Jobs Act: l’ipotesi di Agenzia Unica Federale del lavoro

V. Agenzia Unica Federale che coordini e indirizzi i centri per l’impiego, la formazione e l’erogazione degli ammortizzatori sociali. Questo è ciò che ipotizza Renzi in materia di organizzazione del mercato del lavoro e coordinamento tra politiche attive e passive.
 
Anche se per qualcuno il Jobs Act è soltanto un insieme di “titoli” ai quali mancano i “contenuti”, essi sono in realtà scelti con molta cura, e infatti leggendo con attenzione le poche parole del punto V, è possibile intravvedere una idea progettuale.
 
In prima battuta l’espressione Agenzia Unica può far pensare ad un ente nazionale competente in materia di collocamento, formazione e ammortizzatori. Per quanto ciò possa essere auspicabile, almeno a parere di chi scrive, non sarebbe possibile a costituzione vigente, poiché la gestione del collocamento, dei centri per l’impiego, della formazione e più in generale delle politiche attive sono competenze attribuite alle Regioni e agli enti locali. Allo Stato residua la definizione di principi fondamentali e un ruolo generale di indirizzo, promozione e coordinamento.
Infatti, l’espressione Agenzia Unica è completata dall’aggettivo Federale, che unitamente alla descrizione delle funzioni attribuite, consistenti nel coordinamento e nell’indirizzo, fa comprendere che non si tratta di un ente statale con la funzione di gestione diretta di questi ambiti, ma appunto uno strumento federale, quindi espressione della volontà delle Regioni, in particolare per i temi di competenza.
 
In Italia, infatti, dall’attribuzione alle Regioni delle competenze in materia di collocamento e politiche attive, ancor prima della riforma del titolo V della Costituzione, è mancato un indirizzo e un coordinamento in tale ambito. L’unico strumento adottato in questa prospettiva è stato il Masterplan nazionale dei servizi per l’impiego del 2000, non più rinnovato. Esso rispondeva all’esigenza di definire e condividere a livello nazionale di obiettivi quantitativi e standard qualitativi per garantire una minima omogeneità sul territorio nazionale dell’azione dei centri per l’impiego, cercando per questa via di prevenire le possibili differenziazioni legate al decentramento.
 
Qualche commentatore ha osservato che questa agenzia è già esistente nella “struttura di missione” di cui all’articolo 5 del decreto legge 28 giugno 2013, n. 76, che in effetti ha la funzione di definizione di linee-guida nazionali, da adottarsi anche a livello locale. Benché non si possa affermare nulla con certezza fino a una maggiore esplicitazione dei punti del Jobs Act, tuttavia la denominazione utilizzata per l’agenzia suggerisce l’idea di una struttura costituita da rappresentanti delle Regioni e non tanto una struttura burocratica-ministeriale come è la “struttura di missione”.
Altri pensano che sia il “momento storico unico e irripetibile per alleggerirci dei vincoli del Titolo V” (N. Porelli, suo tweet) e forse lo potrebbe essere anche rispetto alla ri-attribuzione allo Stato delle competenze in materia di collocamento, politiche del lavoro e formazione (che ci sia un messaggio subliminale nel fatto che il punto dell’elenco di Renzi sia il V?). Forse non esiste la forza politica di attuare questa riforma (v. P. Rausei, suo tweet). Ma, l’Agenzia Unica Federale potrebbe essere un primo passo per la costituzione di una agenzia, sul modello tedesco, a cui affidare non solo il coordinamento, ma la gestione di collocamento, politiche del lavoro, formazione e ammortizzatori sociali, che consentirebbe di realizzare una vero raccordo tra politiche attive e passive e una vera condizionalità, per un’efficace attivazione dei lavoratori disoccupati.
 

Silvia Spattini

Direttore e Senior Research Fellow di ADAPT

@SilviaSpattini

 

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Jobs Act: l’ipotesi di Agenzia Unica Federale del lavoro
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