Il settore delle infrastrutture negli Stati Uniti: creazione di lavoro, competenze, formazione

Infrastructure skills: Knowledge, tools, and training to increase opportunity”: questo il titolo di un report recentemente uscito su Brookings Institution, che analizza la situazione occupazionale del settore delle infrastrutture negli USA, approfondendo in particolare le competenze, gli strumenti e il tipo di formazione di cui i lavoratori del settore hanno bisogno[1]. Quello delle infrastrutture è un settore complesso, a cui fa capo una grande varietà di occupazioni, da quelle meno qualificate come bigliettai e imballatori, a professioni di alto calibro come ingegneri civili e piloti di aerei, passando per idraulici e meccanici: anche per questo analizzarlo e vederne le tendenze può essere interessante anche per la riflessione su altri tipi di occupazioni.

 

 

La ricerca individua nelle infrastrutture un settore chiave per il Paese, sia per creare maggiori opportunità economiche, che per far fronte ad una situazione di stagnazione e disuguaglianza dei salari che continua a permanere negli Stati Uniti nonostante la crescita dell’occupazione.
Come è noto, le infrastrutture facilitano lo scambio di informazioni e risorse e rappresentano pertanto un asset per la produzione, abbracciando e connettendo diversi settori dell’economia e costituendo quindi la base per la crescita di lungo periodo.
Quello che è per noi più interessante è che le infrastrutture e la loro costruzione rappresentano anche un’importante leva per il mercato del lavoro. Innanzitutto, in termini quantitativi: non solo il settore impiega direttamente già oggi negli USA 14,5 milioni di lavoratori, l’ 11% dell’intera forza lavoro, ma è anche in grado di generare un indotto di occupazione nel lungo periodo, sia perché le infrastrutture devono essere gestite e mantenute nel tempo, sia per il loro potenziale abilitativo di altre attività economiche.
L’investimento nelle infrastrutture rappresenta una grande opportunità anche in termini qualitativi. Infatti, pur non richiedendo spesso alti titoli di studio, le occupazioni in questo settore sono ben remunerate rispetto ad altri: per lavoratori in possesso di diploma di scuola superiore o titolo di studio inferiore, si stima che i salari dei lavoratori delle infrastrutture siano anche il 30% maggiori rispetto a quelli di altri settori. Pertanto un investimento in infrastrutture, potrebbe contribuire a far fronte alla stagnazione dei salari e alla disuguaglianza nei redditi.

 

 

In questo preciso momento storico l’opportunità legata alle infrastrutture è ancora più grande negli Stati Uniti: la forza lavoro, infatti, sta invecchiando e quasi 3 milioni di lavoratori dovranno essere rimpiazzati nel prossimo decennio in seguito ai pensionamenti. Si aprirà pertanto a breve un ampio gap di occupazione nel settore, da colmare e di cui sfruttare l’opportunità.
La principale leva su cui agire affinché il potenziale del settore delle infrastrutture possa essere sprigionato è costituita, quindi, dalle competenze dei lavoratori futuri.

 

 

Per questo il report si concentra sull’analisi delle principali skill di cui necessitano i lavoratori nelle infrastrutture. Dall’analisi dei dati emerge che le occupazioni nelle infrastrutture negli USA richiedono alti livelli di conoscenza in 11 diverse aree di competenza, la maggior parte delle quali hanno poco a che fare con la costruzione. Ad esempio, nelle occupazioni considerate, il 92,3% dei lavoratori necessita di conoscenze di trasporto (principi e metodi per il trasporto di persone od oggetti via aereo, treno, barca o su strada) e il 71,4% necessita di conoscenze relative alla sicurezza pubblica (attrezzatura, politiche, procedure e strategie per promuovere la sicurezza e la protezione di persone, dati, proprietà e istituzioni); per contro, solo il 34,4% di tali lavoratori ha bisogno di conoscenze sopra la media in materiali, metodi e strumenti utilizzati nella costruzione o ristrutturazione di edifici, strade e altre strutture.

 

 

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Ogni occupazione necessita di diverse combinazioni di queste 11 aree di competenza: gli autori del report costruiscono un indice, “Infrastructure knowledge Score”, che quantifica le aree di competenza necessarie per ogni occupazione.
Non stupisce che quelle che richiedono conoscenze specialistiche tendono ad essere associate a più alte retribuzioni. Tuttavia, è importante notare che non tutte le occupazioni richiedono conoscenze sopra la media in tutte le 11 categorie: molti lavori necessitano di conoscenze meno specializzate, ma fanno affidamento su tipi di competenze alternative, con maggiore focus su amministrazione e servizio al cliente (bigliettai, impacchettatori, lavoratori dei trasporti…).

