Il nuovo Codice di comportamento per gli Ispettori del lavoro

Deve ritenersi già vigente il nuovo “Codice di comportamento ad uso degli ispettori del lavoro” (di seguito “CdC”), pubblicato lo scorso 21 gennaio 2014 sul sito istituzionale ministeriale (www.lavoro.gov.it/Notizie/Pages/20140121_nuovo_cod_isplav.aspx), adottato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali con proprio Decreto ministeriale 15 gennaio 2014, chiamato a sostituire integralmente il previgente Decreto direttoriale 20 aprile 2006.

Il nuovo CdC strutturato in 28 articoli, distinti in cinque capi, disciplina non soltanto i profili deontologici – in attuazione e con espresso richiamo al d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62 – ma dettaglia specificamente anche tutti gli aspetti procedimentali dell’ispezione del lavoro.

Il Ministero del lavoro nelle more della definizione del codice di comportamento dei dipendenti, ex art. 1, comma 2, del d.P.R. n. 62/2013, aveva predisposto uno schema di codice di comportamento ad uso degli ispettori del lavoro, al fine di garantire trasparenza e integrità dell’azione amministrativa e migliorare in tal modo la qualità dei servizi offerti. Lo schema di codice era stato presentato sul sito del Ministero del lavoro il 9 ottobre 2013, con lo scopo di avviare una consultazione pubblica in ordine ai contenuti dello stesso, con particolare riferimento ai profili deontologici del personale (per un approfondimento in merito allo schema di codice si rinvia a A. Caruso e C. Santoro, Schema del nuovo codice deontologico per gli ispettori del Ministero del lavoro: commento e proposte integrative, in Working Paper ADAPT, n. 139/2013).

Finalmente, a distanza di poco più di due mesi dalla chiusura della consultazione pubblica sullo schema di codice avvenuta lo scorso 28 ottobre 2013, il Ministero, con D.M. 15 gennaio 2014, ha pubblicato il nuovo codice ispettivo, che segue quasi otto anni dopo il precedente codice emanato con D.D. 20 aprile 2006.

 

 

Finalità e definizioni

 

Il Capo I (“Definizioni e finalità”), che inaugura il nuovo CdC, illustra nell’art. 1 (“Definizioni”) i concetti di principale rilievo nel contesto dell’intero codice deontologico, assegnando una serie di definizioni di particolare rilevanza nell’economia dell’intero corpus disciplinare, quali quelle di “Amministrazione” (il Ministero del lavoro), “personale ispettivo” (il personale inquadrato nei ruoli ispettivi dell’Amministrazione, nonché i militari dell’Arma dei Carabinieri assegnati ai Nuclei Ispettorato lavoro delle Direzioni del lavoro).

Si definiscono poi le tre tipologie di verbalizzazione tipiche dell’ispettore del lavoro: quelle disciplinate dall’art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 124/2004 (verbale di primo accesso e verbale unico, denominazione questa con cui il CdC ribattezza il verbale di accertamento e notificazione che conclude l’attività ispettiva) e quella relativa al verbale interlocutorio (rilasciato nelle indagini complessi e prolungati quando emergono ulteriori esigenze accertative per la definizione delle indagini).

Vengono poi fatte oggetto di specifica definizione due peculiari modalità investigative: “vigilanza a vista” e “accesso breve”. Con “vigilanza a vista” il CdC intende l’attività di vigilanza programmata limitatamente ad un settore di attività oppure ad uno specifico ambito territoriale. Mentre la vigilanza per “accesso breve” è quella caratterizzata da un accesso ispettivo finalizzato esclusivamente all’accertamento dell’eventuale impiego di lavoratori “in nero”.

