La Circolare n. 1/2016 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro: verso un lavoro con meno voucher e più intermittente?

Il D.Lgs. n. 185/2016, correttivo del Jobs Act, ha riscritto il terzo comma dell’art. 49 del D.Lgs. n. 81/2015, sostituendo la DTL, con la sede territoriale competente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, istituito dal D.Lgs. n. 149/2015 (il cui Statuto è stato adottato con D.P.R. n. 109/2016), quale autorità destinataria della comunicazione preventiva obbligatoria in materia di lavoro accessorio. All’Ispettorato Nazionale del Lavoro, quindi, il compito di fornire, con Circolare n. 1 del 17 ottobre 2016, le prime indicazioni operative in merito alle modalità con le quali deve essere effettuata dal committente imprenditore o professionista la comunicazione preventiva all’Ispettorato territoriale del lavoro (alla DTL in avvalimento) per l’utilizzo del lavoro accessorio.

 

Una doppia comunicazione

 

La comunicazione, per ora esclusivamente a mezzo e-mail (non è necessaria una PEC), deve essere effettuata almeno 60 minuti prima dell’effettivo inizio della singola prestazione di lavoro accessorio, inoltre resta fermo anche il precedente obbligo già previsto per la generalità dei committenti di dichiarare l’inizio attività con attivazione dei voucher nei confronti dell’INPS (v. nota M.L. 25 giugno 2015, n. 3337 e Circ. INPS n. 149/2015).

Viene quindi introdotta una doppia comunicazione sul modello del lavoro intermittente, di cui la prima preliminare all’INPS e la successiva specifica e circoscritta alle singole giornate di lavoro.

La comunicazione preventiva telematica semplificata all’INPS è stata disciplinata dall’Istituto nella Circolare n. 177 del 19 dicembre 2013 ed è rivolta alla generalità dei committenti, mentre la nuova comunicazione interessa, come detto, esclusivamente i committenti imprenditori o professionisti.

D’altra parte, la comunicazione telematica preventiva all’INPS è frutto della razionalizzazione dell’adempimento obbligatorio di inizio prestazione in prospettiva del quale INPS e INAIL (con determinazioni presidenziali INPS n. 43 del 1 marzo 2013 e INAIL n. 87 del 4 aprile 2013) hanno stipulato un Accordo “finalizzato alla realizzazione del coordinamento informativo e operativo per una migliore gestione dei buoni lavoro, prevedendo che tutte le comunicazioni di inizio attività nonché le eventuali variazione siano effettuate direttamente all’INPS, esclusivamente in modalità telematica, qualunque sia il canale di acquisizione dei buoni lavoro” (così nella Circolare Inps n. 177/2013). In base all’intesa, peraltro, l’INPS si è impegnato a trasmettere in tempo reale all’INAIL le comunicazioni ricevute, anche con riferimento a quelle concernenti le variazioni (art. 5, comma 1, del D.M. 12 marzo 2008).

Il riferimento normativo si trovava nel D.M. 12 marzo 2008 (attuativo dell’art. 72, comma 5, del D. Lgs. n. 276/2003): in base agli artt. 2 e 5 del D.M. si prevede che quanti utilizzano le prestazioni di lavoro accessorio sono tenuti, prima dell’inizio della prestazione, a comunicare all’INAIL i dati anagrafici e il codice fiscale propri e del prestatore di lavoro, indicando il luogo dove si svolge il lavoro e il periodo presunto dell’attività lavorativa.

Di tutta evidenza, tuttavia, appare la circostanza che il riferimento normativo richiamato deve intendersi ora abrogato in uno con l’art. 72 del D.Lgs. n. 276/2003 per effetto del D.Lgs. n. 81/2015, cosicché l’obbligatorietà dell’adempimento rimane confermata dalla sola Circolare n. 1/2016 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, condivisa integralmente dalla FAQ n. 7 della Fondazione Studi dell’Ordine Nazionale dei Consulenti del Lavoro che espressamente qualifica come adempimento aggiuntivo la comunicazione alla DTL rispetto alla dichiarazione di inizio attività di lavoro accessorio all’INPS (http://www.dottrinalavoro.it/approfondimenti-c/fondazione-studi-consulenti-del-lavoro-gli-effetti-della-brexit-sui-lavoratori).

