Il futuro del lavoro nella PA/1 – Il ruolo della dirigenza pubblica tra politica e amministrazione

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Bollettino ADAPT 17 giugno 2019, n. 23

 

Il confine tra politica e amministrazione, del quale tanto si parla da diversi anni, ad oggi non è stato ancora perfettamente definito, nonostante molteplici siano stati i tentativi di modifica normativa negli ultimi quarant’anni.
La spinta versa la costruzione di un modello che disciplinasse la dirigenza pubblica, iniziò ad essere più chiara nel 1993 e trovò un rafforzamento pochi anni dopo, nel 1998.
Il legislatore cercò di delineare criteri ed obiettivi volti alla costruzione di un management pubblico dal taglio decisamente rinnovato. I presupposti normativi riguardavano la distinzione tra funzioni di indirizzo politico- amministrativo, riservate in via esclusiva agli organi di governo e compiti meramente amministrativi, demandati alla dirigenza.
Ne derivò un più ampio margine di autonomia operativa, che privò il potere politico della facoltà di ingerenza nell’operato della dirigenza ed introdusse rinnovati strumenti per l’esercizio dei poteri dirigenziali. (G. D’Alessio, L’amministrazione come professione. I dirigenti pubblici tra spoils system e servizio ai cittadini, Astrid, Il Mulino, 2008).

 

La moltitudine di riforme messe in atto, nonostante la previsione di ulteriori interventi, fanno emergere l’esigenza di un progetto di revisione nella prospettiva tesa a potenziare il ruolo principale di tale funzione dell’amministrazione dello Stato, cioè la funzione di servizio per favorire la crescita economica, la semplificazione della vita di cittadini e imprese, mediante criteri premiali e la valorizzazione e riconoscimento del merito.
Secondo la tesi esposta da Cassese e Mari, contrariamente a ciò che avviene nel resto del mondo, in Italia non si parla dell’alta burocrazia, essa… “ha, quindi, scarsa visibilità e poco potere, ma, in compenso, ha una notevole stabilità”.
Da questa confusione si è cercato di uscire, ma la distinzione tra amministrazione- apparato servente del Governo e amministrazione- apparato di erogazione di servizi alla collettività, non è ad oggi, ancora chiara. (S. Cassese e A. Mari, L’oscuro ruolo dell’alta dirigenza italiana, in Politica del diritto, a. XXXII, n. 1, marzo 2001).
Il vasto processo di riforma che ha interessato l’apparato pubblico, ha visto al centro del cambiamento tre percorsi strategici: privatizzazione, esternalizzazione e decentramento. Naturalmente il contesto di riferimento è mutato nel tempo; anche il ruolo e le attività che l’amministrazione pubblica deve mettere in campo, per realizzare il suo scopo è modificata.
Il processo ed il prodotto di tale attività, è definito governance.

 

Le sfaccettature della governance pubblica ed i suoi sviluppi e mutamenti, rispetto alle riforme che negli ultimi anni sono state realizzate, fanno emergere il ruolo di ‘imprenditore istituzionale’, leader nell’influenzare e dare un preciso orientamento alle strategie, cui è chiamato il dirigente pubblico oggi. (P. Ruggiero, Le capacità manageriali delle amministrazioni pubbliche, Aspetti teorici e gestionali, Cedam 2007).

Tale ruolo non avvicina il dirigente pubblico ad essere l’“equivalente funzionale del datore di lavoro privato”, proprio a causa del problematico rapporto fra autonomia e responsabilità del suo operato, che risente dell’influenza politica.

 

Secondo parte della dottrina, la minore conoscenza degli strumenti e tecniche manageriali, sembra essere la causa della inadeguata produzione di valore pubblico, tale da poter influenzare significativamente il contesto istituzionale.

Molteplici sono stati i fattori che hanno stimolato l’avvio di un percorso di cambiamento orientato alla modernizzazione delle strutture, delle relazioni organizzative e dei processi di funzionamento della P.A.

Guardando anche alle amministrazioni di altri paesi europei, si nota lo scostamento dell’adeguamento istituzionale, rispetto all’assetto economico e sociale, che ha subito forti mutamenti nel corso degli ultimi anni.

Le nostre amministrazioni, rispetto tale assetto, non più in linea con la realizzazione puntuale della funzione pubblica, hanno iniziato ad introdurre modelli gestionali e di controllo orientati al risultato.

Probabilmente ciò ci sta avvicinando, al risultato atteso. (P. Ruggiero, Le capacità manageriali delle amministrazioni pubbliche, Aspetti teorici e gestionali, Cedam 2007).

 

Nell’ottica di cambiamento di ruolo, funzioni e valori della pubblica amministrazione, al fine di modernizzare il suo funzionamento, le riforme e autoriforme che si sono succedute, non hanno realizzato in concreto l’obiettivo di semplificare, velocizzare e snellire l’apparato amministrativo e la relativa erogazione di servizi pubblici, che è ancora in parte disatteso.

“In altri termini, i diversi tentativi di introdurre management nella burocrazia hanno generato una burocrazia del management.” (L. Nicolais e G. Festinese, Da dirigente a leader, la via del cambiamento, in Rivista italiana di Public Management, n.1/ gennaio 2018).

Ciò è diretta conseguenza della mole di adempimenti a cui è chiamato il dirigente, per assolvere al suo ruolo, imbrigliato da una moltitudine di norme, pensate per contrastare fenomeni quali la corruzione e la mancata trasparenza, che minano la pubblica amministrazione.

Tale fenomeno ha portato ad un cambiamento della leadership pubblica, trasformando il ruolo dei dirigenti, che molto spesso sono investiti del ruolo di… “attenti controllori di procedure distanti e spesso avvertite come inutili rispetto al fare quotidiano.”  (L. Nicolais e G. Festinese, Da dirigente a leader, la via del cambiamento, in Rivista italiana di Public Management, n.1/ gennaio 2018).

 

Nell’idea originaria dei riformatori degli anni ’90, la dirigenza pubblica doveva rappresentare il fulcro della gestione dei contratti, ma Carlo dell’Aringa descriveva quella situazione affermando che la classe dirigente, anche a causa della mancata autonomia dalla classe politica e dal sindacato, utilizzando criteri di valutazione imparziali ed egualitari, aveva distribuito premi a tutti, al di là dell’effettivo merito e della differenziazione. (G. Della Rocca e C. Dell’Aringa, Lavoro pubblico fuori dal tunnel?, il Mulino 2017).

Alla base di tale sistema, che presenta delle lacune, vi è l’inesistenza della valutazione per obiettivo, sostituita da incarichi a scadenza e mancanza di motivazioni.

Ogni sistema democratico che si rispetti, dovrebbe garantire ai propri cittadini il rispetto di determinati imprescindibili diritti e principi, che devono guidare l’operato di tutta la classe dirigente, sia amministrativa che politica.

I concetti di efficienza, economicità, trasparenza, fanno parte del pensare alla pubblica amministrazione in termini di natura dei servizi offerti alla cittadinanza e di regolazione degli interessi tutelati. A garanzia del lavoro del dirigente pubblico, c’è la responsabilità per il suo operato e la valutazione della performance.

Inoltre, l’imparzialità dell’operato del dirigente pubblico in particolare e del dipendente pubblico in generale, fa parte dei compiti riconosciuti dalla Costituzione e si estrinseca attraverso la gestione amministrativa, caratterizzata dall’autonomia, espressione della garanzia del rispetto di principi valevoli per tutti i consociati, la cui osservanza realizzerebbe in pieno i compiti che i pubblici dipendenti sono chiamati a svolgere.

 

Alessandra Fierri

Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro

Università degli Studi di Bergamo

@FierriA

 

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