L’art. 1 si differenza dallo schema perché si specifica che all’ispettore del lavoro sono attribuiti poteri di vigilanza e che egli riveste la qualifica di polizia giudiziaria. Va osservato, peraltro, che l’identificazione del personale ispettivo civile soltanto nel personale del Ministero inquadrato nei ruoli ispettivi, esclude la qualifica di “personale ispettivo” per i dirigenti delle Direzioni territoriali e regionali del lavoro i quali, dunque, per effetto del nuovo CdC non dovrebbero essere titolari di tessera ispettiva e non dovrebbero poter effettuare attività di vigilanza e ispettiva; sul punto, tuttavia, sarà necessario un chiarimento da parte delle competenti Direzioni generali del Ministero, stante il radicale mutamento di indirizzo rispetto al previgente regime. Si elimina, inoltre, senza comprensibile ragione, la previsione circa l’obbligo di riconsegnare la tessera al momento della sospensione o cessazione della funzione ispettiva, che rappresenta un fondamentale obbligo di tutela nei riguardi degli operatori economici.

 

Nell’art. 2 (“Finalità e criterio interpretativo”) il CdC identifica la finalizzazione plurima del codice che nel dettare i principi di comportamento per il personale ispettivo integra i doveri di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta dei dipendenti pubblici (di cui al d.P.R. n. 62/2013), oltre ad identificare, definire e diffondere i principi guida che sorreggono un corretto e uniforme comportamento del personale ispettivo allorquando esercita le proprie funzioni. La norma specifica, inoltre, che l’osservanza delle disposizioni del CdC deve essere “informata al principio di sostanzialità del comportamento piuttosto che al mero adempimento formalistico” con ciò sottolineando l’indispensabile attuazione della norma deontologica nell’esigenza di una tutela effettiva e sostanziale degli interessi pubblici che governano il controllo sulla legalità e la regolarità dei rapporti di lavoro.

Rispetto allo schema si aggiunge ora che l’osservanza del CdC è informata al principio di sostanzialità del comportamento del dipendente, piuttosto che al mero adempimento formalistico, che per sé solo non può dirsi sempre automatica e necessaria espressione del principio di buon andamento.

 

 

Preparazione e programmazione

 

Nel Capo II (“Attività propedeutica agli accertamenti”) si dettano regole specifiche per la fase che precede l’avvio degli accertamenti.

In particolare l’art. 3 (“Richieste di intervento”) si preoccupa di segnalare che le richieste di intervento devono essere raccolte dal personale addetto – non soltanto ispettori, ma anche personale amministrativo – in modo che siano circostanziate ed evidenzino una descrizione dettagliata degli elementi di fatto su cui le stesse si fondano e, quindi, corredata da adeguati elementi probatori, anche con l’individuazione di testimoni e documenti; inoltre il lavoratore che presenta la denuncia deve essere avvertito della possibilità che le questioni sollevate e segnalate possono essere definite mediante l’istituto della conciliazione monocratica.

 

All’art. 4 (“Programmazione dell’attività”) si prevede che gli ispettori devono osservare il programma di lavoro – ordine di servizio e, con salvezza per le esigenze di coordinamento, atto di assoluta riservatezza – realizzato di volta in volta secondo le modalità tecniche e informatiche impartite dal Ministero del Lavoro e non possono modificarlo senza preventiva autorizzazione.

Nel testo definitivo del CdC si precisa che le indicazioni contenute nel programma sono da considerarsi vero e proprio “ordine di servizio” e non mera “formale disposizione”.

 

L’art. 5 (“Preparazione dell’ispezione”) tratta dell’attività propedeutica all’ispezione e stabilisce che, in base alla tipologia di ispezione da effettuare, il personale ispettivo (ma anche quello amministrativo assegnato a supporto del Servizio Ispezione Lavoro delle Direzioni territoriali del lavoro) deve raccogliere tutte le informazioni e la documentazione da ispezionare sull’azienda da ispezionare, anche attraverso le banche dati (Registro delle Imprese, sistema Comunicazioni Obbligatorie on-line e Cassetto Previdenziale), avendo cura di acquisire informazioni riguardanti: organigramma aziendale, forza lavoro, situazione contributiva e assicurativa. Inoltre si prevede che il responsabile della programmazione (in genere il responsabile del Servizio Ispezione Lavoro) deve contattare la consigliera di parità per verificare i casi da questa segnalati e individuare anche ulteriori profili di discriminazione di genere.

Nella versione definitiva del CdC si elimina l’elenco in merito alla tipologia di le descrizione delle informazioni disponibili in banca dati.