 

Caratteristiche della comunicazione preventiva all’Ispettorato

 

Il D.Lgs. n. 185/2016, per i committenti imprenditori non agricoli o professionisti, sembra rendere obbligatoria una comunicazione singola ed individuale per ciascuna prestazione giornaliera di lavoro accessorio, determinando così l’effettiva tracciabilità delle prestazioni lavorative rese con voucher.

La Circolare n. 1/2016 dell’Ispettorato del Lavoro chiarisce che la comunicazione andrà effettuata per gli imprenditori non agricoli e per i professionisti, almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione e dovrà riguardare ogni singolo lavoratore, indicando: dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, luogo dell’attività, giorno “di inizio” del lavoro, ora di inizio e di fine della prestazione.

Per gli imprenditori agricoli la comunicazione va effettuata entro lo stesso termine di 60 minuti antecedenti all’avvio della prestazione, la stessa dovrà indicare: dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a 3 giorni (la bozza originaria del decreto correttivo prevedeva sette giorni, in ogni caso per gli imprenditori agricoli non si deve specificare l’orario di inizio e fine di ogni prestazione giornaliera).

E’ evidente quindi che per gli imprenditori non agricoli la comunicazione deve essere effettuata per ogni singola giornata, ma può anche riguardare cumulativamente più lavoratori operanti nella stessa giornata (conforme in tal senso la FAQ n. 2 della Fondazione Studi dell’Ordine Nazionale dei Consulenti del Lavoro) oppure un solo lavoratore, ma per prestazioni accessorie rese in modalità discontinua o frazionata nell’ambito della stessa giornata (conforme in tal senso la FAQ n. 10 della Fondazione Studi dell’Ordine Nazionale dei Consulenti del Lavoro, mentre G. Falasca, “Doppia notifica per i voucher“, Il Sole 24 Ore, 19 ottobre 2016, pag. 45, ritiene, forse con lettura più rigidamente aderente al dettato normativo, che occorrano due distinte comunicazioni successive per lo stesso lavoratore e per la stessa giornata, ad evidenziare la discontinuità della prestazione accessoria).

Non sembra possibile, invece, in base al dettato normativo – che riconosce tale facoltà soltanto agli imprenditori agricoli nel limite comunque di tre giorni successivi – inserire più giornate per uno stesso lavoratore in una medesima comunicazione (sebbene chiara indicazione in senso contrario sia stata offerta dalla FAQ n. 9 della Fondazione Studi dell’Ordine Nazionale dei Consulenti del Lavoro).

La e-mail deve essere inviata direttamente dal datore di lavoro ovvero da parte del CdL che lo assiste ai sensi della legge n. 12/1979 (conforme in tal senso la FAQ n. 3 della Fondazione Studi dell’Ordine Nazionale dei Consulenti del Lavoro) presso la DTL territoriale ove opera di fatto la ditta, indipendentemente dall’ubicazione della sede legale, come si evince dal combinato disposto di cui agli art.li 410 e 413 cpc, anche alla luce di quanto stabilito dalla nota del Ministero del lavoro n. 14773 del 26 luglio 2016 sulla competenza territoriale in materia ispettiva (conforme in tal senso la FAQ n. 1 della Fondazione Studi dell’Ordine Nazionale dei Consulenti del Lavoro). D’altro canto, nel caso in cui la comunicazione venga indirizzata alla DTL ove ha sede legale la ditta, piuttosto che alla DTL competente, il committente non può essere oggetto di sanzione, in quanto la comunicazione risulta comunque effettuata, anche se presso una sede priva di competenza territoriale.

La Circolare n. 1/2016 sancisce anche l’obbligo di comunicare qualsiasi variazione rispetto alle comunicazioni già effettuate (“dovranno essere comunicate anche eventuali modifiche od integrazioni delle informazioni già trasmesse”) e anche tali comunicazioni integrative o correttive “dovranno essere inviate non oltre 60 minuti prima delle attività cui si riferiscono”. Qui è bene chiarire che nelle eventuali variazioni vanno indicati tutti gli elementi utili per consentire all’Ispettore del Lavoro di fotografare correttamente la situazione lavorativa al momento dell’accesso ispettivo, una variazione poco esplicitata e che si limiti a richiamare una precedente comunicazione già effettuata ma in maniera imprecisa, non potrà essere accettata e sarà passibile di sanzione amministrativa.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro chiarisce anche che l’unica modalità per adempiere all’obbligo di comunicazione è quella dell’invio della e-mail al solo indirizzo di posta elettronica creato per ciascuna sede territoriale dell’Ispettorato, secondo la struttura “Voucher.Sedeterritoriale@ispettorato.gov.it”, al quale il committente, 60 minuti prima dell’inizio della prestazione di lavoro, dovrà inviare una e-mail priva di qualsiasi allegato, recante i contenuti più sopra richiamati e specificando nell’oggetto il codice fiscale (o partita iva) e la ragione sociale del committente cui la comunicazione si riferisce.

