ITS Nuove Tecnologie per la Vita e Farmindustria: un modello innovativo di ibridazione tra formazione, lavoro, ricerca, impresa

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Bollettino ADAPT 19 luglio 2021, n. 28

 

a cura di Matteo Colombo

 

Lunedì 28 giugno è iniziata la discussione parlamentare riguardante la nuova proposta di legge dedicata alla riforma del sistema di istruzione e formazione tecnica superiore, di cui parte integrante sono gli Istituti Tecnici Superiori. Quest’ultimi, che grande attenzione hanno ricevuto anche a fronte delle ingenti risorse (1,5 miliardi) a loro destinate dal PNRR, sono però ancora poco conosciuti, così come poco note sono tante esperienze virtuose che, in questi anni, hanno realizzato interessanti progetti di contaminazione e ibridazione tra apprendimento e lavoro, in base alle specificità dei singoli settori produttivi coinvolti.

 

Un modello innovativo è quello costruito dall’ITS Nuove Tecnologie per la Vita del Lazio, insieme alla Rete nazionale delle Fondazioni ITS per le Nuove Tecnologie della Vita e Farmindustria, pensato per il settore farmaceutico e per i suoi fabbisogni formativi. Quest’ultimo è un settore in forte crescita (come attestato dalla indagine sugli Indicatori Farmaceutici pubblicata da Farmindustria), dove l’81% delle aziende realizza corsi di formazione continua (contro una media del settore manifatturiero ferma al 38%) e dove l’occupazione giovanile sta aumentando: negli ultimi 5 anni, gli under 35 nella farmaceutica sono cresciuti del 16%. È quindi un settore che riconosce nella formazione e nella promozione dell’occupazione giovanile uno degli elementi centrali per una crescita sostenibile e per innescare processi di innovazione continua.

 

Per conoscere meglio questa esperienza e ricostruire il modello realizzato, abbiamo intervistato Giorgio Maracchioni, Presidente dell’ITS laziale e della Rete nazionale richiamata, protagonista quindi di questa alleanza tra sistema formativi e mondo produttivo e della ricerca.

 

Presidente Maracchioni, può presentarci l’ITS che presiede, e le specificità del settore produttivo con il quale collabora?

 

G. Maracchioni: la nostra Fondazione è stata tra le prime a costituirsi a livello nazionale, dopo l’approvazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 25 gennaio 2008, che li ha resi operativi: i primi corsi hanno avuto inizio nel 2011. Operiamo nell’area tecnologica delle Nuove tecnologie della vita, afferente quindi i settori chimico, farmaceutico, biomedicale, ecc… Noi, in particolare, abbiamo stretto fin da subito rapporti con il mondo farmaceutico, che ha qui nel Lazio il principale distretto per valore dell’export in Italia, grazie alla presenza di grandi player nazionali e internazionali. Proprio la presenza di queste realtà, e i loro fabbisogni di figure professionali di difficile reperimento, ci ha spinto ad investire in questa direzione, con la costituzione dell’ITS.

 

In realtà, già collaboravamo anche prima che gli stessi ITS esistessero: abbiamo partecipato alla sperimentazione dei poli formativi dell’alta formazione, partecipata da tutti i soci fondatori della Fondazione, ma anche dal CNR e dall’ENEA. La gestione del Polo Biotecnoform aveva evidenziato diverse criticità, su tutte la non completa aderenze alle specificità del settore farmaceutico. Negli ITS abbiamo invece trovato la possibilità di progettare, “sartorialmente”, percorsi e relazioni basati sulle esigenze delle aziende del settore, siano esse nazionali che internazionali, e conseguente personalizzazione delle risposte ai fabbisogni di quest’ambito specifico a livello aziendale.

 

La Fondazione, con sedi a Pomezia e a Roma, realizza corsi biennali ed è stata costituita, come previsto dalla normativa, da un’azienda del settore, dalla Città Metropolitana di Roma, dall’Università di Tor Vergata, da ENGIM, dall’Associazione Industria Artigianato Servizi e Terziario Innovativo, e dall’Istituto di Istruzione Superiore Cavazza di Pomezia.