 

 

Accesso ispettivo ed accertamento

 

Il Capo III (“Accesso ispettivo e modalità di accertamento”) è inaugurato dall’art. 6 (“Obbligo di qualificarsi”) che sancisce l’obbligo per il personale ispettivo di qualificarsi al soggetto ispezionato e di esibire la tessera di riconoscimento, in mancanza della quale l’accesso sul luogo di lavoro da ispezionare non può essere effettuato.

Nella trasposizione dello schema del CdC nella versione definitiva contenuta nel D.M. viene eliminata la previsione dell’obbligo di qualificarsi “contestualmente all’accesso”, ciò significa che la qualificazione e l’esibizione della tessera di riconoscimento devono avvenire il prima possibile, ma non necessariamente al momento dell’accesso in azienda se ciò è impedito o reso inopportuno dalle circostanze di fatto in cui avviene l’accesso ispettivo stesso.

 

Nell’art. 7 (“Principio di collaborazione”) si enuncia il principio di collaborazione tra soggetto accertatore e soggetto ispezionato, stabilendo, nel solco della Direttiva sui servizi ispettivi del 18 settembre 2008, che i rapporti tra ispettori e soggetto ispezionato devono essere improntati ai principi di collaborazione e di rispetto; inoltre, ferme restando le finalità e le esigenze proprie dell’accertamento ispettivo, questo deve essere effettuato arrecando la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività produttive o di servizio degli ispezionati.

 

L’obbligo di informazione e l’assistenza all’ispezione sono i temi trattati dall’art. 8 (“Informativa e assistenza all’ispezione”). E’ previsto che il personale ispettivo, nel dare inizio alla sua attività, deve innanzitutto conferire con il datore di lavoro, laddove possibile, qualora ciò non pregiudichi le finalità dell’accertamento. Inoltre, quando risulti necessario, gli ispettori devono informare il soggetto ispezionato dei poteri propri degli organi di vigilanza, nonché del potere di sanzionare eventuali comportamenti diretti a impedire od ostacolare l’esercizio dell’attività di accertamento. Il personale ispettivo deve in ogni caso informare il soggetto ispezionato della facoltà di rilasciare dichiarazioni e di farsi assistere, nel corso dell’accertamento, da un professionista abilitato (ai sensi della legge n. 12/1979); naturalmente, l’assenza di tale professionista non può essere ostativa alla prosecuzione dell’attività ispettiva, né inficia la sua stessa legittimità. Gli ispettori devono anche verificare che il professionista sia effettivamente abilitato, annotando gli estremi di iscrizione al relativo albo professionale, dando immediata comunicazione alle autorità competenti in caso di constatato esercizio abusivo della professione (Autorità giudiziaria e Consiglio provinciale dell’Ordine professionale), vietando al soggetto non abilitato di assistere all’ispezione in corso. Sparisce nella versione definitiva del CdC la specificazione secondo la quale il consulente poteva avvalersi anche di un collaboratore ma soltanto se appositamente delegato, peraltro ove il mancato inserimento debba intendersi come mero refuso, starebbe a significare che soltanto il professionista personalmente può relazionarsi con il personale ispettivo durante le prime fasi dell’ispezione, escludendo il ruolo anche soltanto di delegato o di “nuncius” di qualsiasi collaboratore. Ma su questo aspetto, data la rilevanza operativa della soluzione interpretativa scelta, deve attendersi uno specifico pronunciamento della Direzione generale per l’attività ispettiva.

 

All’art. 9 (“Procedura ispettiva”) si precisa che, ferme restando le ispezioni in materia di sicurezza sul lavoro, gli accertamenti ispettivi devono di norma procedere con: identificazione delle persone presenti, acquisizione delle dichiarazioni, esame della documentazione aziendale eventualmente presente, descrizione delle lavorazioni svolte e delle condizioni di lavoro. Viene stabilito, inoltre, che gli accertamenti devono concludersi nei tempi strettamente necessari, pur tenendo conto della complessità dell’indagine ispettiva e delle dimensioni dell’azienda ispezionata, secondo i noti principi di immediatezza, proporzionalità e di buon andamento. Inoltre si puntualizza che nelle ipotesi di vigilanza con accesso breve (ovvero in altre ipotesi specificamente individuate dalla Direzione generale per l’attività ispettiva), se non emergono incongruenze fra la situazione aziendale accertata e quella che si evince dalle banche dati e non si ravvisa alcun indizio di irregolarità, l’ispezione va conclusa immediatamente.