L’obbligo di comunicazione scatta dal 17 ottobre 2016, ma con la successiva creazione di una idonea infrastruttura tecnologica in grado di semplificare il più possibile i nuovi obblighi di comunicazione”, verrà definito l’utilizzo del sistema di comunicazione tramite sms ovvero saranno anche introdotte “ulteriori modalità applicative della disposizione”.

 

I profili sanzionatori

 

La Circolare n. 1/2016 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro invita le Direzioni del lavoro ad organizzare incontri divulgativi con associazioni datoriali e ordini professionali (anche quale attività di prevenzione e promozione di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 124/2004) allo scopo di “informare i committenti sulle modalità di adempimento dei nuovi obblighi nonché sulla opportunità di conservare copia delle e-mail trasmesse, così da semplificare le attività di verifica da parte del personale ispettivo”.

Dal punto di vista sanzionatorio, per ciascun lavoratore accessorio per il quale sia stata omessa la comunicazione preventiva è applicabile una sanzione pecuniaria amministrativa da euro 400 ad euro 2.400, è esclusa (per espressa previsione di legge) l’applicazione della diffida precettiva di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004 (cfr. sui profili sanzionatori, P. Rausei, “Comunicazione del lavoro accessorio: le indicazioni operative“, in Quotidiano Ipsoa, 18 ottobre 2016).

In sintesi, quindi, il committente non agricolo o professionista che non provvede alla comunicazione (contenente anche l’ora di inizio e fine della prestazione) almeno un’ora prima dell’avvio dell’attività ovvero il committente agricolo che nello stesso termine non comunica le prestazioni dei tre giorni successivi, per estinguere l’illecito amministrativo, sarà ammesso al pagamento della sanzione in misura ridotta ex art. 16 della legge n. 689/1981, nella misura pari a 800 euro per ciascun lavoratore per il quale risulta omessa la comunicazione.

Il datore di lavoro sarà sanzionato anche se effettua la comunicazione, ma con modalità e strumenti difformi da quelli previsti dalla legge, ovvero per averla effettuata priva dei contenuti essenziali richiesti dalla norma, con riferimento in particolar modo alla durata oraria della prestazione stessa, o ancora per averla effettuata in ritardo.

La previsione di una esplicita sanzione amministrativa per la violazione dell’obbligo di comunicazione preventiva per l’utilizzo dei voucher, quasi azzera la possibilità di applicare la maxisanzione contro il lavoro sommerso nei casi di omessa comunicazione come, invece, accadeva con il testo originario del D.Lgs. n. 81/2015.

Già la Circolare n. 4/2013 del Ministero del Lavoro, richiamava la centralità della comunicazione preventiva ai fini della regolarità della prestazione per non incorrere nella maxisanzione, la quale andava applicata dagli Ispettori del lavoro qualora fosse mancata la comunicazione preventiva all’INPS. Con il nuovo testo dell’art. 49, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2015, nessuna maxisanzione potrà essere applicata con riferimento al solo omesso adempimento dell’obbligo di comunicazione preventiva all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, se non quando siano omessi sia la comunicazione preventiva alla sede territoriale della DTL, sia la dichiarazione di inizio attività all’INPS, come chiarito espressamente dalla Circolare n. 1/2016.

La maxisanzione, peraltro, sembra poter trovare applicazione anche nell’ipotesi in cui il committente non abbia provveduto ad acquistare preventivamente «esclusivamente attraverso modalità telematiche», i buoni orari, numerati progressivamente e datati, ovvero quando i voucher pur regolarmente acquistati in via telematica non risultino più in corso di validità.