 

Ha parlato delle specificità del settore farmaceutico: riguarda i fabbisogni avanzati dalle imprese, o altri aspetti legati alla collaborazione con le imprese di questo settore?

 

G. Maracchioni: Non solo fabbisogni: per rapportarsi con successo alle aziende di questo settore è opportuno adottare un modello organizzativo snello, mirante all’operatività immediata, e soprattutto porre la massima attenzione alla costruzione di rapporti fiduciari e confidenziali. Dico questo perché le aziende con cui collaboriamo sono tra le più innovative al mondo, e ovviamente non possono diffondere conoscenze riservate riguardanti i loro processi produttivi e le tecniche utilizzate. Non era quindi possibile lavorare riunendo tante aziende diverse, ma era necessario sviluppare partenariati uno a uno. Questo è stato possibile grazie al supporto costante di Farmindustria. Il modello sviluppato tiene conto delle esigenze di turn over, ampliamento attività, collaborazioni, funzioni e aspetti regolatori, da cui discendono le esigenze di competenze settoriali, che poi specializziamo, curvando il percorso, sulle particolarità dell’azienda. Il corso, co-progettato a livello centrale, è realizzato con il fattivo coinvolgimento delle aziende e forma risorse umane con competenze rispondenti alle esigenze delle aziende del settore e non solo di una sola azienda.

Diversi sono i punti di forza di questo modello: l’agilità operativa garantita dalla Fondazione e il rapporto costante con le risorse di Farmindustria e aziende. La caratteristica principale del modello? Il presidio costante dei processi con miglioramenti continui secondo la logica della qualità. Il tutto è reso possibile dalla strutturazione di solidi rapporti con le diverse aziende e dal rapporto con i membri degli Organismi della Fondazione. Abbiamo inoltre tenuto conto che le aziende, pur appartenendo allo stesso settore produttivo, vivono in un contesto molto competitivo. La collaborazione si è sviluppata tra le aziende e la Fondazione grazie alla nostra disponibilità a firmare, ove necessario e richiesto degli accordi di riservatezza (che possono coinvolgere anche gli allievi), alla flessibilità ed al ricorso alle attività blended; altro fattore rilevante l’empatia e l’organizzazione di funzioni di supporto e facilitazione.

 

Come poi per ogni fondazione ITS, l’alleanza con il sistema imprenditoriale è fondamentale e va al di là della sola realizzazione del corso. Basti pensare che diverse aziende ci hanno anche fornito i loro strumenti, permettendoci così di avere a disposizione degli ottimi laboratori nei quali sviluppare competenze capaci di rendere subito operativi i nostri diplomati una volta entrati al lavoro.

 

Quali sono i fabbisogni del settore farmaceutico, oggi? Come si formano le figure richieste?

 

G. Maracchioni: dopo la riforma dell’istruzione secondaria superiore il numero degli iscritti a percorsi tecnici – chimici sta calando, e il settore ha difficoltà nel reperire le professionalità necessarie, rapportandosi quindi esclusivamente – o prevalentemente – con il mondo universitario. Occorre aumentare l’attrattività verso gli ITS, in particolare quello delle Nuove Tecnologie della Vita, superando il problema “culturale” della subalternità alle realtà accademiche: i genitori dei ragazzi interessati ad iscriversi al nostro ITS chiedono se rilasciamo il titolo di “dottore”, e spesso non consentono l’iscrizione dei figli nonostante l’alto tasso di occupazione. Questo per dire che c’è una forte “accademizzazione”, intesa come tendenza a ritenere come unico percorso per la realizzazione tecnico-professionale e l’inserimento in aziende l’acquisizione della laurea. Che la laurea serve per entrare nel mondo del lavoro è vero, specie nel settore farmaceutico dove la presenza dei laureati è più che doppia rispetto alla media dell’industria, ma è altrettanto vero e tangibile il fabbisogno diffuso di figure tecniche con competenze specialistiche, oggi non formate dalle università, ma dagli ITS. I tecnici diplomati dagli ITS rispondono alle esigenze delle aziende che li inquadrano con mansioni che consentono percorsi di carriera assolutamente soddisfacenti e le remunerazioni sono superiori alla media di altri settori, anche con inquadramenti superiori. Addirittura, un nostro diplomato ha bruciato le tappe ed è diventato, in pochi anni, responsabile di una grande azienda.

