Il mio canto libero – Recessione e mercato del lavoro

Bollettino ADAPT 4 febbraio 2019, n. 5

 

Nei giorni scorsi l’Istat ha comunicato la formale recessione dell’economia italiana e confermato la condizione stagnante del nostro mercato del lavoro.

Secondo alcuni il secondo è semplicemente lo specchio della prima.

 

Eppure l’occupazione in Italia è sempre risultata agli ultimi posti nell’eurozona anche negli anni di maggiore sviluppo a dimostrazione di un andamento almeno in parte indipendente.

Certamente la crescita debole o addirittura negativa si traduce in un minore numero di ore lavorate e nella sotto-occupazione di molti al punto che ora conosciamo il fenomeno dei poor workers, in precedenza qui sconosciuto.

 

Potremmo quindi ritenere che la contrazione del Pil sempre più velocemente peggiora quantità e qualità dei lavori ma che la sua ripresa può essere addirittura condizionata dalla qualità delle istituzioni del lavoro e comunque riflettersi in modo lento e contenuto sull’occupazione.

Vale la pena quindi concentrare l’impegno pubblico sulla ripresa della domanda interna per alimentare una economia meno sostenuta dal commercio internazionale.

 

Ma è necessario anche riflettere, ancora una volta, sui modi con cui le politiche del lavoro possono esse stesse concorrere a promuovere lo sviluppo, determinare un migliore rapporto tra questo e la produzione di posti di lavoro, garantire il migliore grado di inclusione sociale.

E le dobbiamo ovviamente disegnare in piena sincronia con il tempo in cui si attuano.

Oggi esse devono essere funzionali ad una fase in cui il ciclo dei prodotti si accorcia, la domanda e l’offerta di servizi cambiano rapidamente, le professionalità devono adattarsi alle trasformazioni continue, le persone scontano lunghi periodi pregressi di mansioni ripetitive o percorsi educativi deboli. Interroghiamoci allora su tutti gli obiettivi conseguenti.

 

Come alimentare la propensione ad intraprendere o ad ampliare l’impresa incoraggiando quella ad assumere e a investire nelle persone in un tempo incerto?

Come garantire la disponibilità delle competenze necessarie alle nuove opportunità di crescita?

Come rendere accessibili a tutti i percorsi di vero apprendimento? Come sostenere il reddito nelle transizioni permanenti senza incentivare la passività?

Come remunerare equamente il lavoro in modo che crescano simultaneamente i salari e la produttività?

La flessibilità e la sicurezza rimangono i parametri obbligati di queste politiche ma si declinano in termini nuovi rispetto al tempo in cui furono introdotti per la prima volta nel linguaggio europeo.

Le istituzioni rinuncino a nuove regole generalizzate sui rapporti di lavoro (il codice?!), si concentrino sulla tutela del reddito e soprattutto sulla organizzazione degli ecosistemi formativi territoriali che ne dovrebbero ridurre il bisogno.

 

Lasciamo invece alle imprese e alle rappresentanze dei loro lavoratori, in prossimità, la piena capacità di adattarsi reciprocamente attraverso regole, tutele, obiettivi misurabili, premi retributivi detassati.

Nessuno più di loro può individuare, in ogni circostanza, l’equilibrio migliore per crescere insieme.

 

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

 

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