Il mio canto libero – Infruttuosi i tavoli per la riforma degli ammortizzatori e per la “difesa” dei posti di lavoro

 

Come era facile prevedere, anche il governo Draghi (con le parti sociali) sta risolvendo le politiche del lavoro in una infruttuosa discussione sulla riforma degli ammortizzatori sociali e nella “difesa dei posti di lavoro” a prescindere dalla loro sostenibilità produttiva.

 

La protezione del reddito e del connesso posto di lavoro avrebbe dovuto corrispondere alla fase della paralisi quasi generalizzata delle attività nella quale si utilizzano strumenti “sporchi” come le casse in deroga. Immaginare poi, in una emergenza tutt’altro che risolta, di razionalizzare la sospensione remunerata dal lavoro su base assicurativa estendendola anche alle piccole attività conduce logicamente al bivio tra oneri eccessivi per lo Stato e oneri insostenibili per molte imprese. Storia vecchia che bastava ricordare per preferire il rinvio a tempi migliori della riforma di strumenti per definizione disordinati.

 

Quanto poi alle aziende decotte o alle sovrapproduzioni ingiustificate, ancora una volta le trascorse esperienze avrebbe dovuto suggerire di evitare gli infiniti negoziati sostenuti dalla speranza di soluzioni statuali. In questo modo non si considerano le alternative occupazionali che potrebbero essere offerte a quegli stessi lavoratori a due passi dalla azienda precedente. Basterebbe affidarli alle agenzie del lavoro incaricate di reperire le competenze carenti da parte di molte imprese performanti affinché li riqualifichino in funzione della nuova domanda.

 

Sembra invece che vicende come quelle degli stabilimenti di Arese e di Termini Imerese o delle Case di Cura Riunite di Bari non abbiano insegnato che periodi troppo lunghi di cassa integrazione rendono i lavoratori inoccupabili e destinati solo ad attendere un trattamento previdenziale. Il tempo insomma sembra essere trascorso invano e permane tutto il tradizionale scetticismo sulle possibilità di accompagnare disoccupati e inoccupati ad un nuovo posto di lavoro.

 

Le agenzie private, cui va riconosciuta una indubbia capacità indotta dal loro stesso interesse (si pensi alla riqualificazione continua dei loro dipendenti somministrati a staff leasing), possono fare molto soprattutto nelle aree ove sono ben radicate in relazione al grado di industrializzazione. Sono i centri pubblici a dover essere sussidiari operando nelle realtà meno remunerative, liberando i loro dipendenti dagli inutili compiti burocratici, motivandoli (previa formazione) a promuovere soluzioni formative nel territorio attraverso la collaborazione tra scuole, università e imprese.

 

Il modello dei navigator non era in sè sbagliato in quanto l’errore ha piuttosto riguardato la definizione del reddito di cittadinanza e il suo collegamento con il mercato del lavoro. Le nuove assunzioni nel sistema del collocamento pubblico dovrebbero richiamare i requisiti dei navigator e concorrere a ridisegnare i centri per l’impiego come unità mobili di facilitatori e non come entità statiche di burocrati. Le Regioni (peraltro diseguali) devono ora battere un colpo e dimostrare finalmente di essere in grado di offrire servizi e una dote ai molti che desiderano un lavoro. Non mancano le buone pratiche (parziali) come quelle di Veneto e Lombardia.

 

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

 

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