 

Non solo. In generale i corsi di formazione STEM (Science, Technology, Engineering, and Math) non godono di un’alta attrattività, oggi. Così come un’operazione di vero e capillare orientamento è ancora poco diffusa, tanto che noi abbiamo difficoltà nel momento della selezione degli studenti. Alcuni di questi non hanno una conoscenza chiara delle specificità del sistema ITS, tanto che purtroppo anche noi, come le altre fondazioni che realizzano formazione terziaria non accademica nel settore, subiamo tassi di abbandono coerenti con quelli delle facoltà che svolgono corsi a forte caratteristica STEM. Eppure, la richiesta da parte delle imprese è davvero elevata e sempre più pressante.

 

A questo poi si affianca anche una ulteriore richiesta che proviene dal tessuto imprenditoriale farmaceutiche, ossia quella di trovare una strada maestra che possa riconoscere il giusto valore delle competenze acquisite nel corso ITS e consentire a giovani di accedere ad un percorso accademico con un credito formativo. Una esigenza che guarda al futuro di questi tecnici ai quali si prospettano interessanti percorsi di carriera costruiti sulla base delle competenze acquisite.

 

Quindi fabbisogni diversificati, che però non trovano risposte sufficienti (numericamente) quando si rivolgono a figure e professionalità attualmente non costruite dall’università. Cosa caratterizza la vostra offerta formativa, ovviamente in relazione ai fabbisogni propri del mondo farmaceutico?

 

G. Maracchioni: se noi consideriamo un’azienda farmaceutica di circa 2000 persone, solo il 5% circa lavora in laboratorio. Noi avevamo quindi bisogno di costruire profili non esclusivamente operanti in quest’ambito. Basti pensare all’emergenza pandemica: sono richieste, oggi, figure capaci di gestire le tecnologie che producono vaccini, che li trasportano e li conservano, ma anche altre macchine in grado di sterilizzare gli ambienti, di garantire il controllo qualità dei prodotti, e di operare su strumenti biomedicali per la medicina digitale. Il settore è quindi in grande espansione, oltre i tradizionali confini e categorie con i quali si pensa al mondo chimico-farmaceutico.

 

Noi avevamo iniziato a lavorare concentrandoci, per background professionale, sul settore della ricerca e dello sviluppo. Subito ci siamo accorti dell’importanza, anche in chiave formativa, della normazione tecnica, un elemento sempre più centrale per la gestione dei processi produttivi nel mondo farmaceutico (e non solo). Da qui, la necessità di costruire una figura corrispondente capace di applicare queste conoscenze in modo tale da garantire il rispetto di determinati standard di processo o di prodotto. La collaborazione con Farmindustria è stata, in questo senso, fondamentale.

 

In che senso? Quale ruolo ha avuto – e ha – Farmindustria, nella realizzazione di questi percorsi ITS?

 

G. Maracchioni: un ruolo assolutamente centrale. Nel 2018 abbiamo avviato contatti più frequenti che hanno portato alla sottoscrizione, nel 2019, di un protocollo d’intesa tra l’associazione di categoria e la Rete ITS per le Nuove Tecnologie della Vita. Dal protocollo d’intesa è scaturita la rilevazione dei fabbisogni delle aziende del Gruppo dei Produttori Conto Terzi aderenti a Farmindustria, su cui è stato sviluppato il progetto “Tecnico superiore per il sistema qualità di prodotti e processi a base biotecnologica”. Il progetto è stato proposto alle Istituzioni e realizzato dalla Fondazione che presiedo. Grazie anche al supporto del Gruppo CDMO (Contract Development and Manufacturing) dell’associazione, hanno aderito al protocollo una decina di aziende farmaceutiche (che producono farmaci esportati in tutto il mondo, tra cui anche i vaccini e anticorpi monoclonali) e la collaborazione è stata poi estesa anche alle rappresentanze sindacati di categoria oltre al coinvolgimento tutti i nostri soci ed i referenti regionali competenti.