Rispetto alla versione dello schema di codice, nel D.M. sparisce ogni riferimento alla valutazione delle attività svolte in funzione del rischio assicurato e della situazione di sicurezza e inoltre viene limitata alle sole ispezioni ad “accesso breve” e nelle campagne di vigilanza appositamente individuate dal Ministero del lavoro la possibilità di concludere l’ispezione già in sede di accesso ispettivo senza dare seguito a successivi accertamenti e verbalizzazioni.

 

Il personale ispettivo, secondo l’art. 10 (“Corretta informazione”) deve fornire ai soggetti ispezionati chiarimenti e indicazioni operative sulla corretta applicazione delle norme in materia di lavoro e legislazione sociale; inoltre, alle richieste dell’ispezionato deve rispondere nel modo più completo, chiaro e accurato possibile, attenendosi esclusivamente alle posizioni ufficiali espresse dal Ministero.

 

Nell’art. 11 (“Acquisizione ed esame di documenti”) si prevede che il personale ispettivo può chiedere al datore di lavoro di esibire soltanto la documentazione non verificabile direttamente d’ufficio anche tramite le banche dati disponibili (riecheggiando i contenuti del Protocollo d’Intesa coi Consulenti del Lavoro del 15 febbraio 2012). Si ribadisce poi quando già previsto dal CdC del 2006 per cui l’esame della documentazione può essere effettuato presso la sede del soggetto ispezionato ovvero presso gli studi dei professionisti abilitati o presso l’ufficio di appartenenza del personale ispettivo procedente, secondo le disposizioni impartite e, si ritiene, in base a quanto effettivamente rispondente alle esigenze concrete dell’accertamento. Al fine di evitare inutile appesantimento alle indagini, il personale ispettivo è tenuto ad acquisire esclusivamente la documentazione utile all’esame obiettivo della situazione in azienda e dei fatti che formano oggetto dell’indagine e, quindi, a comprovare le violazioni accertate e a sostenere la validità e la legittimità dei provvedimenti sanzionatori, anche in considerazione del successivo confronto con le argomentazioni difensive dell’ispezionato in sede di contenzioso (amministrativo o giudiziario).

 

Con l’art. 12 (“Acquisizione delle dichiarazioni”) si stabilisce che le dichiarazioni rese dai lavoratori devono essere acquisite normalmente durante il primo accesso nei luoghi di lavoro. Solo ove ritenuto necessario al fine di arricchire di ulteriori elementi conoscitivi la vigilanza in corso, il personale ispettivo può acquisire le dichiarazioni dalle rappresentanze sindacali aziendali, dalle rappresentanze sindacali unitarie, dal comitato pari opportunità, dal consigliere di parità e, per quanto attiene alla vigilanza in materia di sicurezza sul lavoro, dalle rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza. Il personale ispettivo può anche valutare l’opportunità di acquisire le dichiarazioni dei lavoratori al di fuori del posto di lavoro, nonché di acquisire dichiarazioni utili all’accertamento da parte di altri soggetti. In base alle caratteristiche dell’azienda, l’acquisizione delle dichiarazioni può essere effettuata anche da più unità ispettive, mentre il prosieguo e la definizione dell’accertamento può essere demandato ad una sola unità ispettiva, a condizione che di tali modalità operative si faccia menzione nel verbale unico di accertamento e notificazione. Si stabilisce che le dichiarazioni dei lavoratori devono essere acquisite con modalità tali da non dar luogo a dubbi interpretativi: in ogni caso la dichiarazione deve essere acquisita con domande chiare e comprensibili, riportando le risposte in modo chiaro e leggibile nel verbale di acquisizione della dichiarazione, di cui deve darsi lettura al dichiarante affinché ne confermi il contenuto oppure rilevi eventuali correzioni e infine proceda a sottoscriverlo, secondo la nota formula di prassi del “letto, confermato e sottoscritto”. Eventuali rifiuti a fornire informazioni o a sottoscrivere dichiarazioni devono risultare, con le relative motivazioni, dal verbale di acquisizione della dichiarazione. Si vieta la presenza del datore di lavoro e del professionista durante l’acquisizione delle dichiarazioni dei lavoratori. La norma sancisce poi l’obbligo di riscontrare i contenuti delle dichiarazioni acquisite: queste vanno collazionate con elementi oggettivi risultanti dalla documentazione esaminata o da altre dichiarazioni rese da lavoratori o da terzi (c.d. sistema di verifica a dichiarazioni incrociate). Oltremodo rilevante, in continuità con quanto sancito dalla Circolare n. 43 dell’8 novembre 2013, è la disposizione che vieta, in ogni caso e non più soltanto “sino alla conclusione degli accertamenti” come era nel CdC del 2006 e ancora nello schema di codice dell’ottobre 2013, il rilascio di copie delle dichiarazioni al lavoratore e al soggetto ispezionato. In caso di richiesta, il personale ispettivo informa l’interessato che l’eventuale accesso alle dichiarazioni può formare oggetto di apposita istanza di accesso agli atti amministrativi da rivolgere alla Direzione territoriale del lavoro di appartenenza, ai sensi degli artt. 22 ss. della legge n. 241/1990.

