

Inoltre, l’art. 50 del Codice impone il rispetto dei principi dell’Unione europea. Il contenuto di tale rinvio, apparentemente generico, è stato chiarito dall’Anac quando sostiene che, in virtù dell’applicazione delle clausole sociali, l’assorbimento del personale impiegato nell’appalto dall’impresa uscente non può essere automatico: occorre tener conto del fabbisogno richiesto dal nuovo contratto e dell’organizzazione del lavoro adottata dall’impresa subentrante. Tali limiti, già previsti in alcuni contratti collettivi nazionali (v. M. Di Gregorio, Il rinnovo del CCNL Assosistema: una clausola sociale per gli appalti del settore), sono una derivazione di quanto già statuito in materia dai giudici comunitari e nazionali.

 

L’Autorità si è anche occupata di individuare le conseguenze, sul piano strettamente giuridico, della mancata osservanza della clausola sociale. In particolare, sono state identificate due possibili situazioni al verificarsi delle quali l’ordinamento reagisce in modo diverso: la mancata accettazione in sede di gara della clausola sociale contenuta nella lex specialis e la violazione della stessa da parte dell’affidatario successivamente all’aggiudicazione della commessa.

 

Nel primo caso, il rifiuto opposto dall’impresa costituirebbe manifestazione della volontà di proporre un’offerta condizionata, che determinerebbe l’esclusione dalla gara pubblica. Epilogo che non si verificherebbe laddove invece l’operatore economico manifestasse il proposito di applicarla nei limiti di compatibilità con la propria organizzazione d’impresa.

 

Se si realizzasse la seconda ipotesi, secondo l’Anac l’inadempimento rimarrebbe confinato nell’ambito della responsabilità contrattuale, essendo la clausola sociale una condizione di esecuzione del contratto. Pertanto, la violazione non produrrebbe alcun effetto sull’aggiudicazione della commessa pubblica; piuttosto consentirebbe alla stazione appaltante di avvalersi dei rimedi di natura civilistica (penali, clausola risolutiva espressa ecc.).

 

Un altro elemento di particolare rilievo contenuto nella bozza di Linee Guida è la possibilità di prevedere clausole sociali diverse da quelle finalizzate al riassorbimento del personale, attraverso le quali si possa tener conto di “fattori di rilevanza sociale ed ambientale. Tali clausole rileverebbero non solo quali ulteriori condizioni di esecuzione del contratto, ma inciderebbero anche sul piano dell’individuazione dei criteri di aggiudicazione. Dagli esempi elencati dall’Autorità (contenimento dei consumi energetici, inserimento di lavoratori svantaggiati, ecc.) si comprende che previsioni del genere avrebbero l’obiettivo di valorizzare determinate best practices aziendali, messe in atto non solo in ambito di diritto del lavoro.

 

Ultimo, non per importanza, profilo regolatorio affrontato dal documento predisposto dall’Anac è l’analisi del rapporto tra gare pubbliche e quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro in materia di clausole sociali. La fonte di riferimento è sempre l’art. 50 del Codice dei contratti pubblici, il quale richiama i “contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81” quale disciplina di riferimento per l’aggiudicatario.

 

In virtù del suddetto rinvio, le imprese tenute all’applicazione del CCNL sarebbero tenute ad osservare la prescrizione relativa all’assorbimento del personale dell’impresa uscente “anche a prescindere dalla previsione ad hoc che la stazione appaltante inserisca nella lex specialis. Dunque, benché a seguito della introduzione dell’art. 50 del Codice la tutela della stabilità occupazionale del personale impiegato negli appalti pubblici non sia più affidata unicamente all’iniziativa autonoma delle stazioni appaltanti o ai contratti collettivi, secondo l’Autorità “l’applicazione delle clausole sociali deve in ogni caso avvenire in armonia con la disciplina recata dalle disposizioni contenute nei contratti collettivi di settore”.

 

Ne discende che specifiche previsioni relative ai cambi di appalto contenute in CCNL come quello, recentemente rinnovato, del sistema industriale integrato di beni e servizi medici e tessili affini (v. M. Di Gregorio, op. cit.) dovrebbero trovare ampio spazio in sede di applicazione di clausole sociali inserite in bandi di gara pubblici. Difatti, attenendosi a quanto espresso da Anac in questa prima bozza di Linee Guida, la fonte da cui trarre la disciplina di riferimento per il riassorbimento del personale impiegato in un appalto pubblico è pur sempre il contratto collettivo di settore, proprio in virtù del più volte citato art. 50.

 

Dunque, ci si auspica che siano le stesse stazioni appaltanti a recepire nei bandi di gara le clausole sociali eventualmente previste nei contratti collettivi di settore stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, compatibilmente alle condizioni soggettive e oggettive di applicazione individuate dalla legge e ai limiti derivanti dalle pronunce giurisprudenziali in materia, ai sensi di quanto indicato dal Codice dei contratti pubblici e (se verrà confermato a seguito della consultazione) di quanto precisato dall’Autorità Anticorruzione nelle Linee Guida sulle clausole sociali.

 

Matteo Di Gregorio

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

Università degli Studi di Bergamo

@matteo_gregorio

 

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