 

Cosa prevedeva questa sperimentazione? Per prima cosa, Farmindustria ha permesso di fare sintesi dei diversi fabbisogni formativi emergenti dal mondo produttivo, portando così all’aggiornamento dei profili. Come ricordavo prima, i rapporti diretti con le aziende sono stati ricondotti e consolidati all’interno di un quadro di riferimento; per quanto riguarda i profili formativi si è rivelato essere di dimensione nazionale e sovranazionale. Questo permette ai nostri diplomati un alto tasso di occupabilità, non limitato alle sole esigenze locali. La stessa Farmindustria ha messo poi a disposizione competenze e professionalità, sia di propri collaboratori che soprattutto di dipendenti di aziende associate, per lo svolgimento di docenze all’interno dei corsi. Su un numero minimo di ore pari al 50% del totale svolte da professionisti, come previsto dalla normativa, nel nostro modello questa percentuale arriva quasi al 90%. Sottolineo questi dati per far capire come sia oggi più che mai necessario il contatto diretto, e non simulato, con il mondo del lavoro e con le sue esigenze, soprattutto per i più giovani, che così incontrano figure preparate che lavorano negli stessi ambienti che loro poi frequenteranno.

Tra le diverse forme di collaborazione con le aziende, evidenziamo le positive esperienze che hanno portato anche all’attivazione di numerosi contratti di apprendistato di terzo livello: sia per l’acquisizione del diploma tecnico superiore, e quindi di alta formazione, sia nella versione di ricerca, per lo svolgimento di ulteriori attività di questo tipo presso le aziende partner.

 

Farmindustria ci ha anche permesso di consolidare la consapevolezza dell’importanza della dimensione internazionale per le aziende del settore, pertanto ogni nostra progettualità deve tener conto ed essere orientata a questa realtà. Per rispondere a questo “fabbisogno”, per quanto di nostra competenza, stiamo cercando di orientare progetti, anche quelli che si dovranno realizzare con le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR verso iniziative fortemente condivise con le aziende del settore. A riguardo i Soggetti impegnati nella sperimentazione hanno definito un Concept of Proof, che ha come “vision” un Campus ITS Internazionale per le Nuove Tecnologie della Vita, a carattere multiregionale in grado di soddisfare le esigenze di formazione di tecnici superiori. Il Campus, distribuito a rete sul territorio nazionale e organizzato con la logica di Hub-and-Spoke, prevede residenze per gli studenti, infrastrutture e allestimenti di laboratori con specializzazioni coerenti con le vocazioni e i fabbisogni dei territori e gli ambiti di elezione di ciascuna delle Fondazioni partecipanti.

 

Le norme regolatorie non hanno infatti “confini” nazionali, ma sono internazionali. Qual è quindi il livello a cui vi ponete voi? Gli ITS fanno spesso della prossimità con il settore con cui collaborano uno degli elementi di forza.

 

G. Maracchioni: provando a semplificare, direi che la nostra progettualità e il nostro modello hanno un orizzonte glocal. La normazione, come ricordato, avviene a livello mondiale. Poi, però a livello nazionale noi – grazie appunto alla collaborazione con Farmindustria – costruiamo una figura in grado di mettere a terra l’innovazione richiesta. Nella prossimità geografica con la presenza di poli di eccellenza e con grandi player mondiali, come accade qui nel Lazio ma anche in altre regioni italiane – penso alla Lombardia e alla Toscana – investiamo quindi nella costruzione di hub partecipati e collaborativi basati sull’investimento in formazione e su attività di ricerca in impresa applicata realizzata tra ITS e Aziende.

 

Insisto su quest’ultimo punto perché il nostro modello non si contraddistingue solo per la strutturazione su più livelli (dal globale al locale), ma anche e soprattutto per la costruzione di professionalità che possiamo definire “tecnici-ricercatori”, superando gli steccati categoriali con i quali siamo abituati a pensare per l’inquadramento dei lavoratori.

 

In questo senso immagino che la stessa organizzazione della didattica abbia dovuto tenere conto di questa particolare geografia dell’innovazione, che impedisce di adottare orizzonti troppo stretti ma chiede comunque una presenza in loco.

