Il modello di alternanza della Fondazione Bruno Kessler: WebValley, dove nascono i ricercatori del futuro

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WebValley è il nome della summer school organizzata dalla Fondazione Bruno Kessler, l’ente di ricerca della Provincia Autonoma di Trento. Tre settimane di immersione nella natura della Val di Non, dedicate ai giovani tra i diciassette e i diciotto anni e alla loro formazione nel campo della ricerca e del datascience. Obiettivo del campus è infatti quello di sperimentare un programma di ricerca su tematiche relative all’uso delle nuove tecnologie applicate alla scienza, come l’intelligenza artificiale e l’analisi dei dati. I ragazzi accedono al programma tramite un’autocandidatura e un processo di selezione volto all’individuazione dei potenziali più meritevoli. Peculiarità del progetto è il suo carattere interdisciplinare: trattandosi per lo più di alunni delle quarte e quinte superiori, la provenienza formativa scolastica è molto eterogenea, così come lo sono le aree di specializzazione e competenza.

 

Quest’anno il progetto è stato svolto in collaborazione con l’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e ha visto impegnato il team di ricerca nello studio di risonanze magnetiche relative a tumori al cervello diagnosticati nei pazienti. Lo scopo era quello di testare gli strumenti offerti dall’intelligenza artificiale per un avanzamento della ricerca in ambito medico e oncologico. I partecipanti, nel corso della prima settimana, sono stati impegnati in un intenso training introduttivo, volto a fornire loro il know-how necessario allo svolgimento delle attività di ricerca. In seguito, a seconda delle competenze (che spaziavano dalla comunicazione, alla programmazione IT, alla biologia) i ragazzi si sono divisi in cinque gruppi di lavoro dedicati a medical imaging (studio delle caratteristiche generiche del tumore e applicazione delle conoscenze nella segmentazione manuale); machine learning (operazioni computazionali e di programmazione svolte mediante l’uso di algoritmi volti allo studio delle caratteristiche radiomiche, al fine della rilevazione di connotati simili/comuni alle radiografie analizzate); privacy (trattamento dei dati tramite strumenti di intelligenza artificiale); comunicazione (aggiornamento dei social, coordinamento dei mezzi stampa di diffusione) e social innovation (volto all’analisi dei tratti innovativi del progetto e alle sue possibilità di immissione nel mercato).

 

Ciò che merita particolare evidenza sono i punti di forza del programma, che costituisce un virtuoso esempio di alternanza scuola-lavoro e, in generale, del metodo learning by doing. I ragazzi apprendono a scuola, nei singoli e diversificati percorsi formativi, i contenuti teorici utili all’applicazione pratica in situazioni di compito del tutto nuove per loro (nel gruppo di lavoro, nessuno aveva mai fatto ricerca). Questo assolve a una duplice funzione: in primo luogo la possibilità di formarsi competenze sul campo, ma anche l’opportunità di interfacciarsi dal punto di vista operativo con le proprie passioni e inclinazioni, anche al fine di verificarne l’effettiva portata. I ragazzi hanno la necessità (oltre che la curiosità) di sperimentare i possibili percorsi professionali allo sbocco della formazione, per valutare le possibilità di soddisfazione dei propri talenti e aspettative. Ciò a conferma dell’importanza di una motivazione personale alla base dell’attività lavorativa che, oltre ad avere un ruolo a livello di soddisfazione individuale, acquisisce un rilievo considerevole anche in termini di produttività.

 

Altro elemento lodevole del progetto è la profonda comprensione dell’irrinunciabilità della dimensione interdisciplinare. All’interno di un progetto di ricerca la riunione di background formativi diversi accresce e potenzia il risultato e, in generale, anche questo fattore appare indispensabile nell’attuale mercato del lavoro di qualsiasi settore: la diversità lato sensu nell’organizzazione produttiva è la chiave del successo di qualsiasi attività. Connesso a questo aspetto e altrettanto importante è lo sviluppo della capacità di lavorare in team e l’organizzazione del lavoro attraverso una calendarizzazione per step di risultato: oltre all’obbligo di portare dei risultati di ricerca coerenti con l’obiettivo minimo prefissato, i ragazzi hanno dovuto rispettare le fasi intermedie di raccordo sull’avanzamento del lavoro.

 

Infine, senza dubbio, la caratteristica più importante di WebValley è quella di incentrare l’apprendimento del mestiere della ricerca sulla trasmissione di un metodo: l’acquisizione delle competenze operative, infatti, deve essere necessariamente supportata, sul versante organizzativo, dalla ricerca di un “senso” e di una direzione per il proprio lavoro. Questo vale tanto nell’ambito della ricerca scientifica quanto in ogni altra professione, in quanto contribuisce ad arricchire di significato non solo l’output produttivo ma il processo stesso della sua elaborazione, restituendo dignità e portata strutturale al lavoro.

 

La formazione delle competenze e l’investimento strategico sui giovani costituiscono il nodo cruciale per la ripartenza del mercato del lavoro italiano. L’auspicio è che l’esperimento di successo che ogni estate prende vita nel cuore del Trentino, fungendo da motore propulsivo alle attività di ricerca scientifica e allo sviluppo della relativa filiera produttiva sul territorio, venga preso ad esempio anche dal resto dell’imprenditoria nazionale di qualsiasi settore.

 

Federica De Luca

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

Università degli Studi di Bergamo

@0FedericaDeLuca

 

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Il modello di alternanza della Fondazione Bruno Kessler: WebValley, dove nascono i ricercatori del futuro
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