Il mio canto libero – Legge sulla rappresentanza: strumento rigido di guida nei tornanti della storia

Bollettino ADAPT 7 ottobre 2019, n. 35

 

Quali sfide impegneranno imprenditori e lavoratori nei tornanti della storia che dovranno percorrere? E quali utilità dovranno attendersi dalle rispettive organizzazioni di rappresentanza? È in relazione a questi quesiti che sarà necessario verificare l’ipotesi di interventi legislativi sulle relazioni collettive di lavoro. È infatti evidente che la rivoluzione tecnologica e il processo di globalizzazione richiedono regole nuove per tutelare le persone nel momento in cui molti lavori sin qui conosciuti vengono distrutti dalla grande trasformazione ed altri lavori, per lo più sconosciuti, potrebbero prodursi con problematiche nuove.

 

L’insicurezza determina inevitabilmente una domanda di più Stato e meno mercato anche se nella dimensione sovranazionale i tradizionali organismi multilaterali pubblici appaiono impotenti rispetto a monopoli e concorrenti sleali. Il che determina la propensione interna a dazi e regolazioni minute anche se queste ultime sono eluse proprio dall’assenza o dalla pochezza di regole nei Paesi concorrenti. Ma queste regolazioni risultano ineffettive nella stessa dimensione nazionale perché l’evoluzione è continua, multiforme, veloce, imprevedibile. Il legislatore la insegue ma non la raggiunge mai. Di qui l’opportunità del primato del contratto, in quanto strumento duttile e agile, appoggiato su un pavimento di regole inderogabili. Con privilegio per gli accordi più prossimi data la maggiore capacità di reciproco adattamento tra parti certamente rappresentative o direttamente autorappresentarsi. Quindi lo stesso contratto sempre meno può assumere il contenuto di regole rigide ed uniformi sull’intero territorio nazionale a scapito, prima di tutto, delle grandi aree arretrate. I salari non possono che correlarsi sempre più agli incrementi soggettivi di professionalità e oggettivi di produttività in ciascun contesto aziendale.

 

Gli inquadramenti si devono adattare alle diverse caratteristiche d’impresa e consentire dinamiche declaratorie delle competenze. La stessa sicurezza, per essere effettiva, dati alcuni principi e doveri fondamentali, si deve tradurre in tanta vera formazione-informazione inserita nella specifica situazione lavorativa. La salute richiede prevenzione olistica nei luoghi di lavoro. Ciò lungamente premesso, possiamo concludere che il nostro grande problema sia la tutela pubblicistica dei contratti nazionali al punto da dare ad alcuni di essi la forza di legge? Possiamo attribuire al legislatore la capacità di definire i settori produttivi mentre le attività economiche diventano sempre più trasversali? E possiamo, anche in relazione al principio costituzionale di libertà sindacale, stabilire per legge un oligopolio della rappresentanza, abilitato a dettare regole per tutti quando, pur sommate, le organizzazioni sociali rappresentano nemmeno un terzo del totale dei lavoratori e delle imprese? Alla “statalizzazione” sembrano interessate solo quelle ideologizzate che cercano l’ennesima via per l’egualitarismo nel lavoro e quelle che hanno perduto credibilità. D’altronde, non mancano gli strumenti amministrativi per contrastare le vere pratiche di dumping senza confondere con queste tutti gli accordi non sottoscritti dai più rappresentativi. Così come un salario di legge al livello degli attuali minimi contrattuali può rappresentare una utile base inderogabile. Sapendo peraltro che i working poors sono la conseguenza di lavori parziali involontari (cresciuti con lo sviluppo dei servizi) e che i più esposti alla sottoremunerazione sono i lavoratori indipendenti, mentre la vera patologia per quelli dipendenti rimane il sommerso.

 

Insomma, l’evoluzione dei corpi sociali, la loro maggiore capacità di governare il cambiamento non si risolvono con la autorità che viene dalla legge ma con la autorevolezza che viene dalla maggiore efficacia dei risultati, a loro volta frutto di comportamenti ancor più liberi e responsabili. Se poi vi sono in alcuni vizi di autoreferenzialità, la protezione della legge non farebbe che esaltarli.

 

Maurizio Sacconi
Chairman ADAPT Steering Committee
@MaurizioSacconi

 

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