La bolla delle false agenzie di recruiting. #SegretariaDisponibileSubito

Oggi vorrei parlarvi delle “false” agenzie di recruiting — e del perché, almeno a parer mio, andrebbero messe al bando e passate a fil di lama.

Ma prima occorre una breve introduzione riguardo le società di selezione. Punto di incontro tra domanda e offerta, le società di selezione supportano il cliente nella ricerca del personale di cui ha bisogno:

in primis analizzando l’azienda e definendo insieme al cliente stesso bisogni ed esigenze (Commerciale / Partner + selezionatore dedicato. NB: le società di selezione solitamente si avvalgono di una rete di commerciali — o “Partners” se stiamo parlando di Executive Search — che procurano i clienti e di un pool di selezionatori, entrambi esperti nell’area professionale del cliente: la “Practice”.)

in seguito pianificando una strategia di recruitment (Selezionatore)

che sfocia poi nel recupero di una target-list, ossia di candidati che vengono visionati dai consulenti della società, MA NON dal cliente (Selezionatore)

e poi nella stesura di una short-list: stiamo parlando di quei pochi sopravvissuti alla prima selezione (di solito si parla di tre o quattro candidature) che vengono presentati al cliente (Commerciale / Partner + eventualmente il Selezionatore)

Successivamente, l’agenzia di recruiting si occupa di mediare anche la contrattazione finale nel caso che la selezione sia andata a buon fine (Commerciale / Partner)

Come vedete, un processo piuttosto complesso, che ho risolto qui solo per sommi capi anche perché la tipologia di società di selezione è molto varia, e che — punto fondamentale — viene retribuito in ogni sua fase. Solitamente si tratta di un compenso ripartito in tre “fee” che vengono corrisposte: alla presa dell’incarico, alla presentazione della short-list e al momento dell’assunzione del candidato (quest’ultima fee quindi, è l’unica che può mancare all’appello, ovviamente). La bontà di questo sistema è garantita proprio dalla presenza della fee iniziale e del vincolo alla short list, che assicura una sostanziale trasparenza di intenti da ambo le parti. Il cliente dovrà avere le idee chiare sulla risorsa che vuole in azienda e non potrà fare il furbetto (ad esempio glissare su job description, orari, diretti riporti, tipologie contrattuali etc) perché se comunicherà dei dati non chiari alla società di selezione si troverà a spendere dei soldi per niente, per il semplice fatto che la società non sarà in grado di focalizzare la ricerca. Parimenti, la società di selezione, forte del fatto che da contratto riceverà comunque del denaro — ma non tutto — sarà motivata alla ricerca di profili validi e adeguati, a cui comunicare esattamente le necessità del cliente (che, ribadiamo, saranno corrette) ma nello stesso tempo non avrà come unico scopo quello di “piazzare qualcuno”…

 

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