La materia del contratto a termine nella legislazione emergenziale: tutela dei lavoratori a termine o “pasticcio” normativo?

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Bollettino ADAPT 19 ottobre 2020, n. 38

 

Gli ultimi dati pubblicati dall’ISTAT (aggiornati al mese di agosto 2020) hanno evidenziato che – come era facilmente preventivabile, anche considerato il blocco dei licenziamenti – la prima conseguenza della crisi in atto e, soprattutto, della assoluta incertezza circa gli scenari futuri, sia stato il crollo verticale dei contratti a tempo determinato: circa 425.000 in meno rispetto ad agosto 2019. Di fatto una moltitudine di contratti a termine è stata lasciata scadere, senza alcuna possibilità di prosecuzione e senza essere sostituiti da alcuna nuova assunzione a termine.

 

È quindi comprensibile che il Legislatore (o, considerata la tecnica utilizzata, sarebbe meglio dire, il Governo) abbia provato a limitare tale effetto attuando vari interventi per la salvaguardia di tale categoria di occupati.

 

La strada scelta non è stata però chiara ed uniforme ed i dati mostrano che non si sia neanche ottenuto (almeno fino ad agosto) l’esito sperato.

 

Ripercorriamo le tappe normative sul punto.

 

Il Decreto-Legge n. 18 del 17 marzo 2020 (c.d. “Cura Italia”) non prevedeva nulla di specifico per quanto riguarda la disciplina del contratto a termine (salvo eliminare, solo con la legge di conversione, il divieto di coesistenza tra ammortizzatori sociali “Covid” e i “rinnovi” e le “proroghe” di contratti a termine), lasciando pertanto in vigore tutte le rigidità della disciplina del contratto a termine di cui al d.lgs. n. 81/2015, compresa la pesante eredità del Decreto-Legge n. 87/2018 convertito con la Legge n. 96/2018 (C.d. “Decreto Dignità”): una su tutte il regime delle “causali” obbligatorie per i contratti superiori a 12 mesi ma, nella realtà dei fatti, praticamente inapplicabili.

 

È poi arrivato il Decreto-Legge n. 34 del 19 maggio 2020 (c.d. “Decreto Rilancio”) che all’articolo 93 prevedeva una possibilità di proroga e rinnovo dei contratti a termine in essere, in deroga al regime delle causali, “fino al 30 agosto 2020”. Ma già tale primo intervento di “flessibilità” portava con sé una serie di criticità applicative.

 

Basti pensare che solo qualche giorno dopo alla pubblicazione del Decreto in Gazzetta Ufficiale, il Ministero del Lavoro pubblicava sul proprio sito internet una FAQ (!) in cui specificava che la data del 30 agosto 2020 era da considerare quale data di scadenza ultima delle proroghe/rinnovo e non come ultima data utile per la stipula delle proroghe e rinnovi in deroga (insomma: nel dubbio veniva privilegiata – con una FAQ – un’interpretazione restrittiva).

 

Ma non finiva qui. La legge di conversione del “Decreto Rilancio” (Legge n. 77 del 17 luglio 2020) invece che cogliere l’occasione per sciogliere i nodi interpretativi dell’art. 93, sceglieva di lasciare la disposizione specifica invariata e, allo stesso tempo, introduceva il nuovo comma 1-bis all’articolo 93 citato, imponendo una proroga ex lege “dei contratti di lavoro a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, […] di una durata pari  al  periodo  di sospensione dell’attività lavorativa, prestata in forza dei medesimi contratti, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19»1.

 

Veniva quindi attuata una scelta politica e legislativa molto invasiva, soprattutto per il fatto che “sorpassava” la volontà della Parti, stabilendo in via automatica una diversa durata del rapporto di lavoro rispetto a quello stabilito dalle Parti stesse alla stipula del contratto.

 

Si arriva quindi all’ultimo atto (per ora) di questa triste storia: il Decreto-Legge n. 104 del 14 agosto 2020 (c.d. “Decreto Agosto”).

 

In tale ultimo provvedimento, o meglio, nella sue intenzioni, la strada scelta è stata finalmente semplice: si è stabilito un periodo (fino al 31 dicembre 2020) in cui ogni datore di lavoro (non era così chiaro nella norma del Decreto Rilancio) può liberamente prorogare e rinnovare i contratti a termine (una volta sola, per un periodo massimo di 12 mesi e nel rispetto dei 24 mesi complessivi) senza necessità di sottostare alla rigida disciplina delle causali introdotta dal “Decreto Dignità”.

