La programmazione dell’attività di vigilanza del Ministero del lavoro

Il Ministero del lavoro, con il Documento di programmazione della vigilanza per il 2015, stabilisce gli ambiti prioritari di intervento ispettivo, suddividendo gli obiettivi nella dimensione nazionale ed in quelle regionali/locali.
 
Metodologia ispettiva: illeciti sostanziali
 
La premessa del documento è dedicata agli indirizzi generali dell’attività ispettiva, che dovrà concentrarsi verso ambiti e fenomeni accuratamente selezionati, con l’obiettivo di contrastare illeciti sostanziali, che ledono i diritti dei lavoratori, realizzando una effettiva tutela delle condizioni dei medesimi. Del resto, l’attenzione alle violazioni sostanziali non è una novità, risalendo al d.lgs. 124/2004, che ha creato il “doppio binario” degli illeciti formali, materialmente sanabili, trattati con l’istituto agevolativo della diffida di cui all’art. 13 dello stesso d.lgs., e quelli sostanziali-insanabili, sottoposti al trattamento procedurale e sanzionatorio più rigoroso dell’art. 16 della legge 689/81. Da allora, la repressione degli illeciti sostanziali è stata costante indirizzo e prassi dell’attività ispettiva del lavoro. Si deve rammentare, in proposito, come già la Direttiva del Ministro ai servizi ispettivi del 18 settembre 2008 indicasse l’azione ispettiva come «diretta essenzialmente a prevenire gli abusi e a sanzionare i fenomeni di irregolarità sostanziale abbandonando, per contro, ogni residua impostazione di carattere puramente formale e burocratico, che intralcia inutilmente l’efficienza del sistema produttivo senza portare alcun minimo contributo concreto alla tutela della persona che lavora.»
L’obiettivo finale che il Dicastero intende perseguire è l’accertamento ed il contrasto ai fenomeni di irregolarità che destano maggior allarme economico sociale. In tale quadro, ovviamente permane la prioritaria esigenza di arginare il frequente ricorso all’occupazione di lavoratori in nero, con controlli mirati, da pianificare ed effettuare a livello locale.
In tale ottica, l’attività di vigilanza è finalizzata al contrasto del lavoro sommerso e delle più significative forme di elusione della normativa vigente diffuse sul territorio, mentre sul piano operativo il personale ispettivo è indirizzato ad utilizzare, oltre i consueti strumenti repressivi, gli istituti che maggiormente realizzano un’efficace tutela dei diritti dei prestatori: la diffida accertativa e la conciliazione monocratica.
 
La persistente necessità del contrasto al sommerso
 
Nel documento è evidenziata, innanzitutto l’esigenza di una costante azione ispettiva mirata al contrasto del fenomeno del lavoro “nero”, oramai endemico su tutto il territorio nazionale, pur con la nota differenziazione territoriale tra Nord e Sud del paese. Il Ministero stabilisce che la pianificazione dei controlli dovrà essere effettuata in base all’esperienza ispettiva maturata nel corso degli anni, la quale ha confermato che alcuni settori di attività risultano tradizionalmente più esposti al rischio. Come da dati statistici più volte riscontrati nella prassi operativa, i settori più coinvolti nel sommerso sono l’edilizia, il commercio, la ristorazione e l’agricoltura. Il Ministero addebita l’incidenza del fenomeno in tali ambiti all’elevata intensità del lavoro in determinati periodi temporali e l’elevato ricambio del personale. Tuttavia, verosimilmente tale incidenza è dovuta anche, se non soprattutto, alla struttura imprenditoriale italiana, in quei settori composta quasi esclusivamente di micro-aziende, le quali riescono ad eludere le azioni di controllo più agevolmente di quelle aventi medie e grandi dimensioni, necessariamente più visibili e quindi più esposte. Tanto ciò è vero che, per un verso, nella grande distribuzione commerciale il fenomeno è praticamente assente anche al Sud, mentre, per altro verso, nelle piccole officine di produzione industriale esso è diffuso anche al Nord.
Al fine di contrastare efficacemente il lavoro sommerso, il Ministero indica lo strumento degli accessi c.d. “brevi” i quali, come si ricava dal codice di comportamento del personale ispettivo (art. 1, lett. g), sono le visite ispettive mirate esclusivamente ad individuare l’occupazione di manodopera in “nero”.
 