 

 

Verbali e definizione dell’accertamento

 

Il Capo IV (“Verbalizzazione e rapporto”) del CdC è dedicato ai due fondamentali strumenti di comunicazione del personale ispettivo: i verbali, destinati al datore di lavoro sottoposto agli accertamenti, ed il rapporto, che, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 689/1981, l’organo accertatore deve trasmettere al Direttore della Direzione territoriale del lavoro, affinché questi adotti le proprie determinazioni in ordine all’ulteriore prosecuzione, ovvero all’arresto, del procedimento sanzionatorio. In tale quadro, l’art. 13 (“Verbale di primo accesso”) nel ribadire i contenuti della Circolare n. 41 del 9 dicembre 2010, dispone che, a conclusione della visita ispettiva, il personale di vigilanza ha l’obbligo di redigere il verbale di primo accesso, secondo quanto previsto dall’art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 124/2004, identificando i lavoratori trovati intenti al lavoro e descrivendo le modalità del loro impiego, specificando le mansioni svolte e fornendo qualsiasi notizia utile ad evidenziare le effettive condizioni di lavoro (ferme restando le disposizioni in materia di prescrizione obbligatoria per quanto attiene alle contravvenzioni).

 

In base all’art. 14 (“Verbale interlocutorio”) gli ispettori sono tenuti a redigere un verbale interlocutorio, in caso di accertamenti complessi che si prolungano nel tempo, ove non sia possibile definire l’accertamento sulla base della documentazione già prodotta in ottemperanza al verbale di primo accesso ispettivo e, pertanto, siano necessarie ulteriori informazioni per definire le indagini; in tal caso, il verbale interlocutorio deve contenere la richiesta motivata di documenti ed informazioni, nonché l’espressa menzione che gli accertamenti sono ancora in corso.

 

Con l’art. 15 (“Verbale unico e comunicazione di definizione degli accertamenti”) si stabilisce che il verbale unico deve contenere ogni elemento utile a garantire una conoscenza precisa e circostanziata dei fatti e ad assicurare il diritto di difesa del “presunto” trasgressore. La norma consente anche il rinvio contenutistico per relationem al verbale di primo accesso e al verbale interlocutorio, mentre viene prescritto l’obbligo di motivazione del verbale con specifico riferimento alle conclusioni dell’accertamento, secondo quanto previsto dall’art. 13, comma 4, d.lgs. n. 124/2004, anche allo scopo di prevenire il contenzioso amministrativo o giudiziale. Se al termine dell’ispezione non redige alcun provvedimento sanzionatorio, il personale ispettivo deve informare tempestivamente l’ispezionato con apposita comunicazione di definizione degli accertamenti. Da ultimo rimangono ferme le disposizioni contenute nell’art. 301-bis del d.lgs. n. 81/2008 in merito all’estinzione agevolata degli illeciti amministrativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro mediante regolarizzazione. Rispetto allo schema di codice nel D.M. si specifica, anzitutto, che il trasgressore è solo “presunto”, seppure nella fase della verbalizzazione unica che definisce gli accertamenti il trasgressore è specificamente individuato e motivatamente sanzionato senza alcuna presunzione. Si precisa poi che la comunicazione che definisce l’accertamento in caso di mancata adozione di provvedimenti sanzionatori non è una comunicazione di “regolare definizione” ma soltanto di “definizione” degli accertamenti effettuati. Infine, nel fare salvo quanto previsto dall’art. 301-bis del d.lgs. n. 81/2008 in merito alla regolarizzazione amministrativa in materia prevenzionistica sembra che il CdC ritenga estranea tale procedura alla verbalizzazione unica.

