Il mio canto libero – Un anno di pandemia tra stanchi contratti nazionali e utili accordi di prossimità

Bollettino ADAPT 1 marzo 2021, n. 8

 

Nell’anno trascorso la faticosa sopravvivenza delle attività economiche e della occupazione ha potuto avvalersi delle flessibilità consentite dagli accordi aziendali o territoriali regolati dall’art.8 del decreto legislativo n. 138/11. Nonostante la diffidenza ideologica delle correnti sindacali, giurisprudenziali, accademiche di stampo egualitario, moltissime intese hanno consentito di ampliare ulteriormente – rispetto alla sospensione nel periodo pandemico delle rigidità introdotte nel 2018 – le modalità di impiego dei contratti a termine. La realtà ha piegato anche le resistenze più coriacee e la condizione imposta è stata ancora una volta il silenzio. Questi accordi si fanno ma non si dicono. Così ha voluto la solita ipocrisia “progressista”. L’andamento incerto di molte produzioni, di beni o peggio ancora di servizi, ha determinato assunzioni a breve termine e proroghe ripetute con una incidenza di questi contratti (sul totale degli occupati) oltre i limiti regolatori. E la prospettiva di una ancor più faticosa convivenza con il contagio per lungo tempo impone un saggio utilizzo delle deroghe per tutto il periodo necessario.

 

I contratti di prossimità non potranno tuttavia limitarsi alle ragioni “difensive”. Essi sono uno strumento “espansivo” fondamentale nella stagione che esalta la originalità di ciascuna impresa e dei suoi percorsi. Un portato positivo di questa lunga crisi sembra essere costituito da una maggiore attenzione al valore del lavoro. Per fortuna, un numero crescente di imprenditori non si accontenta del contratto nazionale e del “pilota automatico” delle risorse umane che questo ha tradizionalmente rappresentato. Occorre incrementare continuamente le competenze, adeguarle alle tecnologie o ai prodotti. Così come la competizione impone il miglioramento della produttività del lavoro. Servono allora accordi aziendali (o interaziendali) per andare oltre gli inquadramenti del contratto nazionale così da renderli più flessibili, dinamici, reversibili. Anche il recente contratto dei metalmeccanici, che pure ha rivisto una disciplina rimasta intatta dal 1973, ha bisogno di adattamenti ai diversi contesti aziendali.

 

Insomma, la pandemia ha per un verso ridato un po’ di fiato agli stanchi contratti nazionali e per l’altro evidenziato la necessità di definire in prossimità, nelle aziende e nei territori, molti dei contenuti del rapporto di lavoro. E più le parti si renderanno disponibili al reciproco adattamento, più il legislatore sarà indotto ad astenersi dalla regolazione eteronoma rispettando il ruolo sussidiario dei corpi sociali.

 

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

 

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