 

G. Maracchioni: È così, noi abbiamo sviluppato una piattaforma collaborativa online con la quale i nostri studenti, ma anche le stesse aziende, possono accedere a contenuti formativi da qualsiasi postazione, superando quindi le barriere fisiche: un progetto nato ben prima dell’inizio della pandemia (a valle di una collaborazione internazionale con il Seneca College di Toronto).  Per ogni azienda abbiamo realizzato una “stanza virtuale” separata nella quale era possibile condividere informazioni, anche di natura confidenziale, evitando così la circolazione indiscriminata di informazione, ma garantendo l’acquisizione dei saperi e attività di problem solving. Utilizzo una metafora: una formazione per tutti e una di “ultimo miglio” per gli aspetti specifici che possono avere confidenzialità. Penso alla formazione GMP – Good Manufacturing Practices che discende da una norma internazionale, ma poi per alcuni aspetti e procedure è specifica per le diverse aziende. Al riguardo abbiamo già avviato degli incontri progettuali per la certificazione di competenze a livello di settore con alcune aziende e Farmindustria. Una dimensione lungo la quale abbiamo sviluppato la nostra didattica che prevede una forte collaborazione con le aziende anche con processi basati sul digitale in linea con le evoluzioni industria 4.0 e delle attività remotizzabili in smart working.

 

Per quanto riguarda la centralità dei professionisti all’interno delle docenze frontali, svolte dalla nostra fondazione, aggiungo anche che abbiamo sempre sviluppato una didattica collaborativa e basata sul problem solving di gruppo, ma anche con una grande attenzione all’autoimprenditorialità.  Questi processi formativi sono stati adattati e riversati all’interno della piattaforma digitale. Mi spiego: ai nostri studenti abbiamo dato fin da subito gli strumenti per poter lavorare in gruppo e collaborare alla risoluzione di problemi complessi (progettazione), dovevano trovare soluzioni applicabili, e dove necessario convalidate con dati di laboratori, lavorando in team. Alcune delle proposte e dei progetti da loro realizzati sono stati anche utilizzati nel contrasto all’ondata pandemica: per dire di una formazione che fa sempre i conti con la realtà e con le esigenze effettivamente presenti. In ogni percorso abbiamo poi previsti moduli legati al business aziendali e alla costruzione d’impresa, così da fornire agli studenti competenze utili per la creazione di una loro start-up, registrazione di brevetti e anche questo è già accaduto, a dimostrazione poi dell’impatto concreto che ha questo tipo di formazione. Un’azienda, a seguito delle ricerche di un nostro diplomato, ha anche aperto un altro ramo produttivo. Le idee di start up sono sviluppate anche in seno alle aziende, gli allievi possono usufruire, previ accordi, di macchinari e tecnologie sottoutilizzate, contenendo il rischio di impresa e fallimento, aumentando la produttività totale. Parlare quindi, banalmente, di “tecnici” secondo categorie ereditate dal secolo scorso sembra essere, quantomeno, riduttivo: nell’ambito delle operazioni condotte dal mondo degli ITS, c’è molto di più.

 

Torniamo sulla dimensione internazionale. È importante solo per la centralità delle norme regolatorie? Oppure genera anche ulteriori innovazioni?

 

G. Maracchioni: Nel nostro settore anche la collaborazione internazionale è fondamentale. Noi abbiamo investito in questa direzione già dal 2017, con l’accordo con il Seneca College di Toronto, in Canada. Tramite questo memorandum abbiamo portato in Italia 15 studenti canadesi che per due settimane hanno sviluppato un progetto a diretto contatto con alcuni nostri studenti, come tutor, per l’estrazione tecnica di una molecola ed il suo impiego in prodotti. I nostri studenti sono riusciti a guidare, anche solo dopo pochi mesi di formazione, i loro colleghi canadesi nelle diverse procedure, portando alla realizzazione di prototipi sviluppati tenendo conto delle norme regolatorie dei due Paesi. Una collaborazione finalizzata alla formazione (Faculty-Led Program Abroad -FLPA) che può portare alla creazione d’impresa con mercati internazionali e si consolida attraverso collaborazioni di “ricerca applicata internazionale”.