 

Bene, si dirà. Ma le intenzioni devono poi diventare norma scritta e qui sono proseguiti i problemi che rimangono tutt’ora aperti.

 

Il Legislatore invece che introdurre una nuova norma ha optato per la tecnica di sostituire l’art. 93 del “Decreto Rilancio” (e quindi la norma che aveva introdotto la prima possibilità di proroga/rinnovo “in deroga”) disponendo un nuovo testo ex novo del medesimo art. 93, vigente dal 15 agosto 2020. Allo stesso tempo viene abrogato il comma 1 bis del medesimo articolo (ossia quello della “proroga ex lege” deliberato appena un mese addietro).

 

Il Governo non si preoccupava però di regolare le situazioni già generate dalle norme emergenziali prima introdotte e ora sostituite/abrogate (nemmeno con la recente Legge di conversione al “Decreto Agosto”, n. 126 del 13 ottobre 2020).

 

Il compito è quindi lasciato, forse giustamente, agli operatori ma i quesiti lasciati aperti sono molti e gravosi.

 

Un punto tra gli altri che non risulta ancora adeguatamente vagliato dai primi lettori della norma, riguarda l’efficacia dell’articolo 93, comma 1-bis ora abrogato. Il meccanismo della proroga ex lege, stando alla lettera della ex-norma, potrebbe aver già prodotto l’effetto di posticipare le scadenze di moltissimi contratti a termine, nonostante la volontà politica di effettuare marcia indietro circa il meccanismo dello “automatismo”2.

 

E ciò che è più grave è il rischio che, considerando la vita brevissima della norma in esame (soli 28 giorni a cavallo tra luglio ed agosto), la norma e i suoi effetti possano sfuggire all’attenzione degli operatori (con ogni possibile conseguenza in caso di interpretazione sbagliata).

 

Anche l’Ispettorato Nazionale del Lavoro dopo una prima nota n. 468 pubblicata in data 21 luglio 2020 in cui riconosceva laconicamente “Sulla disposizione (ndr il comma 1-bis) si fa riserva di fornire ulteriori indicazioni d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali anche in ragione delle ricadute che determina in particolare sulla restante disciplina in materia di contratti a tempo determinato”, non ha più fornito alcuna indicazione a supporto della operatività delle aziende.

 

A ciò si aggiunga infine che il “nuovo” art. 93 che introduce una nuova possibilità di proroga e rinnovo, senza causale, per un periodo massimo di 12 mesi (purché nel rispetto dei 24 mesi complessivi) ha imposto che tale possibilità sia esercitabile una sola volta (o una proroga o un rinnovo), limitando così eventuali aggiustamenti in corsa tra le parti circa la regolamentazione del termine finale del contratto di lavoro.

 

Dall’analisi delle norme sembra quindi che il Legislatore pur con l’intento di offrire strumenti per salvaguardare l’occupazione dei “lavoratori a termine” non abbia perseguito una linea chiara (basti pensare alla “proroga automatica” prima introdotta ed abrogata in poco tempo). E ciò nelle difficoltà applicative che ne conseguono potrebbe creare un’eterogenesi dei fini di cui proprio non si sente il bisogno.

 

Simone Brusa

ADAPT Professional Fellow

 

1 Per quanto riguarda l’interpretazione dell’inciso “periodo di sospensione dell’attività lavorativa…in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19” si segnalano ulteriori problematiche di gestione, aggravate da un’ulteriore FAQ pubblicato dal Ministero del Lavoro sul proprio sito internet che ha previsto: “Nel «periodo di sospensione» vanno compresi sia i periodi di fruizione di un ammortizzatore sociale Covid-19, sia l’inattività del lavoratore in considerazione della sua sospensione dall’attività lavorativa in ragione delle misure di emergenza epidemiologica da Covid-19 (es. fruizione di ferie)”.

2 Un argomento a favore della non operatività “automatica” della proroga del comma 1-bis si potrebbe desumere dall’ulteriore FAQ pubblicata sul sito del Ministero del Lavoro che prevede che “il datore di lavoro, entro cinque giorni dalla data di scadenza originaria, deve effettuare la comunicazione obbligatoria di proroga, modificando il termine inizialmente previsto per un periodo equivalente a quello di sospensione dell’attività lavorativa”.

 

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