La disuguaglianza non aspetta la politica

Nel dibattito politico occidentale è ormai largamente accettata la tesi dello stretto collegamento tra incremento delle disuguaglianze e nuovi orientamenti elettorali. C’è in verità qualche osservatore che replica (per altro giustamente) come in virtù del grande balzo di Pechino la povertà nel mondo sia diminuita, peccato però che i sistemi elettorali restino nazionali e che di conseguenza le nuove middle class cinesi non possano votare per la stabilità dei regimi democratici occidentali. Senza una quadratura globale del circuito disuguaglianze-politica non rimane evidentemente che rimboccarsi le maniche e affrontare i problemi. Con un’avvertenza: non occorre solo dotarsi di una bussola per la navigazione in alto mare e quindi mettere insieme le analisi sulla critica della globalizzazione, l’impatto delle tecnologie e la ricognizione dello stato delle democrazie, bisogna anche metter giù un’agenda sul breve. Perché se la storia si è messa a correre, le disuguaglianze sembrano aver fretta anche loro e se non intravedono quantomeno dei correttivi rischiano di generare contraccolpi irreversibili. Evito accuratamente di usare il termine «populismo» perché nell’ultimo periodo è diventato un contenitore di troppe cose diverse tra loro, compreso il vecchio tic della superiorità antropologica che come è noto porta a definire deplorevoli tutti quelli che non fanno parte dell’universo dei colti.

Vale la pena anche ricordare come la disuguaglianza italiana, poi, abbia suoi tratti peculiari. Da noi non ci sono figure come l’operaio bianco del Wisconsin pro-Trump o la tuta blu di Sunderland pro-Brexit, anzi i metalmeccanici italiani pochi giorni fa hanno firmato unitariamente — compresa la Fiom dunque — un contratto di lavoro giudicato come una svolta nella storia delle relazioni sindacali italiane. La disuguaglianza italiana è composta in primo luogo da una generazione dimenticata (gli under35) e poi presenta come capitoli prioritari le disparità Nord-Sud e il tasso di povertà. Per quanto riguarda il Mezzogiorno è saggio attendere le linee di intervento che saranno esplicitate dal neo-ministro Claudio De Vincenti, quanto alle politiche contro l’indigenza è presto detto: è stata approvata una legge delega ma mancano i decreti legislativi e le risorse stanziate sono chiaramente insufficienti. L’agenda è fin troppo chiara….

 

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