Il sindacato non ha bisogno di marketing, ma di un nuovo modo di “fare comunicazione”

In un articolo comparso sulle pagine del quotidiano Il Foglio, Antonio Belloni esorta i sindacati a studiare il marketing, «altrimenti Renzi li asfalterà sempre».

 

La riflessione sollevata è senz’altro importante: una parte del rinnovamento sindacale riguarda la capacità di divulgare il suo operato e la sua immagine in maniera più efficace e strategica. Ma prima del marketing finalizzato a «creare consenso e mettere l’opinione pubblica dalla propria parte» viene la comunicazione intesa come organizzazione, relazione e progettualità. Organizzazione dei lavoratori e contrattazione non possono prescindere dalla comunicazione coerente delle attività del sindacato indirizzata agli iscritti. Se coerente con una strategia e un’idea del proprio ruolo, anche il marketing associativo funziona.

 

La comunicazione con la base resta dunque il fulcro della strategia sindacale. Qui c’è, innanzitutto, l’urgenza di un nuovo modo di comunicare con i lavoratori, ripensare cioè ai metodi con i quali costruire i rapporti con la base e organizzare l’azione collettiva. Sviluppare strategie oculate servendosi delle Tecnologie dell’informazione e comunicazione (ICT) può essere una strada per recuperare il consenso dal basso e riscattare così la propria considerazione anche agli occhi dell’opinione pubblica e delle istituzioni.

 

In questo senso internet e i social network possono offrire grandi vantaggi alle organizzazioni sindacali. Un’analisi dei ricercatori Allan Kerr e Jeremy Waddington mostra che le attività condotte online hanno effetti positivi sulla partecipazione e sul coinvolgimento degli iscritti e uno studio internazionale condotto da Panos Panagiotopoulos e Julie Barnett sottolinea in particolar modo il potenziale innovativo dell’utilizzo dei social network per migliorare la comunicazione sindacale. Un’altra ricerca effettuata da Stuart Smith e Peter Harwood per conto dell’ACAS, dimostra che le piattaforme social consentono di consultare i lavoratori in modo più efficace, far loro esprimere le proprie idee, apportare cambiamenti alla conduzione di controversie e contrattazioni, dare vita ad una forte voce collettiva.

 

Le potenzialità insite in sé nei social network non sostituiscono tuttavia il rapporto diretto con i lavoratori, che rimane il canale più importante di confronto: si parla di strumenti aggiuntivi che consentono di raggiungere soggetti geograficamente o culturalmente distanti dal sindacato con cui, diversamente, non si avrebbe modo di parlare e grazie ai quali è possibile mettere in atto nuove forme di rappresentanza.

 

Tutto questo è ben esemplificato nell’ultima campagna che l’AFL-CIO, la più grande confederazione sindacale degli Stati Uniti, sta facendo circolare in questi giorni sulla rete: #WorkerVoice. In vista del vertice che si è tenuto alla Casa Bianca il 7 ottobre per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori in tutto il Paese, con l’intento di dare voce alle loro battaglie ed assicurarsi che siano ascoltate, il sindacato ha promosso “Start the conversation”. Una vera e propria campagna di comunicazione social completa di hashtag di riferimento su cui dialogare e attirare l’attenzione delle istituzioni attraverso una mobilitazione online; social media memes, con una grafica semplice e accattivante che aiuta a trasmettere il messaggio; video-racconti delle singole storie dei lavoratori.

 

«C’è qualcosa che ognuno di noi può fare per creare un cambiamento nei luoghi di lavoro, e comincia sempre con una conversazione, con i colleghi o con i decisori politici. Impegnati per iniziare quella conversazione oggi #StartTheConvo»

 

Nel video di presentazione della campagna si legge: «I lavoratori si stanno organizzando con nuovi modi di parlare ed essere ascoltati» ed è su questa scia che si è mossa l’AFL-CIO per ergersi a loro portavoce.

 

Un esempio ancora più significativo arriva dai leader sindacali dello United Auto Worker, il sindacato unico americano del settore dell’auto, che si stanno impegnando a mettere a punto una nuova social media strategy per raccontare in tempo reale la negoziazione in atto con Fiat Chrysler Automobiles per il rinnovo contrattuale. Obiettivo: rendere partecipi i lavoratori fornendo aggiornamenti che li aiutino a comprenderne sviluppi e implicazioni. Così, lo stesso presidente UAW Dennis Williams ha utilizzato Facebook per rivolgendosi ai propri iscritti con una lettera nella quale prometteva un maggior sforzo comunicativo dell’organizzazione e invitava gli iscritti a non fare troppo affidamento su tutto quanto riportato dai mass media. Poco dopo, il vicepresidente Norwood Jewell, con un nuovo post, ha chiesto ai membri di consultare il sito e i profili social ufficiali UAW. Questo mostra quanto il sindacato americano abbia sfruttato il web e i social network per comunicare in maniera diretta con i propri iscritti, impegnandosi in prima persona sulla pagina ufficiale di Facebook, utilizzata come mezzo di dibattito sul contratto. Di contro, gli stessi lavoratori si stanno avvalendo dei social per organizzarsi e combattere la loro battaglia contro il contratto diffondendo avvisi, programmando raduni e facendo circolare parte degli incontri attraverso video-registrazioni.

 

Tutto questo non è marketing, è comunicare ed organizzare l’attività sindacale in maniera diversa. È sfruttare la rete e i social network per mobilitare i lavoratori e fare pressing online; valorizzare le loro rivendicazioni attraverso stotytelling in grado di diventare virali; veicolare informazioni in maniera veloce, capillare e più chiara attraverso un supporto grafico; raccontare attraverso immagini.

 

A questo proposito il segretario australiano Alexander White, citato dallo stesso Belloni, ha più volte evidenziato l’importanza di insegnare ai sindacalisti ad utilizzare le nuove tecnologie e i social network come strumento organizzativo. Tutti, dai leader, ai rappresentanti, ai funzionari devono acquisire le competenze di base necessarie per renderli parte integrante della propria attività sindacale e riuscire così a trasferire parte del proprio operato sul web.

 

Ad oggi invece, la possibilità di interazione online tra gli iscritti e le organizzazioni di rappresentanza è ancora poco sfruttata nel nostro Paese. Sono ancora molti i sindacalisti “vecchio stile” spaventati dagli strumenti digitali, impreparati nel gestirli e soprattutto lontani dall’averne compreso logiche ed opportunità.

 

Rilanciamo allora lo spunto di Belloni: riuscire a gestire le tecnologie dell’informazione serve al sindacato per non rischiare di rendere superfluo il suo ruolo di intermediazione e rappresentazione dei nuovi orizzonti dell’interesse collettivo. Con il web viene meno la funzione di filtro e si sviluppano forme dirette di confronto tra datori di lavoro e lavoratori attraverso e-referendum e e-discussion forum: se non saprà adeguarsi e sfruttare a proprio vantaggio le ICT, finirà con l’esser messo sempre più ai margini.

 

Anche sfruttare le potenzialità offerte dai nuovi strumenti della comunicazione significa leggere la modernità del lavoro.

 

Francesca Brudaglio

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT, Università degli Studi di Bergamo

@FBrudaglio

 

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