Indipendentemente dalle modalità di acquisto dei buoni (tabaccheria, INPS, Poste, Banche), la comunicazione di inizio dell’attività accessoria deve essere effettuata all’INPS mediante l’inserimento del proprio codice PIN e delle informazioni sul rapporto di lavoro, anagrafica e codice fiscale dei lavoratori, inizio e fine presunta, nonché luogo della prestazione: va tuttavia considerato che la denuncia telematica all’INPS non trova più specifico fondamento normativo, come sopra rilevato, risulta quindi arduo argomentarne l’attuale obbligatorietà, salvo ricondurla ad un “diritto circolatorio” consacrato nella Circolare n. 1/2016 dell’Ispettorato. In tal senso, sarebbe auspicabile un chiarimento da parte del Ministero del Lavoro o dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, al fine di evitare che, in caso di applicazione della maxisanzione contro il sommerso per mancata denuncia all’INPS, venga instaurato un contenzioso defatigante proprio per la messa in discussione del fondamento dell’obbligo di denuncia stesso (cfr. in questo senso, G. Falasca, “Voucher, denuncia dell’INPS fuori norma“, Il Sole 24 Ore, 20 ottobre 2016, pag. 51).

Appare da ammettere, invece, la possibilità di adottare il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale ex art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, in assenza di comunicazione preventiva, dovendosi considerare il lavoratore accessorio, individuato in sede di accesso ispettivo intento nello svolgimento della propria prestazione, come personale «non risultante dalla documentazione obbligatoria», posto che venga superata la soglia del 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro.

 

Le comunicazioni in Sicilia e a Bolzano

 

In linea con le disposizioni dettate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro sono le indicazioni operative fornite nei territori regionali e provinciali autonomi dove l’Ispettorato Nazionale non è presente nella gestione diretta delle attività ispettive.

Di particolare interesse, in questo senso, il provvedimento analogo alla Circolare dell’Ispettorato n. 1/2016, emesso dall’Assessorato Regionale delle Politiche Sociali e del Lavoro della Regione Sicilia, con la nota n. 53459 del 19 ottobre 2016 (http://www.dottrinalavoro.it/wp-content/uploads/2016/10/146339532.pdf) che ha avallato le medesime modalità di comunicazione delle prestazioni accessorie individuate dall’Ispettorato, fornendo gli indirizzi e-mail dei diversi Ispettorati territoriali siciliani (Agrigento, Caltanisetta, Catania, Enna, Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa, Trapani).

Molto più dettagliata e ristretta è invece la posizione con cui la Provincia Autonoma di Bolzano ha recepito le indicazioni dell’Ispettorato Nazionale rispetto all’attuazione dell’art. 49, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2915, come modificato dal D.Lgs. n. 185/2016. L’ente provinciale autonomo, con la nota del 20 ottobre 2016 (http://www.dottrinalavoro.it/wp-content/uploads/2016/10/ProvBolzano-Lavoro-Accessorio.pdf), ha esplicitato le modalità comunicative per le prestazioni accessorie che devono necessariamente avvenire tramite email, senza nessun allegato, all’indirizzo: voucher@provincia.bz.it. La nota citata precisa esplicitamente che la comunicazione dovrà riguardare un singolo lavoratore ed una singola giornata di lavoro, ferma restando la dichiarazione di inizio attività da parte del committente già prevista nei confronti dell’INPS, e individua con dettagliata precisione un formato univoco per la comunicazione, fissando la data del 24 ottobre 2016 per l’entrata in vigore effettiva dell’obbligo. Così si stabilisce che le indicazioni vanno riportate tutte esclusivamente nell’oggetto della comunicazione, mentre il contenuto della e-mail rimane vuoto, con chiara esemplificazione per i due tipi di comunicazione previsti dal D.Lgs. n. 185/2016. Per i committenti imprenditori non agricoli e professionisti ad esempio, nell’oggetto andrà riportato: codice datore; codice lavoratore; Località; 20/11/2016; 10:00; 14:00; inoltre per i committenti imprenditori agricoli, dovrà essere riportato nell’oggetto, per esempio: codice datore; codice lavoratore; Località; 20.11.2016; 21.11.2016; 22.11.2016.

 

Lavoro accessorio versus lavoro intermittente?