 

Porto questo esempio per dimostrare come l’ambito della ricerca e dell’innovazione sia, necessariamente, internazionale. Ciò che fa però la differenza è la costruzione di hub territoriali altamente attrattivi, per disponibilità tecnologiche, tessuto imprenditoriale e non solo. Anche la vicinanza ad importanti città turistiche o di interesse mondiale, come Roma, è sicuramente un punto a nostro favore. Con queste progettualità gli ITS e le aziende diventano nodi di una rete che copre tutto il mondo, e che trova come punti di caduta questi luoghi capaci di ibridare alta formazione, ricerca, innovazione, lavoro, e attrattività in senso ampio.

 

Basti pensare che stiamo sviluppando progettualità anche con la Cina, il Kuwait e l’Africa basate su scambi temporanei di studenti e ricercatori che vedono nella nostra fondazione un polo fondamentale. Ovviamente è la stessa frontiera dell’innovazione che ci permette questo sviluppo. Ad esempio, posso citare un progetto di medicina digitale e tecnici digitali, che stiamo seguendo e che prevede l’utilizzo di occhiali a realtà aumentata che guidano l’operatore passo dopo passo nelle azioni che deve compiere, mostrandogliele.

 

Si diceva prima della predilezione per il mondo accademico, dimostrato da giovani famiglie e – a volte – aziende. Qual è il vostro rapporto con l’università?

 

G. Maracchioni: Sicuramente non sono rapporti semplici, non tanto per la volontà delle parti quanto per la difficoltà di costruire efficaci passerelle da ITS e Università solo con il ricorso alla legge 240/2010 e i rispettivi patti federativi non sono sufficienti. Serve un cambio di prospettiva: anziché partire dai titoli di studio, e cercare di avvicinarli, bisognerebbe triangolare la relazione coinvolgendo anche le aziende e/o le parti sociali, ragionare sulle competenze effettivamente richieste dal settore per capire cosa può fare l’università, in termini di profili formativi, e cosa invece può fare l’ITS, che devono rimanere comunque, per finalità e metodi, realtà dotate di una propria autonomia ed identità precisa. Il rischio altrimenti è di replicare dinamiche culturali di subordinazione tra studenti (e studi) di serie A e quelli di serie B, mentre la realtà delle trasformazioni in atto ci dice qualcosa di diverso, come ho provato a raccontare.

 

Impossibile, parlando di ITS, non affrontare il tema del PNRR. Quali sono le vostre prospettive di sviluppo, alla luce degli importanti investimenti previsti?

 

G. Maracchioni: per sfruttare al meglio le potenzialità del Piano stiamo pensando alla realizzazione di un’ulteriore sede a Roma, in grado potenzialmente di diventare un hub per la formazione, la ricerca e l’innovazione su scala mondiale, sfruttando e intercettando le dinamiche glocal già descritte. Disporre di spazi adeguati, con le giuste tecnologie, in grado di ospitare i giovani – ma anche i lavoratori – che arrivano dall’estero o da altre regioni per formarsi. Tutto questo in coerenza con quel modello di respiro internazionale ma ben saldo nella costruzione di luoghi di prossimità che contraddistingue la nostra progettualità.

 

Oggi più che mai l’innovazione si muove seguendo le traiettorie delle persone, perché è abilitata – quando non creata – dalle loro competenze. In un settore come quello farmaceutico, riuscire a stare al passo con i processi di sviluppo su scala mondiale, innescando però processi di sviluppo territoriale, sembra essere un’assoluta priorità non solo per i soggetti coinvolti, ma anche per il sistema Paese. Cos’è, d’altronde, la resilienza e la capacità di governare la complessità, se non la disponibilità di persone adeguatamente formate e capaci di far fronte alle sfide che ci aspettano? Incentivare anche la mobilità degli studenti e gli scambi con l’esterno è quindi fondamentale anche per promuovere ulteriori forme di contaminazione reciproca e di scambio di conoscenze, come è ben emerso nell’esperienza svolta con il Seneca college. Pensiamo che investire sulle persone e sulle loro competenze sia la via maestra per raggiungere gli obiettivi prefissati dal PNRR.

 

Matteo Colombo

ADAPT Senior Research Fellow

@colombo_mat

 

ITS Nuove Tecnologie per la Vita e Farmindustria: un modello innovativo di ibridazione tra formazione, lavoro, ricerca, impresa
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