Il contrasto alle elusioni della normativa lavoristico-previdenziale
 
Nell’attuale contesto economico-sociale, il Ministero segnala la sempre maggiore diffusione di CCNL sottoscritti da parte di organizzazioni sindacali di dubbia rappresentatività ed affidabilità (cfr. P. Tomassetti, Arginare la piaga dei contratti pirata, in Boll. ADAPT, n. 24/2014). La problematica è nota: si tratta di accordi che prevedono trattamenti economici inferiori a quelli stabiliti nei contratti stipulati dalle organizzazioni più rappresentative.
Al riguardo, il Ministero, pur richiamando il principio di libertà sindacale di cui all’art. 39 Cost., prescrive al personale ispettivo di vigilare sulla corretta applicazione dei contratti ed accordi collettivi di lavoro, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 124/2004.
La tendenza all’applicazione di contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni sindacali prive di reale rappresentatività è particolarmente diffusa nel settore meno sensibile del mondo cooperativo. In tali ipotesi, il Dicastero intende orientare l’azione ispettiva verso la garanzia dell’osservanza della disposizione di cui all’art. 7, comma 4, del d.l. n. 248/2007 (conv. da l. n. 31/2008), in base alla quale, in presenza di una pluralità di contratti collettivi, le società cooperative applicano ai soci lavoratori trattamenti economici complessivi «non inferiori a quelli previsti dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria». Va segnalato che tale norma è stata recentemente oggetto di una pronuncia della Corte Costituzionale (Sentenza 26 marzo 2015, n. 51), la quale ne ha confermato la legittimità costituzionale, stabilendo che «Il censurato art. 7, comma 4, del d.l. n. 248 del 2007, congiuntamente all’art. 3 della legge n. 142 del 2001, lungi dall’assegnare ai predetti contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, efficacia erga omnes, in contrasto con quanto statuito dall’art. 39 Cost., mediante un recepimento normativo degli stessi, richiama i predetti contratti, e più precisamente i trattamenti economici complessivi minimi ivi previsti, quale parametro esterno di commisurazione, da parte del giudice, nel definire la proporzionalità e la sufficienza del trattamento economico da corrispondere al socio lavoratore, ai sensi dell’art. 36 Cost.». Peraltro, la Corte ha riconosciuto l’impegno ministeriale sul fronte, rammentando l’intensa attività ispettiva promossa, nonché richiamando le circolari del Ministero del lavoro 9 novembre 2010, 6 marzo 2012 e del 1° giugno 2012 (cfr. anche la lett. circ. del Ministero del lavoro n. 7068 del 28 aprile 2015 che ha diffuso la pronuncia).
Ancora in tema di cooperative, il documento ministeriale evidenzia la pianificazione di iniziative ispettive rivolte ai fenomeni elusivi posti in essere dalle c.d. cooperative spurie, attive in forme di impiego di manodopera irregolare o in “nero”, nonché in fenomeni interpositori, in particolare nel contesto di cooperative costituite appositamente per l’esecuzione di uno specifico appalto.
Nell’ambito delle forme fittizie o irregolari di esternalizzazione il personale ispettivo dovrà applicarsi sulle filiere degli appalti, anche pubblici, soprattutto sui rapporti tra committenti, appaltatori e subappaltatori e sugli aspetti relativi alla responsabilità solidale, al fine di contrastare fenomeni illeciti di somministrazione.
L’Amministrazione intende realizzare anche iniziative di vigilanza volte ad individuare le forme di distacco non genuino, soprattutto con riferimento al frequente utilizzo abusivo dell’istituto del distacco transnazionale utilizzato, soprattutto nel settore edile e dell’autotrasporto, per aggirare la normativa in materia di regolare costituzione dei rapporti di lavoro, determinando gravi disparità di trattamento per la manodopera appartenente a diversi Paesi dell’Unione Europea. Da notare che il Ministero si è recentemente occupato del tema con la circolare del 9 aprile 2015, n. 14 (cfr. G. Carosielli, La somministrazione transnazionale di lavoro tra l’adempimento degli obblighi comunitari e l’attività di vigilanza in Boll. ADAPT, , n. 14/2015).
Per quanto concerne un altro tradizionale ambito di intervento ispettivo, l’uso distorto dei contratti di lavoro atipici o flessibili, il Ministero indica l’obiettivo di contrasto e di riconduzione alla corretta qualificazione dei rapporti di lavoro, sebbene lo stesso Ministero preveda una diminuzione del fenomeno in virtù delle recenti riforme volte ad abbattere il costo del lavoro a tempo indeterminato.
 
Gli strumenti di tutela sostanziale dei lavoratori: diffide accertative e conciliazioni monocratiche
Per quanto riguarda gli atti ispettivi, il Ministero programma anche per il 2015 un ampio ricorso alla conciliazione monocratica (sulla quale si veda D. Venturi, in L’ispezione del lavoro dieci anni dopo la riforma, Il d.lgs. n. 124/2004 fra passato e futuro, ADAPT professional series n. 3, 172 ss.), «quale strumento privilegiato di definizione delle richieste di intervento».
Nell’ambito dell’esigenza prioritaria di garantire la tutela sostanziale del lavoratore, risulta confermata anche l’importanza del ruolo svolto dall’istituto della diffida accertativa (cfr. P. Rausei, in L’ispezione del lavoro dieci anni dopo la riforma, Il d.lgs. n. 124/2004 fra passato e futuro, cit., 185 ss.). Si sottolinea che la diffida accertativa deve costituire un utile strumento per garantire il rispetto dei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Confermando i contenuti della circolare n. 1/2013, il Ministero prescrive l’utilizzazione della diffida anche in occasione di accertamenti di lavoro sommerso, fornendo così un’integrale tutela del lavoratore, non solo sotto il profilo previdenziale ed assicurativo ma anche riguardo agli aspetti patrimoniali.
Il Dicastero indirizza gli organi ispettivi all’applicazione della diffida accertativa anche per i lavoratori che operano nelle cooperative, in relazione ai quali si applica l’articolo 7, comma 4, D.L. n. 248/2007 cit..
Tuttavia, ai fini dell’attivazione dello strumento in esame, è segnalato un limite, derivante da eventuali situazioni di crisi aziendali e, in particolare, dalle ipotesi in cui sia stato raggiunto un accordo tra le parti volto a dilazionare e ritardare la corresponsione delle retribuzioni. In tali ipotesi, il Ministero invita a considerare l’opportunità di non procedere con l’adozione dell’atto (cfr. Nota del 3 maggio 2006 n. 3816; da ultimo, per le società fallite, v. Nota del 19 marzo 2015, n. 4684).
La seconda parte del documento è dedicata alle specifiche situazioni locali, laddove la Direzione generale per l’attività ispettiva ha pianificato l’attività di vigilanza in relazione alle caratteristiche specifiche dei fenomeni di irregolarità che emergono nei diversi ambiti.
 

Carmine Santoro

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Bergamo

 @carminesantoro

 
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