 

L’art. 16 (“Rapporto al Direttore ex art. 17. l. n. 689/1981”) tratta del rapporto al Direttore della Direzione territoriale del lavoro che i funzionari accertatori devono redigere ai sensi dell’art. 17 della legge n. 689/1981. Ebbene, con tale disposto il Ministero del lavoro mette in chiaro, come peraltro aveva già anticipato la Direzione generale per l’attività ispettiva con Lettera circolare n. 3289 del 18 febbraio 2010, che il personale ispettivo è tenuto a redigere il rapporto al Direttore esclusivamente in caso di acclarato omesso pagamento delle sanzioni in misura ridotta previste per le violazioni accertate. Nel rapporto, stabilisce ancora il CdC, verificata la ritualità e la regolarità della notifica del verbale unico, vanno indicati – “con chiarezza e dettagliatamente” – tutti gli elementi di prova ritenuti rilevanti ai fini della contestazione delle sanzioni (documenti, dichiarazioni, rilievi video-fotografici). Il rapporto deve, inoltre, contenere apposite osservazioni necessarie per valutare la gradualità della sanzione in sede di emissione dell’ordinanza ingiunzione per la corretta applicazione dell’art. 11 della legge n. 689/1981. Nel caso di presentazione di scritti difensivi, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 689/1981, è fatto obbligo agli ispettori di indicare sintetiche controdeduzioni sugli stessi. Rispetto allo schema di codice di ottobre 2013 nel D.M. si specifica che gli elementi di prova rilevanti devono essere indicati nel rapporto in modo chiaro e dettagliato evidenziando puntualmente la tipologia di documentazione trasmessa in allegato al rapporto stesso che consenta all’Ufficio affari legali e contenzioso della Direzione territoriale del lavoro di apprezzare i contenuti effettivi dell’accertamento, al fine di istruire compiutamente il provvedimento che definisce il procedimento sanzionatorio adottato dal Direttore della stessa Dtl.

 

Negli artt. 17 (“Trasmissione dei verbali ad altre amministrazioni”) e 18 (“Illeciti penali”) il personale ispettivo è richiamato al rispetto degli obblighi di comunicazione e informazione, già previsti dalla legge, nonché di tempestiva trasmissione dei verbali e della documentazione probatoria alle Autorità ed agli Organismi competenti, nei casi di accertamento di fatti costituenti reato, violazioni fiscali, omissioni contributive e quant’altro. Le raccomandazioni che il Codice indirizza agli ispettori sono quelle di trasmissione completa e tempestiva della documentazione necessaria a consentire di avere contezza integrale degli illeciti di competenza dell’Autorità alla quale la documentazione trasmessa è diretta. Con specifico riguardo agli illeciti penali il personale ispettivo è chiamato a riferire, a norma del codice di procedura penale, in maniera compiuta alla competente Procura della Repubblica (avendo cura di inviare tutta la documentazione che costituisce prova del reato), fatti ovviamente salvi i casi in cui è prevista dal legislatore l’adozione della prescrizione obbligatoria ai sensi dell’art. 19 e ss. del d.lgs. n. 758/1994 e dell’art. 15 del d.lgs. n. 124/2004. Rispetto allo schema di codice di ottobre 2013 l’art. 17 contiene la specifica dell’invio tempestivo degli atti di accertamento nonché l’obbligo di allegazione di tutta la documentazione probatoria. Mentre nell’art. 18 nel D.M. non compare il secondo comma dove si specificava che il personale ispettivo era tenuto a comunicare alla Guardia di finanza i fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie, ma ciò si giustifica con l’ampiezza dell’art. 17 che prevede già la trasmissione degli atti dell’accertamento alla Guardia di finanza. Inoltre sempre nell’art. 18 vengono specificate le norme in materia di prescrizione obbligatoria ma senza il richiamo esplicito anche dell’art. 301 del d.lgs. n. 81/2008 in materia di salute e sicurezza sul lavoro, tuttavia deve ritenersi un mero refuso stante la portata generale del d.lgs. n. 758/1994 al quale anche la disposizione omessa fa espresso rinvio.

