Il referendum sul Jobs Act e il sindacato al tempo di Grillo

Prima di tuffarci in una nuova accesa campagna referendaria sul Jobs act vale la pena prendersi il tempo di riflettere su quanto è accaduto sul fronte del laburismo in questi ultimi due anni e sugli scenari che si prefigurano. Il sindacato che per una serie di motivi già viveva una sua profonda crisi è stato messo nel mirino da Matteo Renzi con la parola d’ordine della disintermediazione. L’esatto contrario dello spartito della concertazione suonato in precedenza da tutti i governi di centrosinistra. In una prima fase l’ex premier ne ha anche guadagnato in popolarità soprattutto grazie alla mutata composizione sociale — partite Iva ma non solo — totalmente esterna a Cgil-Cisl-Uil. Successivamente però si è venuta a creare una situazione differente nella quale tra i due litiganti, il governo e il sindacato, a godere era un terzo (Beppe Grillo). Fuor di metafora il disagio sociale intermediato — seppur in maniera convenzionale — dai sindacati a un certo punto ha cominciato ad essere attratto dalla propaganda dei Cinque Stelle e dalla loro capacità di influenzare la Rete. I grillini non hanno dovuto nemmeno elaborare chissà quali soluzioni neolaburiste, si sono limitati ad agitare blandamente il tema del reddito di cittadinanza e soprattutto a far fruttare la rendita di posizione del vaffa.

Nell’ultima fase del suo governo Renzi ha compreso cosa stava avvenendo ed è corso ai ripari. Un episodio-simbolo da ricordare oggi può essere la visita dell’allora sottosegretario Tommaso Nannicini in via Po, quartier generale della Cisl. Da lì in poi ha preso il via una fitta diplomazia tra il Palazzo e le tre centrali sindacali che ha prodotto inizialmente alcune intese minori e alla fine il nuovo accordo sulle pensioni. È vero che nel frattempo i confederali si sono divisi tra il Sì e il No ma il loro orientamento alla fine non ha condizionato l’esito delle urne. Più complessivamente si può dire che il sindacato è rientrato in partita non grazie all’unica carta rappresentata dal dialogo (riaperto) con Renzi ma perché in una situazione politico-sociale caotica è stato percepito come fattore di stabilizzazione delle tensioni…

 

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