 

In conclusione, la norma in commento, voluta ed introdotta specificamente per eliminare gli abusi connessi all’impiego dei buoni lavoro e all’utilizzo delle prestazioni di lavoro accessorio, potrà forse determinare una sensibile diminuzione dell’impiego dei voucher.

Se, infatti, si mette a confronto la disciplina del lavoro a chiamata rispetto all’utilizzo del lavoro accessorio, quest’ultimo risulta senza dubbio più limitante, quanto meno sul piano della gestione amministrativa e dei limiti legali, per il committente/datore di lavoro.

Va rilevato, in effetti, che nel contratto di lavoro intermittente non c’è alcun obbligo di precisare preventivamente l’ora di inizio e di fine della prestazione, che devono essere valorizzati nel Libro Unico del Lavoro e nel prospetto di paga.

Inoltre per il lavoro intermittente la comunicazione della chiamata è assicurata da un sistema tecnologico già consolidato e con una ampiezza di funzionalità e di gestione oggi impensabile per il lavoro accessorio.

Anche il lavoro intermittente soggiace ad una doppia comunicazione obbligatoria: quella con modello UNILAV all’atto della instaurazione del rapporto di lavoro e quella relativa al ciclo di chiamate al lavoro, ma con riferimento a queste ultime nessuna duplicazione di comunicazione viene richiesta dalla legge, né dalla prassi.

D’altra parte, se il lavoro intermittente incontra il limite che questa tipologia di contratto implica necessariamente presupposti oggettivi e soggettivi abbastanza ristretti o comunque circoscritti, nondimeno anche per il lavoro accessorio sussistono limiti di utilizzo (di carattere economico in tutti i settori, ma anche di tipo soggettivo ed oggettivo in agricoltura), ferme restando le diverse ipotesi di divieto delineate dalla legge.

Ad ogni buon conto, sembra, a chi scrive, di poter immaginare una riconversione del lavoro accessorio in nuovi contratti di lavoro intermittente, in ragione del raffronto fra i due istituti contrattuali sintetizzato nella tabella sotto riportata, che evidenzia una più agevole modalità di gestione del secondo rispetto al primo, nonostante soltanto il lavoro a chiamata sia qualificato come lavoro subordinato con obbligo di prospetto di paga e di Libro Unico del Lavoro.

 

Istituti a confronto Buoni lavoro

(art. 48-50 del d.lgs 81/2015)

Lavoro intermittente

(art. 13-18 del d.lgs 81/2015)

Presupposti Sono previsti limiti legali oggettivi e soggettivi solo per il settore agricolo Sono previsti limiti legali oggettivi e soggettivi per la generalità dei settori

 

Limitazione al numero di prestazioni lavorative 7000 euro in un anno civile, 2000 euro per ogni committente, 3000 euro per i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito 400 giornate di effettivo lavoro in tre anni solari, salvo turismo, pubblici esercizi e spettacolo
Comunicazioni del datore di lavoro/CdL Denuncia all’INPS effettuata on line indicante il periodo temporale e i dati del lavoratore; comunicazione alla DTL/ITL a mezzo e-mail effettuata almeno 60 minuti prima per giornata e indicante orario di inizio e di fine prestazione Comunicazione al CPI con conseguente iscrizione sul LUL; comunicazione alla DTL prima dell’inizio della prestazione o di un ciclo fino a 30 giornate (non si deve specificare orario di inizio e fine della prestazione)
Divieti Vietato l’utilizzo nell’ambito della esecuzione di appalti di opere o servizi Vietato il lavoro intermittente per la sostituzione di lavoratori in sciopero, se si è proceduto a licenziamenti collettivi, riduzione di organico, CIG e in assenza di VdR
Compenso 10 euro all’ora, tranne in agricoltura dove vigono i parametri del CCNL. Il compenso non incide sullo stato di disoccupazione. Stabilito dal contratto individuale e secondo i parametri del CCNL applicato. Il compenso incide sullo stato di disoccupazione.

 

 

Anna Rita Caruso

@Annarita_Caruso

Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Bergamo

 

Pierluigi Rausei

 @RauseiP

Adapt Professional Fellow e docente di diritto sanzionatorio del lavoro

 

 * Si segnala che le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero degli Autori e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’amministrazione di appartenenza.

 

Scarica il PDF pdf_icon

La Circolare n. 1/2016 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro: verso un lavoro con meno voucher e più intermittente?
Tagged on: