Il mio canto libero – Ancora leggi sul lavoro

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Si ricomincia a mettere mano alle regole del lavoro attraverso la leva legislativa. Secondo gli annunci torneremmo ai vincoli delle causali e di una durata più contenuta per i contratti a termine nel presupposto che la precarietà sia conseguenza della norma. Si ipotizza poi una specifica regolazione del lavoro intermediato da piattaforme digitali. Nel primo caso sarà utile una riflessione preliminare sulla ragione vera della instabilità dei posti di lavoro in un tempo in cui si riduce drasticamente la vita media delle imprese, le aspettative sono comunque incerte, le transizioni delle competenze sono continue.

 

La prima risposta alla comprensibile domanda di sicurezza dei lavoratori non potrà che riguardare la loro effettiva possibilità di accedere perpetuamente a tutte le conoscenze utili a rimanere sempre occupabili. Un ricercatore, ad esempio, può ben scambiare un rapporto di lavoro flessibilmente collegato alla conclusione del progetto di ricerca con la qualità scientifica della prestazione e con una remunerazione adeguata. Se poi è vero che crescono i flussi di ingresso attraverso contratti a termine, è altrettanto vero che lo stock di queste tipologie contrattuali rimane contenuto al 16 e rotti per cento del totale facendo intendere che sono spesso convertite in rapporti permanenti. Il ritorno alle causali farebbe quindi solo la festa degli avvocati perché riproporrebbe il facile contenzioso del passato inibendone l’impiego. Sarebbe utile almeno portare a maggiore convenienza il primo e terzo livello di apprendistato oggi vessati da pesanti oneri formali senza un adeguato vantaggio in termini di costo diretto e indiretto.

 

A proposito invece dei lavori da piattaforma, il legislatore si potrebbe concentrare sulle prestazioni di consegna di merci leggere a distanze contenute attraverso mezzi di trasporto del lavoratore, bicicletta inclusa. Le piattaforme potrebbero rappresentare il punto di incontro tra le esigenze flessibili tanto dei consumatori quanto dei lavoratori in quanto studenti o titolari di altro, prevalente, rapporto di lavoro. Si tratterebbe, attraverso vincoli di età, di sorveglianza sanitaria preventiva, di corrispettivi massimi in un anno, di “ripulire” la stessa platea dei lavoratori riconducendola a coloro che vogliono, con un approccio occasionale, poter rifiutare la prestazione e non cercano li la soluzione alle loro aspirazioni di vita lavorativa e di reddito. La prestazione da piattaforma potrebbe così trovare una regolazione accettata nella collaborazione coordinata e continuativa. Questa garantirebbe i versamenti Inps e Inail cui potrebbero aggiungersi tutele per la malattia e obblighi di formazione per la prevenzione degli infortuni. Il corrispettivo minimo non potrebbe essere orario ma commisurato alla singola prestazione data la possibile discontinuità del tempo di lavoro.

 

Accordi economici collettivi potrebbero infine aggiungere remunerazione e tutele con l’auspicabile evoluzione dei servizi resi dalle piattaforme. Sarebbe al contrario un errore cercare nella subordinazione la soluzione di ogni problema perché non corrisponderebbe, con i suoi vincoli di disponibilità oraria e le sue complessità gestionali, alle caratteristiche oggettive dei “lavoretti” e a quelle soggettive della grande maggioranza di questi prestatori. In questo modo produrremmo solo l’effetto della fuga delle piattaforme dal mercato italiano.

 

Maurizio Sacconi
Presidente Associazione Amici di Marco Biagi
@MaurizioSacconi

 

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