 

 

Aspetti deontologici

 

Il Capo V (“Profili deontologici”) che conclude il CdC si occupa dei valori e degli obblighi propriamente comportamentali del personale ispettivo. L’art. 19 (“Valori fondamentali”) sancisce solennemente che il personale ispettivo, nell’esercizio delle proprie funzioni, deve perseguire i valori fondamentali di imparzialità, obiettività, efficienza, riservatezza professionale e trasparenza, e deve attenersi a norme di onestà e integrità (con un richiamo implicito ai contenuti dell’art. 3, comma 2, del D.P.R. n. 62/2013).

 

L’art. 20 (“Imparzialità e parità di trattamento”) assicura l’imparzialità degli ispettori e la parità di trattamento degli ispezionati e, perciò, vieta agli ispettori qualsiasi trattamento preferenziale e qualsiasi azione arbitraria, operando senza influenza da indebite pressioni, garantendo l’attuazione del principio di parità di trattamento degli ispezionati (con un richiamo implicito ai contenuti dell’art. 3, comma 5, del D.P.R. n. 62/2013). Gli ispettori devono anche, quando esercitano le loro funzioni, astenersi dal manifestare (anche indirettamente) orientamenti politici o ideologici che possono ingenerare dubbi sulla imparzialità dell’azione di vigilanza. Rispetto allo schema di codice di ottobre 2013 nella versione definitiva contenuta nel D.M. si precisa che il personale ispettivo, allorquando esercita le funzioni ispettive – in sede di accesso in azienda ma anche nel corso dell’espletamento delle successive fasi di indagine e di accertamento – deve astenersi dal manifestare orientamenti di qualsiasi natura (politici o ideologici, ricomprendendo questi ultimi inevitabilmente anche quelli sindacali), al fine di evitare all’ispezionato e a chi lo assiste professionalmente qualsiasi dubbio circa la reale ed effettiva imparzialità dell’agire ispettivo.

 

Nell’art. 21 (“Obbligo di astensione e dichiarazione di incompatibilità”) si obbliga il personale ispettivo ad astenersi dal partecipare all’adozione di decisioni o ad indagini, qualora possano essere coinvolti direttamente o indirettamente interessi personali o sussistano ragioni di convenienza secondo quanto previsto dall’art. 7 del D.P.R. n. 62/2013. In tutti i casi di astensione l’ispettore del lavoro deve trasmettere all’ufficio di appartenenza un’apposita dichiarazione di incompatibilità e ciò anche se le condizioni di astensione indicate sussistano in capo al professionista che assiste il soggetto ispezionato. La dichiarazione di incompatibilità va effettuata anche quando i presupposti dell’astensione emergono nel corso dell’accertamento ispettivo. Rispetto allo schema di codice di ottobre 2013 nella versione definitiva contenuta nel D.M. viene opportunamente ricondotto nell’alveo dell’art. 7 del D.P.R. n. 62/2013 l’intero nucleo dispositivo in materia di astensione e incompatibilità.

 

Il personale ispettivo, a norma dell’art. 22 (“Tutela della riservatezza e segreto professionale”), non può utilizzare a fini privati le informazioni di cui dispone per ragioni di ufficio e deve garantire la segretezza della fonte della denuncia (con un richiamo implicito all’art. 3, comma 3, del D.P.R. n. 62/2013), seppure “nei limiti indicati dall’Amministrazione”. Inoltre, gli ispettori devono conservare il segreto sulle informazioni inerenti i processi produttivi e lavorativi di cui vengano a conoscenza nell’esercizio delle proprie funzioni e devono effettuare il trattamento dei dati personali nel rispetto della normativa in materia di tutela della riservatezza (richiamando qui implicitamente l’art. 12, comma 5, del D.P.R. n. 62/2013). Nel CdC si specifica che le medesime disposizioni sono estese anche al personale amministrativo adibito a supporto delle funzioni ispettive.

