Il mio canto libero – Salari e sussidi adattivi alle diverse realtà

Bollettino ADAPT 4 ottobre 2021, n. 34

 

Tra le riflessioni critiche sul reddito di cittadinanza merita attenzione quella pubblicata dal Corriere a firma di Milena Gabanelli. Vi si sottolinea in particolare il diverso costo della vita rilevato dall’Istat nelle varie comunità del nostro Paese per cui si differenziano significativamente le soglie della povertà assoluta. Ne consegue che una misura omogenea del reddito garantito si distribuisce iniquamente nei territori penalizzando coloro che risiedono ove maggiore è il costo della vita. Questa elementare considerazione mette in realtà in discussione tutti i tradizionali meccanismi di distribuzione della ricchezza attraverso i sussidi e i salari fondati su leggi o contratti nazionali che considerano i cittadini e i lavoratori allo stesso modo prescindendo dai luoghi di residenza.

 

Non si tratta di rispolverare le cosiddette “gabbie” amministrative altrettanto centralizzate ma di constatare, a partire dai pubblici dipendenti, che uguale remunerazione corrisponde a diverse capacità di spesa. Solo una diversa organizzazione della contrattazione può infatti porre rimedio ad una evidente iniquità. Un accordo interconfederale tra le maggiori organizzazioni, riconosciuto dallo stesso Ispettorato Nazionale del Lavoro, dovrebbe identificare una soglia minima garantita che per essere egualitaria potrebbe collocarsi, come nei Paesi europei ove vi provvede lo strumento legislativo, attorno alla metà dei salari di fatto. Spetterebbe poi ad accordi regionali, come nel caso della Germania, definire livelli retributivi corrispondenti ai principali indicatori del costo della vita e della produttività media mentre lo sviluppo dei contratti aziendali avrebbe il compito di incrementare ulteriormente i salari secondo moderni inquadramenti, dinamiche delle competenze certificate, andamenti della produttività specifica.

 

È evidente che occorrerebbe una maggiore disponibilità dei datori di lavoro a valorizzare il contributo dei propri collaboratori ai risultati dell’impresa e una diversa organizzazione dei sindacati nei territori. Quindi niente norme di legge sul salario minimo e sulla rappresentanza ma meccanismi virtuosi di contrattazione quanto più aderenti alla realtà e al dinamismo delle persone e delle imprese. Gli stessi contratti “pirata” sottoscritti da organizzazioni poco o nulla rappresentative sarebbero travolti da assetti regolatori realizzati in quella prossimità che rende agevole il mutuo riconoscimento tra i soggetti che vantano più adesioni in termini di iscritti e di componenti delle rappresentanze elettive. Si tratta evidentemente di superare ogni semplificazione centralistica e di rinunciare a imporla attraverso la protezione corporativa della norma di legge. Premiare i lavori nel tempo post-fordista comporta impegno e fatica, non rendite di posizione, nei corpi rappresentativi.

 

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

 

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