La formazione continua nell’emergenza

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Bollettino ADAPT 8 giugno 2020, n. 23

 

La sospensione delle attività produttive e il divieto di svolgimento di attività formative in presenza imposti dalla emergenza COVID-19 hanno havuto un forte impatto sulle attività di formazione continua nelle aziende, proprio in un momento in cui si sarebbe dovuto con maggiore determinazione puntare sulla formazione tanto per sostenere imprese e lavoratori nella fase emergenziale, quanto per prepararli a fronteggiare le conseguenze della crisi.

 

Per tali ragioni è sorprendente constatare come le uniche misure adottate nel campo della formazione continua siano state l’introduzione di divieti allo svolgimento di attività in presenza, con la previsione della possibilità di svolgere le stesse attività a distanza, e (con particolare riferimento ai ruoli e alle funzioni aziendali in materia di salute e sicurezza) l’introduzione di garanzie relative alla possibilità di continuare ad espletare specifiche funzioni o incarichi che necessitino di specifici aggiornamenti anche in assenza di questi. Solo con il decreto-legge n. 34/2020 sono state introdotte misure promozionali, nell’ottica di stimolare la ripresa.

 

Tutte le Regioni, dal canto loro, in ottemperanza all’articolo 1, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 marzo 2020, hanno adottato provvedimenti per la sospensione di tutte le attività di formazione professionale iniziale e continua. Differenze sono emerse con riferimento alla possibilità di svolgere le attività formative a distanza, sia con riferimento al livello di restrittività dei provvedimenti adottati (procedure di autorizzazione, criteri per il riconoscimento della FAD), sia con riferimento all’ambito di applicazione dei provvedimenti. Alcune Regioni hanno adottato anche misure volte a sostenere gli enti di formazione nella adozione di tale modalità, con stanziamenti di risorse dedicate. In pochi casi (Puglia, Emilia Romagna) sono stati adottati provvedimenti specifici in materia di individuazione, validazione e certificazione delle competenze, coerentemente con la disomogenea diffusione di tali servizi sul territorio nazionale.

 

Nella situazione di incertezza determinatasi all’incrocio tra le disposizioni governative e le direttive regionali, combinata alle difficoltà organizzative e burocratiche da subito emerse con riferimento alla conversione delle attività formative in presenza in FAD (si veda il contributo di G. Galvan in questo Bollettino), anche la risposta dei Fondi Paritetici Interprofessionali per la formazione continua (da ora FPI) è stata debole.

Tutti i FPI hanno disposto una sospensione delle attività formative in presenza e un differimento dei termini previsti per le attività ordinarie; contestualmente alla sospensione delle attività formative in presenza, è stata disposta la conversione di tali attività in FAD sincrona. In alcuni casi sono state introdotte modifiche procedurali volte a facilitare la gestione delle attività nella fase d’emergenza, come nel caso di Fondirigenti; il Fondo interprofessionale degli studi professionali e delle aziende collegate Fondoprofessioni ha esteso i finanziamenti (accessibili mediante gli avvisi pubblici già emanati) anche ai lavoratori coperti da integrazione salariale, come individuati dalle disposizioni del decreto-legge n. 23 dell’8 aprile 2020. Non si registrano invece interventi sostanziali sul fronte della programmazione delle attività e delle linee prioritarie di intervento, rispetto a quanto già programmato dai principali FPI.

 

Vero è anche che, se in linea di principio i FPI determinano autonomamente, nel rispetto delle competenze legislative in materia, le strategie di azione e le iniziative da intraprendere secondo le modalità proprie del metodo della bilateralità, è al Ministero del lavoro che compete la definizione degli indirizzi strategici per l’intero sistema della formazione continua, ruolo che nel contesto dell’emergenza è di fatto venuto a mancare. Con una nota del 10 marzo 2020 ANPAL si è limitata a precisare la possibilità di svolgere in modalità FAD le attività finanziate dai FPI, precisando la necessità di prevedere opportune modalità di tracciabilità della formazione erogata, e rimandando sul punto a quanto previsto dalle Regioni. La mancanza di una regia pubblica e una assenza di coordinamento tra misure di sostegno alle imprese e ai lavoratori e interventi sul fronte della formazione continua, hanno portato ad una scarsa o nulla valorizzazione del ruolo dei FPI che avrebbero potuto essere mobilitati in modo tempestivo e svolgere un ruolo decisivo.

 

Un primo positivo segnale, con riferimento ad una possibile evoluzione del sistema di formazione continua coerente non solo con le esigenze della ripresa dopo la fase emergenziale, ma più in generale con l’emergere dei cosiddetti mercati transizionali del lavoro, arriva dall’articolo 88, comma 1 del decreto legge n. 34/2020. Tale articolo prevede che prevede che i contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori  comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ovvero dalle loro rappresentanze sindacali  operative in azienda  ai  sensi della normativa e degli accordi interconfederali vigenti, possano realizzare specifiche intese di rimodulazione dell’orario di lavoro per mutate esigenze organizzative e produttive dell’impresa, con le quali parte dell’orario di lavoro viene finalizzato a percorsi formativi. Al fine di sostenere gli oneri relativi alle ore di formazione, comprensivi dei relativi contributi previdenziali e assistenziali, viene istituito un apposito Fondo denominato “Fondo Nuove Competenze”, costituito presso l’Agenzia Nazionale delle Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), con una dotazione finanziaria di 230 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo Sociale Europeo del Programma Operativo Nazionale SPAO (Sistemi Politiche Attive per l’Occupazione). Il comma 2 dello stesso articolo prevede che alla realizzazione degli interventi di cui al  comma 1 possano partecipare, previa intesa in Conferenza permanente  per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e  Bolzano, i Programmi Operativi Nazionali e Regionali di Fondo Sociale Europeo, i FPI, che potranno a tal fine destinare al Fondo costituito presso l’ANPAL una quota delle  risorse  disponibili nell’ambito dei rispettivi bilanci.

 

Evidentemente, l’efficacia della misura e la possibilità che si configuri come tutela transizionale per i lavoratori dipendono dalle modalità concrete di attuazione che saranno definite per decreto e dalla declinazione che ne darà la contrattazione collettiva. Affinchè la riduzione dell’orario di lavoro non si traduca in una penalizzazione dei lavoratori in termini professionali, occorre che la formazione sia realmente qualificante (sul piano individuale e aziendale) ed inserita in un piano complessivo di accompagnamento dei lavoratori.

 

D’altra parte, la misura conferma la tendenza alla centralizzazione della governance della formazione continua sopra richiamata, affidandone la realizzazione all’attore pubblico e prevedendo una partecipazione dei FPI su base volontaria, possibilità che potrebbe essere pregiudicata, almeno nell’immediato, dalle difficoltà di bilancio legate alla sospensione dei versamenti contributivi che li alimentano: l’art.126  del decreto legge n. 34/2016, comma 1, proroga ulteriormente al 16 settembre il termine di ripresa della riscossione dei versamenti relativi alle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente, incluso lo 0,30% versato dalle imprese all’INPS che finanzia il sistema dei fondi, il che determinerà un ritardo nel trasferimento delle risorse da INPS ai FPI.

 

Lilli Casano

ADAPT Senior Research Fellow

@lillicasano

 

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