 

L’art. 23 (“Condivisione degli obiettivi”) invita gli organi ispettivi a condividere gli obiettivi del Ministero del Lavoro e, conseguentemente, a finalizzare il loro operato alla realizzazione degli obiettivi di tutela sociale e del lavoro, di contrasto al lavoro sommerso e irregolare, di lotta alla evasione e alla elusione contributiva. A tal fine gli ispettori devono utilizzare l’autonomia operativa riconosciuta dal ministero e provvedere a curare il proprio aggiornamento professionale e partecipare alle iniziative formative organizzate dall’Amministrazione. Rispetto allo schema di codice del 2013 nella versione definitiva del D.M. si precisa opportunamente la finalizzazione dell’operato ispettivo e si valorizza a tal fine l’autonomia operativa riconosciuta agli ispettori.

 

L’art. 24 (“Custodia ed uso dei beni in dotazione”) prescrive di utilizzare il materiale e le attrezzature di cui il personale ispettivo dispone per ragioni di ufficio, secondo le indizioni fornite dal Ministero e in osservanza dei doveri di cui all’art. 11, comma 3, del D.P.R. n. 62/2013.

 

Con l’art. 25 (“Rapporti con gli organi di informazione”) si prevede che il personale ispettivo deve astenersi da rapporti con gli organi di informazione, salva previa autorizzazione. Inoltre si precisa che qualora vengano a conoscenza di notizie inesatte riportate da organi di stampa, gli ispettori devono informare prontamente l’ufficio di appartenenza.

 

Rispetto al precedente schema di ottobre 2013, compaiono nel D.M. gli ulteriori articoli 26, 27 e 28 che si soffermano sul ricevimento di regali o altre utilità, sulla partecipazione ad associazioni e organizzazioni e sugli incarichi di collaborazione.

 

Nell’art. 26 (“Regali, compensi e altre utilità”) si stabilisce che il personale ispettivo non deve chiedere, né sollecitare, né accettare regali o utilità (qui rileva il richiamo implicito all’art. 4 del D.P.R. n. 62/2013). Possono accettare esclusivamente regali o utilità d’uso di modico valore (si intendono quelli di valore non superiore, in via orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto) effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali. Indipendentemente dal rilievo penale della condotta, gli ispettori non chiedono regali o utilità come corrispettivo per compiere od omettere atti del proprio ufficio. I regali e le utilità ricevuti fuori dai casi consentiti sono immediatamente messi a disposizione del Ministero per la restituzione o per essere devoluti a fini istituzionali.

 

L’art. 27 (“Partecipazione ad associazioni e organizzazioni”), pure facendo salvo il diritto costituzionale di associazione, fa obbligo al personale ispettivo di comunicare tempestivamente al Direttore della Direzione territoriale del lavoro di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento della propria attività, fatta eccezione per l’adesione a partiti politici o a organizzazioni sindacali. Inoltre viene fatto divieto al personale ispettivo di costringere altri dipendenti ad aderire ad associazioni od organizzazioni e di esercitare pressioni promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera (la norma richiama le previsioni contenute nell’art. 5 del d.P.R. n. 62/2013).

 

Infine, con l’art. 28 (“Incarichi di collaborazione”) si stabilisce che l’ispettore non può accettare incarichi di collaborazione da soggetti privati che, nel biennio precedente, sono stati oggetto di verifica ispettiva da parte dello stesso funzionario.

 

Anna Rita Caruso

Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo

@ Annarita_Caruso

 

Pierluigi Rausei

ADAPT Professional Fellow e Docente di Diritto sanzionatorio del lavoro

Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo

@RauseiP

 

* Si segnala che le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’amministrazione di appartenenza.

 

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Il nuovo Codice di comportamento per gli Ispettori del lavoro
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