 

 

Considerata la complessità e la specializzazione di alcune delle aree di competenza, può sorprendere che il 93% dei lavoratori delle infrastrutture negli USA non abbia bisogno di una laurea. In sostanza, le barriere formative all’entrata in queste occupazioni sono relativamente basse rispetto agli altri lavori con livelli simili di retribuzione, nei quali sono sempre più richiesti più alti livelli di formazione formale.

 

 

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Queste pratiche salariali sono probabilmente spiegate, almeno in parte, dagli alti livelli di sindacalizzazione e da norme specifiche del settore. Tuttavia, il fenomeno si comprende soprattutto considerando che il basso livello di istruzione formale è compensato dall’ampio ricorso alla formazione sul campo: un impressionante 99% dei lavoratori del settore ha infatti avuto qualche livello di formazione on-the-job. Tra questi, il 71% ha fatto formazione per meno di 3 mesi, il 17,5% tra 3 mesi e un anno e l’ 11,5% per più di un anno.

 

 

Per fornire ai lavoratori le competenze di cui necessitano, è necessario personalizzare gli sforzi di formazione per riflettere la specifica conoscenza richiesta. Una formazione di questo tipo è è rilevante tanto per il buon funzionamento dell’economia che per migliorare le opportunità di occupazione dei futuri lavoratori. Ma questa personalizzazione può avvenire solamente stabilendo uno stretto raccordo tra enti formativi e imprese.
Il report a questo proposito sottolinea che negli USA, almeno a livello federale, alcuni enti pubblici hanno già avviato collaborazioni con gruppi industriali, imprenditori privati e istituzioni di formazione per provare a sviluppare sistemi innovativi di formazione. Tuttavia, gli stati e le aree metropolitane avranno alla fine la responsabilità del miglioramento dei sistemi di formazione e reclutamento nei prossimi anni, dato il loro ruolo fondamentale nel dirigere gli investimenti in infrastrutture nelle aree strategiche. È quindi compito delle istituzioni attivare partnerships con community colleges, agenzie di sviluppo delle risorse umane e altri attori, al fine di attrarre, sviluppare e trattenere nuovi talenti.
Solo così l’enorme potenziale del settore delle infrastrutture potrà essere sfruttato, per il beneficio dei lavoratori americani e degli States nel loro complesso.

 

 

L’individuazione di settori strategici per lo sviluppo del paese e per il superamento delle disuguaglianze, l’analisi puntuale delle competenze che sono richieste ai lavoratori, l’attenzione alla formazione permanente dei lavoratori meno scolarizzati, l’attivazione di partnership tra diversi soggetti per integrare il mondo della formazione e quello del lavoro, rappresentano priorità anche per il nostro Paese. Il report fornisce quindi molti stimoli che vale la pena approfondire, anche al di là dello specifico settore delle infrastrutture.

 

 

Non solo: anche il settore delle infrastrutture in sé offre stimoli interessanti al giorno d’oggi. Potremmo infatti fare un passo oltre la semplice analisi occupazionale del presente e chiederci, in un’ottica più generale, che cosa sono le infrastrutture oggi. Se, come abbiamo sottolineato sopra, le infrastrutture si caratterizzano per permettere la connessione tra risorse e persone, e per abilitare la produzione economica e lo sviluppo della società, allora siamo proprio sicuri che le infrastrutture siano solo le strade, i ponti e la banda larga? Forse sarebbe opportuno ripensare il concetto includendo anche – e direi soprattutto – le infrastrutture intangibili, gli hub della conoscenza e le piattaforme open access: in una situazione in cui le aziende si configurano sempre più come learning organization, “sono sempre più diffuse figure professionali ibride, a metà tra la ricerca scientifica e la gestione del cambiamento nei processi produttivi e organizzativi, che integrano lavoro, apprendimento, ricerca e progettazione” (Tiraboschi, Nel cuore della (nuova) grande trasformazione: una proposta per il lavoro di ricerca in impresa). La rete del sapere, quindi, come la rete fondamentale che sorregge tutta l’economia di un paese: una rete che intreccia i fili della formazione di base, con quelli della formazione continua, della ricerca e della produzione: una rete, alla fine, i cui nodi principali non siano nient’altro che i cervelli.

 

 

Chiara Mancini
Apprendista di ricerca – ADAPT Junior Fellow

@_ChiaraMancini

 

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[1] Il report si basa su dati O* Net (Occupational Information Network), una piattaforma che raccoglie le competenze, le conoscenze e le caratteristiche dei lavoratori e dei lavori americani – per un approfondimento su O* Net si veda Gina Simoncini su Bollettino speciale ADAPT, 23 marzo 2016, n. 6.

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